3 novembre 2018

Prestazioni di servizi ai consorziati e cessioni intracomunitarie: l’Agenzia chiarisce

Autore: Pietro Mosella
L’Agenzia delle Entrate, ha pubblicato ieri, sul proprio sito, nella sezione delle “Risposte alle istanze d’interpello e consulenza giuridica”, i Principi di diritto n. 9 e 10 relativi, rispettivamente:
  • alle prestazioni di servizi rese ai consorziati – esclusione dal computo della prevalenza delle attività rese ai consorziati con pro-rata superiore al 10 per cento o verso terzi;
  • alle cessioni intracomunitarie di beni che subiscono una lavorazione nello Stato membro diverso da quello di destinazione.

Il principio di diritto n. 9 – In tale Principio, l’Agenzia, in merito ai servizi resi da una società consortile ad un soggetto pubblico, non qualificabile come “consorziato” o “socio”, ha affermato che, detti servizi, devono considerarsi imponibili agli effetti dell’IVA, non potendo trovare applicazione la norma di esenzione di cui all’articolo 10, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972.
A tal proposito, si ricorda, infatti, quanto disposto da quest’ultima norma al comma 2, ossia che «sono altresì esenti dall'imposta le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei consorziati o soci da consorzi, ivi comprese le società consortili e le società cooperative con funzioni consortili, costituiti tra soggetti per i quali, nel triennio solare precedente, la percentuale di detrazione di cui all'articolo 19-bis, anche per effetto dell'opzione di cui all'articolo 36-bis, sia stata non superiore al 10 per cento, a condizione che i corrispettivi dovuti dai consorziati o soci ai predetti consorzi e società non superino i costi imputabili alle prestazioni stesse».

Il Fisco, precisa poi nel Principio che, qualora per i servizi resi al soggetto pubblico, la società consortile non si proponga sul mercato (snaturando, quindi, la stessa attività consortile), ma sia obbligata a svolgere tali attività, non potendosi sottrarre allo svolgimento dei progetti che, in base ad una specifica previsione normativa, il soggetto pubblico le commissiona in via esclusiva, “appare coerente con la ratio della norma – si legge nel principio in commento - escludere i servizi in esame dal computo della prevalenza delle attività rese ai consorziati con pro-rata superiore al 10 per cento o verso terzi” (cfr. Circolare n. 23/E del 2009 e Circolare n. 5/E del 2011).
Ciò, in quanto, come osservano le Entrate, tra le finalità che si prefigge la norma di esenzione qui trattata, vi è proprio quella di impedire l’applicazione dell’esenzione da IVA da parte dei consorzi che effettuino operazioni attive prevalentemente al di fuori del perimetro consortile, in violazione del precetto sulla distorsione della concorrenza di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006.

In ragione di tutto quanto sopra esposto, quindi, l’Agenzia conclude affermando che, in presenza dei requisiti indicati dalle Circolari n. 23/E del 2009 e n. 5/E del 2011, i servizi resi dalla società consortile ai propri consorziati, possono considerarsi esenti da IVA, in quanto, al netto delle prestazioni effettuate nei confronti del soggetto pubblico, l’attività principale della società consortile appare svolta, nel caso di specie, prevalentemente a favore dei propri consorziati.

Il principio di diritto n. 10 – Il Principio in esame, riguarda le cessioni intracomunitarie di beni che subiscono una lavorazione nello Stato membro diverso da quello di destinazione e, quindi, l’articolo 41, comma 1, lettera a), del D.L. n. 331/1993.
Occorre ricordare che l’articolo suddetto, al comma 1, lettera a), dispone che, costituiscono cessioni non imponibili, «le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall'acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti d’imposta o di enti, associazioni ed altre organizzazioni indicate nell'articolo 4, quarto comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, non soggetti passivi d'imposta; i beni possono essere sottoposti per conto del cessionario, ad opera del cedente stesso o di terzi, a lavorazione, trasformazione, assiemaggio o adattamento ad altri beni. La disposizione non si applica per le cessioni di beni, diversi dai prodotti soggetti ad accisa, nei confronti dei soggetti indicati nell'articolo 38, comma 5, lettera c), del presente decreto, i quali, esonerati dall'applicazione dell'imposta sugli acquisti intracomunitari effettuati nel proprio Stato membro, non abbiano optato per l'applicazione della stessa; le cessioni dei prodotti soggetti ad accisa sono non imponibili se il trasporto o spedizione degli stessi sono eseguiti in conformità degli articoli 6 e 8 del presente decreto».

In merito a tale aspetto, l’Agenzia ricorda dapprima che, la Circolare n. 13 del 1994 (par. 16.4 caso 2a), con riferimento alle cessioni intracomunitarie in cui i beni, prima di essere trasferiti al cessionario, subiscono delle lavorazioni (articolo 41, comma 1, lettera a) del D.L. n. 331/1993), prevede il caso in cui: un operatore nazionale, cede materie prime ad un soggetto greco, con consegna per conto di quest'ultimo, per la successiva lavorazione, ad un soggetto portoghese, il quale, al termine della lavorazione, ne cura l'invio in Grecia al committente greco.
Come precisa il Fisco, il suddetto documento di prassi, qualifica l'operazione in commento come cessione intracomunitaria da operatore italiano ad operatore greco.
Le Entrate, dopo aver ricordato il sopra citato documento, ritengono che, i chiarimenti previsti nella Circolare n. 13 del 1994 (richiamati anche nella Circolare del 10 giugno 1998, n. 145), valgano anche nel caso in cui, il committente sia identificato, oltre che nel paese ove è stabilito (paese di destinazione del bene lavorato), nel paese dove viene effettuata la lavorazione da parte del terzista (su incarico del committente stesso).

In ragione di ciò, quindi, il Fisco specifica che, il cedente italiano, effettua una cessione intracomunitaria non imponibile (ai sensi dell’articolo 41, comma 1, lett. a) del DL n. 331/1993) nei confronti della partita IVA del committente rilasciata dal paese di destinazione del bene e non invece nei confronti della partita IVA (del committente) rilasciata dal paese della lavorazione.
Secondo l’Agenzia, infatti, la suddetta impostazione, è coerente con la circostanza che:
  • da un lato, i beni hanno come destinazione finale il paese di stabilimento del committente e non il paese dove viene effettuata la lavorazione (dove transitano solo temporaneamente);
  • dall'altro lato, la proprietà dei predetti beni viene trasferita dal cedente italiano al committente nel paese di destinazione del bene.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy