La disciplina espressamente prevista dall’art. 37 bis del DPR n. 600/73 prevedeva una rigorosa scansione dell'attività preparatoria all'eventuale emissione dell'avviso di accertamento; rigore fondato sulla necessità prioritaria della instaurazione del contraddittorio secondo regole predeterminate. L'importanza del rispetto delle regole dettate dall'art. 37 bis comporta che la loro violazione sia penalizzata con la nullità dell'atto impositivo.
Il caso - La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 30770 del 28/11/2018, ha chiarito alcuni rilevanti principi in tema di procedure accertative in caso di contestazione di elusione fiscale, che, al di là del caso specifico, potrebbero comunque assumere valenza generale, anche ai fini del “nuovo” procedimento di contestazione di abuso del diritto.
Nel caso di specie, nei confronti di due società, nella rispettiva qualità di società consolidata e consolidante, era stato notificato dall’Agenzia delle Entrate un avviso di accertamento, relativo all'anno d'imposta 2004, ai fini IRES, con il quale si contestava la presunta natura elusiva dell'operazione di acquisto, da parte della prima, del contratto di leasing riguardante l'azienda condotta da altra società.
Con l'atto impositivo, in sintesi, l'Ufficio riteneva che la cessione del contratto di leasing relativo ad una azienda operante in Roma ed esercente il commercio al dettaglio con il marchio della consolidante, per la pluralità dei cessionari avvicendatisi nel contratto e per il totale controllo della stessa consolidante sulla ultima cedente e sulla ultima cessionaria, avesse natura elusiva, perché esclusivamente finalizzata al conseguimento di vantaggi fiscali, mediante la creazione di costi fittizi e di crediti IVA.
Le società contestavano l'avviso di accertamento e ricorrevano alla Commissione Tributaria Provinciale, che rigettava il ricorso.
La Commissione Tributaria Regionale rigettava poi anche l'appello.
Le due società, consolidata e consolidante, proponevano infine ricorso per cassazione, censurando la sentenza per vari motivi, tra cui, in particolare, per quanto di interesse, un primo riguardava la violazione e falsa applicazione dell'art. 37 bis, co. 4 e 5, del DPR n. 600 del 1973, per non aver la CTR riconosciuto la violazione del procedimento d'instaurazione del contraddittorio e l’assenza di motivazione dell'atto impositivo, come prescritto dalla norma a pena di nullità.
In particolare le società evidenziavano che l'Agenzia aveva instaurato un contraddittorio irrituale, invitando la consolidata a "presentarsi" presso l'Ufficio, assegnando a tal fine 15 giorni a partire dalla data di ricevimento della comunicazione ed invitando ad «esibire documentazione idonea a giustificare le ragioni economiche ai sensi dell'art. 37 bis del DPR 600/1973», senza peraltro indicare i motivi per cui poteva rendersi applicabile la medesima norma; e infine ammonendo che l'omessa comunicazione di notizie o esibizione e consegna di atti, documenti, libri e registri avrebbe pregiudicato il loro utilizzo a favore del contribuente in sede d'accertamento o di contenzioso.
Le società sostenevano che questa forma di instaurazione del contraddittorio, quanto a contenuti, termini assegnati e modalità di invito, erano del tutto irregolari e non rispettose delle rigorose prescrizioni contenute nell'art. 37 bis co. 4 cit., la cui violazione, come detto, era sanzionata a pena di nullità.
Sul punto la sentenza, rigettando l'eccepita nullità, affermava che “Circa l'applicazione dell'art. 37 bis DPR 600/73 esso prevede, per la sua applicazione, la sussistenza di un profilo antielusivo, emergente da assenza di valide ragioni economiche, chieste non giuridicamente ma come criterio di "Apprezzabilità Economico-Gestionale" riferito ad operazioni prospettate in base a criteri oggettivi. Nella fattispecie vi è stato sul punto il contraddittorio con la parte contribuente in sede stragiudiziale e, quindi, dal contenuto di esso e dall'avviso di convocazione è di tutta evidenza la motivazione della richiesta chiarimenti e avviso relativo, né il termine di g. 15 ha impedito al soggetto convocato di apprestare proprie deduzioni che, all'occorrenza, potevano, con richiesta non proposta, essere fatte oggetto di differimento del termine. Peraltro ciò che è previsto a pena di nullità della convocazione non è il termine di g. 60 ma la carenza di motivata convocazione...”.
