Realizzazione e gestione dei padiglioni Expo Milano 2015 da parte di una società estera tramite l’ausilio di società italiane ed eventuale recupero dell’IVA addebitata a titolo di rivalsa.
È questa la tematica affrontata dall’Agenzia delle entrate con la risposta n° 115 di ieri, avente ad oggetto “Expo Milano 2015 – recupero dell’IVA addebitata a titolo di rivalsa”.
L’istanza di interpello – La società istante ha curato la realizzazione e la gestione di uno specifico padiglione dell’Expo Milano 2015, evidenziando di non aver mai richiesto una partita IVA italiana e di essersi avvalsa, per l'edificazione e la successiva demolizione del Padiglione, di società italiane. Tanto premesso, considerato che le società italiane hanno emesso fattura addebitando l'IVA di rivalsa, l’istante ha chiesto di sapere se può ottenerne la restituzione direttamente dalle società fornitrici, ovvero richiedendone il rimborso dall'Agenzia delle entrate.
Il parere dell’Agenzia delle entrate - Con l'accordo tra il Governo della Repubblica italiana con il Bureau International des Expositions (BIE) del 11 luglio 2012, ratificato con la legge 14 gennaio 2013, n. 3 ("Accordo BIE"), sono state disciplinate le modalità di svolgimento e di partecipazione dei vari Stati ad Expo Milano 2015.
Con il suddetto accordo, sono state riconosciute specifiche agevolazioni fiscali ai Partecipanti Ufficiali [Stati e Organizzazioni internazionali intergovernative che hanno ricevuto e accettato l'invio ufficiale dal parte del Governo italiano a partecipare all'Expo Milano 2015] e Non Ufficiali [entità giuridiche, nazionali o estere, autorizzate dal Commissario Generale dell'Expo Milano 2015 a partecipare all'evento], nonché all'Organizzatore [società “Expo 2015 S.p.A”] e al Proprietario [società "AREXPO S.p.A.].
In riferimento all’IVA, l'articolo 10, comma 5, del citato Accordo BIE prevede che
per quanto attiene all'imposta sul valore aggiunto (IVA), gli acquisti di beni e servizi, nonché le importazioni di beni di importo rilevante concernenti le loro attività ufficiali da parte dei Commissariati generali di Sezione non sono imponibili. Ai fini del presente Accordo l'espressione "acquisto e/o importazioni di importo rilevante" si applicherà agli acquisti di beni e servizi e/o importazioni di beni di importo superiore al limite stabilito dalla legislazione nazionale per le organizzazioni internazionali in Italia.
Detto ciò, nonché dopo aver richiamato alcuni chiarimenti forniti con la circolare 26/E 2014, con specifico riferimento alle prestazioni di servizi relative alla costruzione dei padiglioni espositivi rese ai Partecipanti (Ufficiali e Non Ufficiali) da un'impresa italiana, sempre la circolare n. 26/E ha chiarito che, dette prestazioni, sono riconducibili nell'ambito delle
"prestazioni relative a fiere ed esposizioni ovvero accessorie a tali prestazioni" se funzionali o connessi alla realizzazione di Expo Milano 2015 o alla partecipazione all'evento espositivo. Pertanto, continua la circolare, “Sotto il profilo della rilevanza territoriale, i servizi fieristici in esame seguono criteri diversi a seconda dello status del committente e del luogo in cui questo soggetto è stabilito. Quando il committente è un soggetto passivo d'imposta, è applicabile il criterio di territorialità di carattere generale previsto dall'articolo 7-ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633 del 1972. Pertanto, le citate prestazioni si considerano effettuate in Italia quando sono rese a soggetti passivi IVA stabiliti in Italia (B2B). Ne consegue che se il committente è un soggetto passivo non stabilito in Italia, i servizi in esame non sono territorialmente rilevanti in Italia (c.d. fuori campo IVA).
Per verificare lo status del committente, la circolare n. 37/E del 2011 chiarisce che, ferma restando l'applicazione delle presunzioni di soggettività passiva previste dall'articolo 7-ter, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, quando il committente è un soggetto comunitario, rileva il numero identificativo IVA comunitario, comunicato dal committente medesimo al proprio fornitore. Quando, invece, il committente è un soggetto non comunitario, l'eventuale status di soggetto passivo deve essere dimostrato da altre circostanze atte a chiarire che lo stesso svolge un'attività imprenditoriale, artistica o professionale (ad esempio, può avere rilevanza in tal senso l'eventuale certificazione rilasciata dalle autorità fiscali dello Stato extra UE).
In merito all'individuazione del luogo di stabilimento del committente, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, lett. d), del D.P.R. n. 633 del 1972, si considerano stabiliti in Italia:
- i soggetti domiciliati nel territorio dello Stato o ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio all'estero;
- una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetti domiciliati o residenti all'estero, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute. In applicazione di tali criteri, è possibile stabilire il regime IVA degli acquisti effettuati dai Partecipanti (Ufficiali e Non Ufficiali) che sono esaminati nei paragrafi successivi."
Affinché, dunque, i servizi che sono stati resi alla società istante possano considerarsi fuori campo IVA è necessario che: le operazioni si riferiscano alla realizzazione e demolizione del padiglione, la società istante sia un soggetto passivo IVA nel proprio paese di stabilimento e non abbia una stabile organizzazione in Italia. Solo al verificarsi delle predette condizioni le operazioni di cui in premessa possono considerarsi territorialmente non rilevanti e, quindi, fuori campo IVA. Laddove, invece, la società non fosse un soggetto passivo IVA nel proprio paese di stabilimento, tornano applicabili le disposizioni di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633 del 1972(Se il committente non è un soggetto passivo IVA), secondo cui le operazioni sono rilevanti ai fini IVA in Italia, essendo state ivi materialmente svolte, sebbene non imponibili per effetto di quanto previsto dall'articolo 10, comma 5, dell'accordo BIE.
In entrambi i casi, operazioni fuori campo iva ai sensi del decreto Iva o in virtù di quanto stabilito dall’accordo “BIE” più volte citato, con riguardo all'IVA erroneamente addebitata a titolo di rivalsa, i fornitori possono procedere, entro un anno dalla effettuazione dell'operazione stessa, ad una variazione in diminuzione, emettendo una "nota di credito" a favore dell'acquirente (art. 26, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 633 del 1972). In tal modo, la società istante può recuperare l’imposta ad essa erroneamente addebitata e i fornitori possono recuperare tale importo attraverso il meccanismo della detrazione. Resta salva, infine, per l'istante la facoltà di agire in sede giudiziale nei confronti dei fornitori per la ripetizione di indebito (ex articolo 2033 del codice civile), entro il termine decennale di cui all'articolo 2946 del medesimo codice, mentre i fornitori possono presentare domanda di restituzione del tributo indebitamente applicato ai sensi dell'articolo 30-ter, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972.