In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento induttivo, deve assoggettare ad imposta, come reddito d'impresa, il profitto netto, anziché quello lordo, in ossequio al parametro costituzionale della capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost.
Sono queste le conclusioni raggiunte dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n.26748 del 23 ottobre 2018.
Il principio espresso
In caso di accertamento di tipo induttivo puro, ex art. 39, comma 2, lett. d), D.P.R. n. 600 del 1973 l’Ufficio deve tenere conto — in ossequio al principio di capacità contributiva —
“non solo dei maggiori ricavi ma anche della incidenza percentuale dei costi relativi” (Corte cost. n. 225 del 2005), così che «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento induttivo, deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale complessiva del contribuente, tenendo conto anche delle componenti negative del reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti, tanto che, qualora per alcuni proventi non sia possibile accertare i costi, questi possono essere determinati induttivamente, perché diversamente si assoggetterebbe ad imposta, come reddito d'impresa, il profitto lordo, anziché quello netto, in contrasto con il parametro costituzionale della capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost.» (Cass. n. 3995 del 2009; conf. Cass. n. 23314 del 2013)”.
E ciò andrà accertato dal Giudice di merito,
“cui la causa va rinviata, se nel caso di specie l'amministrazione finanziaria abbia ridotto il maggior reddito d'impresa accertato di una percentuale di costi pure induttivamente determinata ed in mancanza dovrà provvedervi il giudice del rinvio sulla base di tutti gli elementi disponibili, tra cui l'entità percentuale dei costi in altri anni d'imposta, escluso ogni automatico riferimento a quanto risultante dalla dichiarazione presentata dalla parte”.
Breve nota
Con l’accertamento induttivo, la ricostruzione della posizione fiscale del contribuente avviene attraverso procedure di quantificazione e qualificazione della base imponibile che prescindono dalla documentazione contabile del contribuente stesso, avendo l’Amministrazione finanziaria la facoltà di disattenderle (sempre che sussistenti), ricorrendo a presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
L'ufficio, pertanto, ai sensi dell’art. 39, comma 2, del D.P.R. n.600/73, può determinare il reddito d'impresa e il reddito di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni, in deroga alle disposizioni previste dal comma 1, del citato art. 39, sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, in suo possesso, prescindendo in tutto o in parte dalle scritture contabili, e con facoltà di avvalersi di presunzioni semplici anche se non gravi, precise e concordanti, nelle seguenti ipotesi:
- se il reddito d'impresa non è stato indicato nella dichiarazione;
- se dal verbale d'ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto o ha sottratto all'ispezione una o più scritture che era obbligato a tenere o se le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;
- se le irregolarità formali, le omissioni, falsità e inesattezze delle scritture risultanti dal verbale d'ispezione sono così gravi, ripetute e numerose da rendere inattendibili le scritture stesse nel loro complesso.
L'ufficio, inoltre, può ricorrere all'accertamento induttivo anche se il contribuente non ha risposto e non ha ottemperato agli inviti di esibire atti e documenti, compilare questionari o comparire di persona, ovvero in caso in caso di omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore o di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, nonché di infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al 15 per cento, o comunque ad euro 50.000, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione.
Analogamente, ai fini Iva, l’art.55, del D.P.R n.633/72 prevede – nell’ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione annuale – che l'ufficio possa procedere in ogni caso all'accertamento dell'imposta dovuta indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità. In tal caso l'ammontare imponibile complessivo e l'aliquota applicabile sono determinate induttivamente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell'ufficio.
Le stesse disposizioni si applicano, in deroga alle disposizioni dell'art. 54, che prevedono l’accertamento analitico, quando risulta, attraverso il verbale di ispezione, che il contribuente non ha tenuto, ha rifiutato di esibire o ha comunque sottratto all'ispezione i registri previsti e le altre scritture contabili obbligatorie a norma del primo comma dell'art. 2214 del Codice civile e delle leggi in materia di imposte sui redditi, o anche soltanto alcuni di tali registri e scritture; quando dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha emesso le fatture per una parte rilevante delle operazioni ovvero non ha conservato, ha rifiutato di esibire o ha comunque sottratto all'ispezione, totalmente o per una parte rilevante, le fatture emesse; quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate ai sensi dell'art. 54, ovvero le irregolarità formali dei registri e delle altre scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione, sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilità del contribuente.
Con l’Ordinanza n.6831 del 19 marzo 2018, la Corte di Cassazione ha affermato che
“In tema di accertamento induttivo delle imposte sui redditi, l'Amministrazione è tenuta a ricostruire la situazione reddituale complessiva del contribuente, tenendo conto anche delle componenti negative del reddito, purché emergenti dagli accertamenti o dimostrate dal contribuente, su cui grava l'onere della prova dei costi deducibili dall'ammontare dei ricavi induttivamente determinati" (Sez. 6-5, n. 22266 del 03/11/2016).
Infatti,
“Se si facesse coincidere, a titolo di sanzione, … il profitto lordo con quello netto, si andrebbe addirittura al di là della ratio sanzionatoria della disposizione, in quanto si assoggetterebbe ad imposta, come reddito d’impresa, quanto, secondo lo stesso accertamento dell’ufficio, reddito non è: risultato, questo, collidente con il parametro costituzionale della capacità contributiva di cui all’articolo 53 Cost., comma 1” (Ord.n.20055/2017).