26 giugno 2019

Redditi e regime speciale: la dimostrazione della residenza fiscale Italia-Estero

Autore: Alfonsina Pisano
L’Amministrazione Finanziaria, in data 25 giugno 2019, con le Risposte n. 203, n. 204 e n. 207 fornisce chiarimenti in materia di residenza fiscale, regime speciale per lavoratori impatriati e regime agevolativo per docenti (ricercatori) impatriati. Tutti i casi summenzionati hanno un tratto comune: decorrenza dell’iscrizione all’AIRE (o, in alcuni casi, nessuna iscrizione) e dimostrazione effettiva della residenza fiscale all’estero.

Risposta 203
Il caso. L’istante si è trasferita nel 2016 in Danimarca per motivi di lavoro e ha stipulato, con decorrenza 2017, un contratto di lavoro a tempo indeterminato con una società di diritto danese che prevede come luogo di lavoro Copenaghen ed è stata alle dipendenze di una società di diritto italiano fino al 2017. Inoltre, dal certificato anagrafico risulta che l’iscrizione all’AIRE abbia decorrenza, per meri motivi burocratici, dal 2017. Il soggetto interessato chiede di sapere per l’anno 2017 in quale Paese sia la propria residenza fiscale.

Il parere dell’Agenzia delle Entrate. Con riferimento al caso di specie, l’istante ha perfezionato il trasferimento di residenza in Danimarca con decorrenza dal 2017, ne consegue che l’istante dovrebbe essere identificato come soggetto fiscalmente residente nel nostro Paese per il periodo d’imposta 2017.
Pertanto, per l’annualità 2017, tutti i redditi percepiti dall’istante, dovunque siano stati prodotti, dovevano essere dichiarati ai fini dell’imposizione nel nostro Paese.

Il reddito percepito a fronte di un’attività di lavoro dipendente, prestata, per la maggior parte dell’anno 2017, in Danimarca alle dipendenze di una società di tale Stato, è assoggettato ad imposizione concorrente nei due Paesi contraenti (ossia in Italia, Stato di residenza ed in Danimarca, Stato di svolgimento dell’attività lavorativa).

La conseguente doppia imposizione sul reddito in esame viene eliminata sulla base di quanto previsto dall’articolo 24, paragrafo 2, della Convezione a tal fine stipulata con la Danimarca.

La stessa Convenzione precisa che, se una persona fisica sia residente di entrambi gli Stati contraenti, il contribuente è considerato, innanzitutto, residente nello Stato in cui dispone di un’abitazione permanente e in subordine laddove disponga di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati.

Solo nel caso in cui l’istante fosse in grado di dimostrare all’Amministrazione fiscale italiana la prevalenza per l’annualità 2017 della residenza fiscale in Danimarca, potrebbe ipotizzarsi la correttezza degli adempimenti fiscali posti in essere; inoltre risultano essere assoggettati ad imposizione esclusiva in Danimarca gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che l’istante ha percepito per il lavoro subordinato espletato.

Risposta 204
Il Caso. Il soggetto preposto nel 2016 è cittadina italiana, residente a Londra. Nel medesimo anno si è laureata. Dal 2016 per motivi di lavoro si è trasferita a Londra ed è stata assunta con contratto a tempo indeterminato da un’azienda e dal 2018, sempre con contratto a tempo indeterminato, è stata assunta da un’altra azienda. L’istante dal 2016 ha sempre risieduto a Londra, stipulando diversi contratti di locazione di cui l’ultimo nel 2018. Inoltre, si evince l’iscrizione all’AIRE dal 2017 nonostante presentazione della domanda nel 2016. L’istante, dovendo rientrare in Italia nel 2019, chiede di conoscere se è applicabile il regime fiscale agevolato.

Il Parere dell’agenzia delle Entrate. Per accedere al regime speciale per i lavoratori impatriati, si presuppone che il soggetto non sia stato residente in Italia per un periodo minimo precedente all’impatrio.
L’istante risulta essere già trasferita a Londra nel 2016. La nuova normativa, qualora confermata in sede di conversione in legge del D.L. n. 22 del 2019, risulterebbe, comunque, non applicabile alla fattispecie rappresentata in istanza, in quanto l’interpellante nel 2019 risulta già iscritta all’AIRE.
Pertanto, il rientro in Italia del soggetto preposto nell’anno 2019 non risulta soddisfare la condizione della residenza fiscale fuori del territorio dello Stato per almeno due periodi d’imposta.

Nell’eventualità, invece, che il rientro in Italia dell’istante avvenga in data successiva a quella dichiarata dall’istante (ovvero una data tale da far maturare i 183 giorni per il secondo periodo d’imposta di residenza fuori dal territorio dello Stato), il predetto requisito risulterebbe soddisfatto, permettendo alla stessa la fruizione dell’agevolazione fiscale di cui all’art. 16, comma 2, del D.lgs. n. 147 del 2015, dal periodo d’imposta 2020.

Risposta 207
Il Caso. Un individuo, a decorrere dal 2018, è a tutti gli effetti un Ricercatore a tempo determinato. Dal 2013 al 2014 è stato ricercatore presso un’Università e dal 2014 al 2018 presso un’altra Università. Rientra in Italia dopo circa 5 anni e mezzo trascorsi all’estero.
Nell’ottobre del 2018, avendo vinto il concorso ordinario presso l’Università, l’istante ha fatto presente all’Ufficio il trattamento economico dell’Ateneo che aveva diritto a beneficiare del regime fiscale agevolato sugli emolumenti percepiti, ma i responsabili dell’Ufficio trattamento economico dell’Università, hanno ritenuto di non poter applicare l’agevolazione fiscale richiesta dall’istante, in quanto quest’ultimo non si è mai cancellato dall’anagrafe della popolazione residente in Italia.

L’istante ritiene che la sua esclusione dal regime fiscale agevolativo sia discriminatoria: egli, infatti, fa presente di non essersi mai iscritto all’AIRE, nonostante abbia passato gli ultimi anni della sua vita all’estero.

Il soggetto chiede se può beneficiare del regime agevolativo previsto dall’articolo 44 del D.L. n. 78 del 2010, il quale prevede un’agevolazione fiscale ai fini IRPEF ed IRAP per incentivare i ricercatori ed i docenti residenti all’estero ad esercitare la loro attività in Italia.

Il parere dell’Agenzia delle Entrate. L’agevolazione summenzionata richiesta dall’istante, si applica a decorrere dal periodo d’imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei tre periodi d’imposta successivi sempre che permanga la residenza fiscale in Italia.
L’amministrazione Finanziaria precisa che il rientro nel territorio dello Stato per lo svolgimento dell’attività di docenza e ricerca deve necessariamente essere seguito dall’acquisizione della residenza fiscale in Italia, in quanto requisito espressamente previsto dal citato articolo 44.

Pertanto si ritiene che, nel caso di specie, l’istante, nonostante non sia stato iscritto all’AIRE durante gli anni trascorsi all’estero, possa beneficiare del regime fiscale di favore di cui all’articolo 44 del D.L. n. 78 del 2010 (nella versione vigente al 31 dicembre 2018), a decorrere dall’anno di imposta 2019 – anno nel quale afferma di essere rientrato fiscalmente in Italia – nel presupposto che possa dimostrare la residenza all’estero per i due anni di imposta precedenti ai sensi della Convezione contro le doppie imposizioni siglata tra Italia e il paese nel quale il ricercatore sostiene di aver svolto la sua attività di ricerca/docenza.
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