Il tema del regime fiscale delle sponsorizzazioni, ed in particolare le condizioni che ne rendono legittima la deducibilità per lo sponsor non perde mai di attualità. Il legislatore, ma anche l’Agenzia delle Entrate e la giurisprudenza, hanno acceso una “lente di ingrandimento” su questo componente positivo di reddito per molteplici ragioni.
L’interesse del legislatore - Il legislatore ha assunto consapevolezza, soprattutto negli ultimi anni, di come le società sportive e, più in generale gli enti no profit incontrassero difficoltà nel reperire le risorse necessarie per realizzare i fini istituzionali sportivi/solidaristici.
Conseguentemente sono state approvate alcune disposizioni anche al fine di indurre le imprese a sponsorizzare i predetti soggetti. Il legislatore è consapevole che le sole quote associative e le liberalità non sono sufficienti per lo svolgimento dell’attività ordinaria i cui costi di “gestione” possono essere talvolta elevati. Pertanto, anche in considerazione dell’attività svolta, ha previsto una presunzione assoluta di inerenza relativa al costo sostenuto dallo sponsor. Infatti, il rischio di eventuali contestazioni fiscali circa l’inerenza della sponsorizzazione, e quindi la ripresa a tassazione del componente di reddito considerato in deduzione dalle imprese, ha in molti casi “costretto” le aziende a rinunciare all’erogazione di somme a titolo di sponsorizzazione.
Il legislatore è intervenuto rimuovendo questo “ostacolo”. In particolare l’art. 90, comma 8, della legge n. 289/2002 prevede che “Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell'immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell'articolo 74, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.
Secondo la giurisprudenza prevalente la disposizione contiene una presunzione assoluta di inerenza che non può essere superata. Pertanto, anche se lo sponsor ha erogato una somma di denaro destinata ad un’associazione sportiva dilettantistica che opera in un ambito locale - quindi che si rivolge ad un bacino di “utenza” di potenziale clientela molto distante rispetto a dove risulta localizzata l’azienda sponsor - l’Agenzia delle entrate non potrà contestare l’inerenza della spesa.
Recentemente anche il legislatore che ha realizzato la riforma del Terzo settore ha tenuto in considerazione l’importanza delle sponsorizzazioni. La vera novità della riforma è la qualifica di ente del terzo settore attribuibile anche ai soggetti che svolgono le attività previste dall’art. 5 del D.Lgs n. 117/2017 in forma d’impresa. Ad esempio se le predette attività sono svolte dietro pagamento di corrispettivi che superano i costi effettivi l’ente del Terzo settore assume la qualificazione di “ente del Terzo settore commerciale”. Tuttavia potrà continuare a fruire delle agevolazioni fiscali previste dalla riforma essendo iscritto nel Registro unico nazionale. Al fine di verificare la sussistenza delle condizioni che consentono di qualificare l’ente commerciale o non commerciale non si tiene conto delle sponsorizzazioni.
Anche in questo caso il legislatore si è dimostrato sensibile alla necessità di reperire risorse destinate alle attività solidaristiche. Tuttavia dovrà essere emanato un apposito decreto ministeriale in quanto per le sponsorizzazioni dovranno essere individuati specifici limiti.
L’interesse della giurisprudenza - Il problema più rilevante che ha “attirato” l’interesse dei verificatori e conseguentemente dei giudici è rappresentato dall’inerenza del costo. Secondo l’orientamento manifestato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 5195 del 16 marzo 2016, affinché un costo di sponsorizzazione sia inerente e non antieconomico è sufficiente che sia stato sostenuto per un’attività potenzialmente idonea a produrre utili. Nello stesso senso si è espressa la sentenza n. 10319 del 20 maggio 2015.
Ad esempio uno degli elementi che attira l’attenzione dei verificatori è rappresentato dall’ambito, locale o nazionale, in cui opera il soggetto che fruisce delle sponsorizzazioni. In alcuni casi il “difetto” di inerenza viene contestato osservando che l’ambito locale in cui opera il soggetto che riceve la somma di denaro non assicura, nemmeno potenzialmente, un ritorno in termini di maggiori ricavi in quanto lo sponsor opera, anche dal punti di vista geografico, in un mercato completamente diverso e distante.
Questo orientamento non è però univoco. In altri casi i giudici hanno osservato che il ritorno economico della spesa pubblicitaria non è strettamente dipendente dal luogo ove è svolta la pubblicità e dai soggetti che abitano in quel territorio. Infatti il marchio potrebbe essere visto non solo dagli spettatori presenti nel luogo in cui si svolge la manifestazione, ma anche da altri soggetti. Non risulta quindi decisivo il luogo e l’ambito locale dell’evento. In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3770 del 25 febbraio 2015. Non mancano però sentenze di segno opposto che hanno attribuito rilievo fondamentale al luogo dell’evento. In questo senso si è espressa la sentenza n. 10193 del 27 maggio 2015.
Un discorso a parte meritano le società e le associazioni sportive dilettantistiche. Come anticipato il giudice di legalità si è orientato nel senso di attribuire alla previsione di cui al citato art. 90, comma 8 della legge n. 289/2002 il valore di presunzione assoluta che non ammette la prova contraria. Dovrebbe quindi essere così “garantita” la deducibilità della somma erogata in capo allo sponsor. Nell’anno 2017 ben tre pronunce, ed in particolare la n. 21333, 14235 e 8981 si sono espresse in tal senso. Tuttavia deve essere rilevato come la disposizione in rassegna non rappresenti un “ostacolo” sempre insuperabile. In buona sostanza i verificatori per disapplicare la norma dovranno verificare preventivamente l’osservanza delle condizioni ivi previste.
In base ad un’interpretazione letterale della disposizione citata è essenziale che la pubblicità sia “volta alla promozione dell'immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario”. Conseguentemente se il soggetto che riceve la somma di denaro, a fronte di una precisa previsione contrattuale del contratto di sponsorizzazione, non svolge in concreto alcuna attività, la presunzione in rassegna potrà essere agevolmente disapplicata.
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