Con una seconda censura le ricorrenti lamentavano poi la violazione e falsa applicazione dell'art. 37 bis co. 1 e 2 del DPR n. 600 del 1973, laddove il Giudice di merito aveva fondato il proprio convincimento senza analizzare le ragioni, diverse da quelle del solo vantaggio fiscale accreditato dall’Agenzia, prospettate dalle contribuenti.
Con altro motivo di impugnazione si censurava poi la contraddittorietà della motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per aver affermato che l'accertamento era stato emesso ai sensi dell'art. 37 bis cit., ad un tempo richiamando la disciplina degli artt. 39 e 40 del DPR n. 600 cit.
E, infine, si affermava la violazione e falsa applicazione dell'art. 39 del DPR n. 600 del 1973 e dell'art. 115 c.p.c., per l'erroneità del richiamo tanto alla ipotesi dell'art. 37 bis, quanto di quella regolata dall'art. 39 cit., senza peraltro identificare quale delle ipotesi previste da quest'ultima norma fosse stata applicata.
La decisione - Esaminando il primo motivo del ricorso, relativo ai vizi del procedimento conclusosi con l'emissione dell'avviso di accertamento, la Suprema Corte evidenzia che assume rilievo invalidante dell'accertamento medesimo la mancata osservanza del contraddittorio procedimentale prescritto dai commi 4 e 5 dell'art. 37-bis e, in particolare, la mancata previa richiesta di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta medesima, nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2 dell'art. 37 bis cit.
La disciplina espressamente prevista dalla norma, affermano i Giudici di legittimità, prevede una rigorosa scansione dell'attività preparatoria all'eventuale emissione dell'avviso di accertamento, con cui si intende contestare al contribuente la natura elusiva delle operazioni poste in essere, rigore fondato sulla necessità prioritaria, valutata dal Legislatore con particolare attenzione, della instaurazione del contraddittorio secondo regole predeterminate.
A tal fine anzi si è avvertito come la richiesta di chiarimenti per iscritto, concorrendo alla valutazione del fine elusivo dell'operazione, non può considerarsi sostituita da forme equipollenti, quali l'attività svolta da verbalizzanti, o dalle eventuali dichiarazioni del contribuente in sede di verifica (cfr. Cass., Sent. n. 693/2015).
E, peraltro, la motivazione dell'avviso deve contenere un esplicito riferimento alle giustificazioni fornite dal contribuente.
L'importanza del rispetto delle regole dettate dall'art. 37 bis, co. 4 e 5 cit., comporta dunque che la loro violazione sia penalizzata con la nullità dell'atto impositivo (cfr. Cass., Sentt. n. 2439/2017 e 2239/2018), laddove, proprio in ordine al rigoroso rispetto delle regole (sebbene sotto il più specifico profilo della mancata osservanza del termine per l'emissione dell'avviso di accertamento), è intervenuta la Corte Costituzionale, ribadendo la coerenza della disciplina ai parametri costituzionali (C. Cost., Sent. n. 132 del 2015).
Ciò chiarito, la Corte rileva che, nel caso di specie, l'Amministrazione aveva inteso instaurare il contraddittorio, invitando la contribuente a presentarsi presso l'ufficio, anziché chiedere chiarimenti da inviare per iscritto; aveva concesso termine di 15 giorni per la presentazione, anziché accordare i prescritti 60 gg.; e, con l'invito, aveva fatto mero rinvio all'art. 37 bis, invece di indicare i motivi per cui si ritenevano applicabili i commi 1 e 2 dell'art. 37 bis.
Emergeva dunque con evidenza che le modalità, i termini e i contenuti dell'instaurando contraddittorio erano stati del tutto divergenti da quanto prescritto dalla disciplina.
Conclusioni - La scansione rigorosa dei tempi e dei contenuti era stata infatti violata, così come anche l'obbligo di motivare l'atto impositivo tenendo conto delle ragioni illustrate dal contribuente, atteso che dagli atti e dalla stessa sentenza del Giudice tributario regionale emergeva come l'avviso di accertamento avesse evidenziato tutti gli elementi da cui l'Amministrazione aveva tratto la natura elusiva delle operazioni contestate, senza però fare alcun cenno alle ragioni addotte dalle società per giustificare le operazioni medesime.
L'accoglimento del primo motivo, emergendo l'irritualità della costituzione del contraddittorio e la violazione delle regole imposte, a pena di nullità, dall'art. 37 bis, co. 4 e 5 del DPR n. 600 del 1973, comportava l’assorbimento di tutti gli altri motivi.