La redazione del processo verbale di chiusura delle operazioni è dovuta in ogni caso di accesso o ispezione nei locali dell'impresa, ivi compresi gli atti di accesso finalizzati alla raccolta di documentazione, e solo dal rilascio di copia di tale verbale decorre il termine di sessanta giorni, trascorso il quale può essere emesso l'avviso di accertamento. La redazione del verbale è peraltro richiesta esclusivamente nelle ipotesi di accesso finalizzato all'acquisizione di documentazione, e non anche in quello di accertamenti documentali c.d. a tavolino, espletati dall'Amministrazione finanziaria nei propri uffici.
Il caso -La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 582 dell’11/01/2019, ha chiarito la disciplina in tema di redazione dei processi verbali di constatazione, anche con riferimento ai conseguenti termini per procedere ad accertamento.
Nella specie, la CTR, in riforma della decisione di primo grado, aveva annullato gli avvisi di accertamento emessi a carico di una s.n.c. e dei relativi soci, per la ripresa a tassazione di IRPEF e altri tributi relativi all'anno d'imposta 2007.
Riteneva la CTR che il verbale di accesso, del 10 luglio 2012, ai locali dell'impresa, per il compimento di alcune attività ed acquisizioni documentali, aveva determinato l'obbligo dell'Ufficio — nella specie non adempiuto - di consegnare il processo verbale di chiusura delle operazioni contenente le contestazioni delle violazioni accertate.
I successivi verbali redatti dimostravano soltanto che le operazioni dell'Ufficio furono ultimate il 17 dicembre 2012, appena quattro giorni prima dell'emissione dell'avviso di accertamento.
Ne conseguiva, a parere del Giudice di appello, la nullità dell'atto impositivo, perché emesso senza la preventiva consegna del verbale di chiusura delle operazioni, precludendo così ai contribuenti di conoscere le conclusioni definitive dell'Ufficio e di formulare eventuali osservazioni e richieste, con conseguente mancato rispetto del termine dilatorio sessanta giorni di cui all'art. 12, comma 7, L. n. 212/2000.
Avverso tale sentenza l'Agenzia delle Entrate proponeva quindi ricorso per cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 12, comma 7, L. n. 212/2000, nonché degli artt. 51 e 52, comma 6, DPR n. 633/1972, 32 e 33 DPR n. 600/1973.
Sosteneva infatti la ricorrente che la CTR non aveva considerato che, ai fini del decorso del termine dilatorio, di cui all'art. 12, comma 7, L. n. 212/2000, era sufficiente l'emissione di un verbale di accesso nei locali, comunque denominato, e anche solo meramente descrittivo delle attività compiute dai verbalizzanti.
Nella specie, pertanto, risultava ampiamente rispettato il termine di sessanta giorni previsto dall'art. 12 cit., posto che il verbale di accesso ai locali dell'impresa recava la data del 10 luglio 2010 e l'avviso di accertamento era stato invece notificato il 27 dicembre 2012.
Né assumeva rilievo il processo verbale di contraddittorio del 17 dicembre 2012, riguardante attività accertativa effettuata esaminando, presso i locali dell'Agenzia delle Entrate, la documentazione acquisita tramite indagini bancarie, documentazione sulla quale la parte era stata invitata a fornire chiarimenti, trattandosi di accertamento c.d. a tavolino, per il quale non rilevava l'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale.
La decisione – Secondo la Suprema Corte, il ricorso era fondato.
Evidenziano, infatti, i Giudici di legittimità che la Cassazione, in altre sue pronunce, aveva già ritenuto che, in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'art. 52 DPR 26 ottobre 1972 n. 633, impone la redazione del processo verbale di chiusura delle operazioni in ogni caso di accesso o ispezione nei locali dell'impresa, ivi compresi gli atti di accesso finalizzati alla raccolta di documentazione, e solo dal rilascio di copia del predetto verbale decorre il termine di sessanta giorni, trascorso il quale può essere emesso l'avviso di accertamento ai sensi dell'art. 12, 7° comma, L. 27 luglio 2000 n. 212 (Cass. n. 7843/2015).
