28 dicembre 2018

Reddito lavoro dipendente prodotto in Regno Unito: trattamento fiscale in Italia

Autore: Redazione Fiscal Focus
Al fine di individuare il luogo di imposizione fiscale di un reddito prodotto in uno Stato, è indispensabile verificare il luogo di residenza del soggetto che lo ha prodotto; in ragione di ciò, anche i relativi oneri deducibili o detraibili potranno agire in relazione alla normativa fiscale vigente nel Paese in cui il reddito deve essere dichiarato ed assoggettato ad imposta.

A questa determinazione giunge l’Agenzia delle Entrate, pubblicando la Risposta n. 134 “Trattamento fiscale applicabile al reddito prodotto da una ricercatrice dell’European Molecular Biology Laboratory fiscalmente residente in Italia - Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212”.

L’Agenzia delle Entrate è stata interpellata da una ricercatrice che ha svolto, durante la sua permanenza nel Regno Unito dal 01.01.2017 al 09.03.2017, la propria attività presso la European Molecular Biology Laboratory (EMBL) percependo un compenso al netto di Tassa Interna, contributo sanitario, contributo pensione, assicurazione vita e assicurazione vita coniuge.

Al termine di questa esperienza è rientrata in Italia risiedendo a Trieste.
Da qui il dubbio dell’istante in relazione all’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia relativamente al reddito percepito nel Regno Unito.

L’Agenzia delle Entrate nel risolvere il dubbio parte dalla nozione fondamentale di residenza e quindi di rilevanza fiscale di un soggetto partendo dal presupposto che tra Regno Unito ed Italia è stata sottoscritta una Convenzione contro le doppie imposizioni d’imposta ratificata dalla Legge n. 329 del 05.11.1990.

In particolare, la Convenzione stabilisce, all’articolo 4, paragrafo 1, che “l’espressione "residente di uno Stato contraente" designa ogni persona che, in virtù della legislazione di designa ogni persona che, in virtù 4 della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza (…) o di ogni altro criterio di natura analoga”.

Tale definizione deve essere necessariamente letta in accordo con l’articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito TUIR) il quale considera residenti in Italia “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”.
A tale proposito si ricorda che le condizioni sopra indicate sono una in alternativa all’altra, pertanto è sufficiente che una sola di esse si verifichi al fine di accertare l’effettiva rilevanza fiscale in uno Stato da parte di un Soggetto.

Poiché la ricercatrice è risieduta dal 01.01.2017 al 09.03.2017 nel Regno Unito e successivamente è rientrata in Italia, stabilendosi a Trieste, è indubbio che la stessa “per la maggior parte del periodo di imposta” è risultata iscritta nelle anagrafi della popolazione residente in Italia. Di conseguenza è in tale Stato che deve presentare la dichiarazione dei redditi anche con riferimento ai redditi prodotti e percepiti nel Regno Unito.

L’articolo 3, comma 1, del Tuir, infatti, prevede che, per le persone residenti in Italia, l’imposta si applica sull’insieme dei redditi percepiti, indipendentemente da dove questi siano prodotti, mentre per i soggetti non residenti l’imposta si applica solo sui redditi prodotti nel nostro Paese.

Detto ciò, in abbinamento alla lettura della legislazione fiscale “domestica”, dobbiamo considerare quanto previsto dalla Convenzione tra i due Stati che prevede all’articolo 24, paragrafo 3, che “Se un residente dell’Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili nel Regno Unito, l’Italia nel calcolare le proprie imposte sul reddito … può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente. In tal caso, l’Italia deve dedurre dalle imposte così calcolate l’imposta sul reddito pagata nel Regno Unito, ma l’ammontare della deduzione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo”.

I redditi conseguiti dalla ricercatrice nel Regno Unito, in forza di un Accordo tra il Regno Unito e la European Molecular Biology Laboratory (EMBL), sottoscritto il 26.07.1994 sono esenti da imposte nello stesso Stato mentre sono assoggettati ad una “tassa interna” per il finanziamento dell’ente con il quale la stessa aveva in corso il contratto di lavoro.

La Ricercatrice dovrà pertanto provvedere a dichiarare i redditi, compresi quelli percepiti nel Regno Unito, in Italia, senza poter affrancare l’imposta pagata nel Paese di produzione del reddito in quanto la cosiddetta tassa interna non costituisce imposta sul reddito.

Con riferimento agli altri elementi trattenuti in sede di corresponsione dei compensi, ovvero “contributo pensione”, “contributo sanitario”, “contributo assicurazione vita” e “contributo assicurazione vita del coniuge”, questi avranno un diverso trattamento in relazione alla situazione soggettiva del contribuente tenendo conto che tali trattenute sono state effettuate in forza di disposizione di legge.

Nel caso di specie - in particolare - il contributo pensione ed il contributo sanitario costituiranno oneri deducibili dal reddito complessivo mentre alcuna detrazione potrà essere applicata con riferimento al contributo assicurazione vita del coniuge non essendo quest’ultimo, per specifica dichiarazione della ricercatrice, considerabile fiscalmente a suo carico.
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