Si può lavorare meno per lavorare meglio? È il quesito che attualmente infiamma lo scenario politico italiano per quanto riguarda la proposta di legge che unisce i testi di Fratoianni (AVS), Conte (M5S) e Scotto (PD), attualmente in esame alla Camera. Favorire la contrattazione di primo livello, territoriale e aziendale, tra i rappresentanti delle imprese e le organizzazioni sindacali di categoria, al fine di definire modelli organizzativi capaci di ridurre le attuali 40 ore a 32 settimanali, a parità di salario con personalizzazione dei turni è l’obiettivo di tale proposta di legge.
La proposta, però, non ha proseguito il suo normale iter legislativo, tornando in commissione Lavoro, e le polemiche da parte dell’opposizione non si sono fatte attendere. La leader del PD, Elly Schlein, ha tuonato: «La destra fa sempre la stessa mossa quando si tratta dei diritti di chi lavora, sceglie sempre la strada dell’insabbiamento, del rinvio, della fuga. Hanno deciso di non decidere, perché la settimana corta è la bussola che in tutta Europa sta guidando le grandi democrazie».
Le repliche sono giunte subito con una certa reattività. Il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Walter Rizzetto (Fdi), ha affermato: «Di fuga ho visto solo la sua, perché Schlein avrebbe potuto venire in Commissione o in Aula a chiarire il nodo delle coperture. Il rinvio in Commissione è dovuto a possibili effetti onerosi per la finanza pubblica. Anche limitando l’ambito di applicazione al settore privato, ad una prima valutazione, la stima dei costi è quantificabile nell’ordine di oltre 8 miliardi di euro di minori entrate contributive annue, al lordo degli effetti fiscali».
Le diffidenze della maggioranza hanno il comune denominatore delle coperture economiche, dal momento che la proposta di legge prevede l’esonero del 30% del versamento dei contributi previdenziali, con esclusione dei premi e dei contributi spettanti all’Inail, per i rapporti di lavoro dipendente destinatari dei contratti collettivi di lavoro con riduzione oraria, coerenti con la durata prevista dai medesimi e in proporzione alla riduzione dell’orario di lavoro. Per le PMI, l’esonero è elevato al 50%, mentre per le prestazioni lavorative particolarmente gravose, l’esonero è riconosciuto nella misura del 60%.
Creazione Osservatorio presso INAPP - Sempre all’interno della stessa proposta vi è la creazione dell’Osservatorio presso l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), presieduto da un rappresentante del Ministero del Lavoro, composto da due esperti di diritto del lavoro e due esperti in materia di organizzazione aziendale, con l’aggiunta di 8 esponenti delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul territorio nazionale. L’Osservatorio si occupa di monitorare gli effetti economici dei contratti di lavoro che prevedono riduzioni dell’orario lavorativo, di valutare l’efficacia, in primis, dei sistemi formativi e di riqualificazione professionale e di valutare gli investimenti di nuove tecnologie messe in atto. L’Osservatorio, secondo quanto affermato dalla proposta di legge, predispone una relazione sulla propria attività da trasmettere alle Camere entro il 31 dicembre di ciascun anno. Al termine dell’applicazione delle misure di sostegno, la relazione dovrà indicare anche le proposte di modifica della normativa in materia di orario di lavoro.
Il ruolo del referendum nella PDL - In base a quanto contenuto all’interno della proposta, in mancanza di stipulazione di CCNL che prevedano riduzione oraria, le rappresentanze sindacali territoriali appartenenti alle sigle sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, le loro rappresentanze aziendali o il 20% dei lavoratori dipendenti hanno facoltà di presentare una proposta di contratto per la riduzione dell’orario di lavoro ma a parità di retribuzione. La proposta è sottoposta ad approvazione da parte del personale mediante referendum, svolto con la supervisione di uno degli esponenti dell’ente bilaterale. La stessa si considera approvata se si è espressa almeno la maggioranza dei dipendenti dell’impresa o dell’unità produttiva, solo se è avvenuta nel pieno rispetto dell’iter previsto e a patto che il lavoratore dichiari il proprio assenso entro trenta giorni dalla data di svolgimento del referendum. In caso di esito negativo, la proposta non può essere nuovamente ripresentata prima di 180 giorni.
Rimodulazione dell’orario di lavoro - Al termine del periodo di applicazione delle misure di sostegno, e su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, l’Osservatorio, tenuto conto del parere delle Commissioni parlamentari competenti formula proposte di rimodulazione dell’orario di lavoro.
Nei settori interessati alla riduzione a 32 ore, che abbiano coinvolto almeno il 20% dei lavoratori, la rideterminazione dell’orario di lavoro è applicata in misura non inferiore al 10%.
Per quanto concerne i costi della misura, sono quantificati in 50 milioni per il 2024 e 275 milioni di euro per gli anni 2025 – 2026. La copertura, afferma l’opposizione, potrebbe avvenire mediante la contestuale riduzione delle risorse economiche impiegate attualmente nel Fondo Nuove Competenze.