In tema di accertamento tributario, la redazione del verbale di verifica e di quello conclusivo delle operazioni è peraltro richiesta dall'art. 52, comma 6, del DPR n. 633 del 1972 (applicabile non solo in materia di IVA, ma anche di imposte dirette, in virtù del richiamo operato dall'art. 33, comma 1, del DPR n. 600 del 1973) esclusivamente nelle ipotesi di accesso finalizzato all'acquisizione di documentazione, e non anche in quello di accertamenti documentali c.d. a tavolino, espletati autonomamente dall'Amministrazione finanziaria nei propri uffici (Cass. n. 8246/2018).
In modo più specifico rispetto alla vicenda esaminata, la Corte aveva del resto anche affermato che la L. n. 212 del 2000, articolo 12, comma 7, non prevede alcuna distinzione, nemmeno in via interpretativa, tra verbale di chiusura di operazioni di controllo, o di mero accesso istantaneo finalizzato ad acquisire documentazione, risultando pertanto arbitrario applicare il termine di 60 giorni distinguendo a seconda del tipo di operazione svolta dall'Ufficio (Cass. n. 15624/2014).
La redazione di un verbale, alla luce del chiaro disposto del DPR n. 633 del 1972, art. 52, comma 6, è quindi sempre necessaria, anche in caso di mera acquisizione di documentazione (Cass. n. 20770/2013, Cass. n. 18390/2018), essendo pertanto legittimo l'avviso di accertamento emesso dopo sessanta giorni dal rilascio del processo verbale di accesso e acquisizione della documentazione presso la sede del contribuente, anche se il controllo fiscale è poi proseguito e materialmente avvenuto presso l'ufficio tributario (Cass. n. 6527/2016).
Risultava quindi evidente l'errore nel quale era incorso il Giudice di appello nel considerare che dalla redazione del verbale del 10 luglio 2012, relativo all'acquisizione di documentazione presso i locali dell'impresa, non potesse decorrere il termine dilatorio in favore del contribuente, facendo da ciò derivare l'illegittimità degli avvisi di l'accertamento notificati il 27 dicembre 2012.
Tale conclusione era infatti errata in diritto, avendo l'Agenzia delle Entrate esposto, nel processo verbale del 10 luglio 2012, il contenuto delle attività svolte dall'Ufficio e dal contribuente, unitamente all'acquisizione di documentazione, con esplicita indicazione della possibilità per il contribuente stesso di formulare osservazioni nel termine dilatorio di cui al comma 7 dell'art. 12 L. n. 212/2000. E avendo quindi ampiamente rispettato il termine dilatorio di sessanta giorni tra la redazione del verbale del 10 luglio 2012 e la notifica degli avvisi di accertamento, risalente al 27 dicembre 2012.
Né era applicabile al caso di specie l'ulteriore principio, espresso in sede di legittimità, secondo cui, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, ove siano eseguiti più accessi nei locali dell'impresa per reperire documentazione strumentale all'accertamento, il termine di sessanta giorni di cui all'art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 decorre dall'ultimo accesso, in quanto postula il completamento della verifica e la completezza degli elementi dalla stessa risultanti (Cass. n. 18110/2016).
E infatti, proprio dalla lettura del verbale del 17 dicembre 2012, si evinceva con chiarezza che detto verbale, da una parte, non era stato eseguito presso i locali del contribuente ma all'interno degli uffici dell'Agenzia delle Entrate e, per altro verso, riguardò l'acquisizione di informazioni da parte del contribuente relative a movimentazioni bancarie.
Questioni, dunque, che esulavano dalla verifica in loco svolta dall'Ufficio, non essendo quindi, per tali attività, applicabile il termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7,1. n. 212/2000 (Cass. S.U. n. 24823/2015).
Conclusioni - La disposizione di cui al comma 7 dell’art. 12 dello Statuto del Contribuente pone, in sostanza, un termine a garanzia dei principi di collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente, comunque sottoposto alla verifica.
L'art. 12 L. 212/2000, nel fissare il termine di 60 giorni dal processo verbale di constatazione per l'emissione dell'avviso di accertamento, si riferisce comunque, specificamente ed esclusivamente, agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali svolti nei locali destinati all'esercizio delle attività.
Il termine non rileva invece, ad esempio, di un processo verbale di contraddittorio, a conclusione di un incontro avvenuto nell’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate a seguito di invito a comparire.