30 marzo 2018

Regime forfettario: i contributi incapienti non vanno persi

Autore: PASQUALE PIRONE
Chi agisce in regime forfettario non deduce i costi inerenti l’attività poiché determina il reddito imponibile in maniera “forfettaria”, su cui si applica un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP: pari al 15% per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata, e ridotta al 5% per i quattro anni successivi, a condizione che:
  • a) il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività, attività artistica, professionale ovvero d’impresa, anche in forma associata o familiare;
  • b) l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
  • c) qualora venga proseguita un’attività d’impresa svolta in precedenza da altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore ai limiti di cui al comma 54 della Legge di Stabilità 2015.

Poiché, dunque, chi sta nel forfettario, versa un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali, ne consegue altresì che, sul reddito derivante dall’attività, non possono essere fatti valere gli oneri deducibili e detraibili (ai fini IRPEF) sostenuti per sé o per i propri familiari fiscalmente a carico (spese sanitarie, interessi mutuo per l’acquisto dell’abitazione principale, ecc.). Così come non possono essere fatte valere le detrazioni per familiari a carico.

Requisiti e cause di esclusione - Al regime di favore in commento, introdotto con la Legge di Stabilità 2015 ed oggetto di alcune modifiche con la manovra di bilancio per il 2016, possono accedervi (in maniera naturale, ossia senza necessità di eseguire una specifica opzione) i soggetti che hanno i requisiti di cui al comma 54 della stessa Legge di Stabilità 2015 e che non rientrano in nessuna delle cause di esclusione di cui al comma 57 della medesima normativa.

Con riferimento ai requisiti, la normativa prevede che accedono al forfettario i soggetti che rispettano tutte le seguenti condizioni:
  • abbiano conseguito ricavi o percepito compensi non superiori a determinati limiti (ragguagliati all’anno nel caso di attività iniziata in corso di anno), diversificati in base al codice ATECO, che contraddistingue l’attività esercitata;
  • abbiano sostenuto spese complessivamente non superiori a 5.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e per compensi erogati ai collaboratori, anche assunti per l’esecuzione di specifici progetti;
  • il costo complessivo dei beni strumentali, al lordo degli ammortamenti, non superi, alla data di chiusura dell’esercizio, i 20.000 euro.

Non possono, inoltre, avvalersi del regime (sono queste le cause di esclusione di cui al citato comma 57): i soggetti che si avvalgono di regimi speciali ai fini IVA o di regimi forfettari di determinazione del reddito; i soggetti non residenti, ad eccezione di coloro che risiedono in uno degli Stati membri dell’Unione Europea, o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo, che assicuri un adeguato scambio di informazioni, e producono in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente prodotto; i soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente, operazioni di cessione di fabbricati e relative porzioni o di terreni edificabili ovvero cessioni intracomunitarie di mezzi di trasporto nuovi; i soggetti che partecipano a società di persone, ad associazioni professionali, di cui all’articolo 5 del TUIR, o a società a responsabilità limitata aventi ristretta base proprietaria che hanno optato per la trasparenza fiscale; i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo superiore a 30.000 euro, tranne nel caso in cui il rapporto di lavoro dipendente nell’anno precedente sia cessato (sempre che in quello stesso anno non sia stato percepito un reddito di pensione o un reddito di lavoro dipendente derivante da un altro rapporto di lavoro).

Tuttavia, si tenga presente che, in alcuni casi le predette cause di esclusione NON trovano campo di applicazione (a tal proposito si rimanda a tutti i chiarimenti fornito dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 10/E/2016).

Si deducono solo i contributi previdenziali – Chi vi agisce, come detto in premessa, determina il reddito imponibile in maniera forfettaria. In particolare questi è calcolato applicando ai ricavi/compensi percepiti nel periodo d’imposta (principio di cassa) un coefficiente di redditività che varia a seconda del codice ATECO che identifica l’attività esercitata. Il legislatore, dunque, non dà la possibilità di dedurre dal reddito d’impresa o di lavoro autonomo quelli che sono costi inerenti (spese per acquisto beni strumentali, spese per utenze, ecc.).

Gli unici costi deducibili sono i contributi previdenziali ed assistenziali assolti per disposizioni legislative. Stiamo parlando, dunque, dei contributi versati all’INPS alla gestione IVS artigiani e commercianti; dei contributi versati alla gestione separata INPS; dei contributi obbligatori versati alla cassa professionale di appartenenza (Cassa forense, Inarcassa, ecc.). La deduzione avviene sempre e comunque secondo il principio di cassa. Dunque, nel Modello Redditi PF/2018, il contribuente forfettario potrà dedurre al quadro LM (rigo LM35) esclusivamente i contributi “pagati” nel 2017. Quindi, ad esempio, chi è iscritto alla gestione IVS artigiani e commercianti, potrà dedurre nel Modello Redditi PF/2018 le rate di contributi minimali “versati” lo scorso anno (pertanto anche la 4° rata dei contributi minimali riferiti al 2016 ma versati il 28 febbraio 2017) oltre che il saldo 2016 e l’acconto 2017 (che andavano versati anch’essi lo scorso anno alle stesse scadenze previste per il versamento dell’imposta sostitutiva).

Ma cosa succede nel caso in cui ci fossero contributi incapienti? Questi vanno persi?

Assolutamente no. La parte incapiente potrà essere dedotta eventualmente dal reddito complessivo del contribuente (art. 10 TUIR). È il caso, ad esempio, del soggetto che ha partita IVA in regime forfettario e che nel 2017 ha avuto anche altri redditi soggetti ad IRPEF su cui poter far valere oneri deducibili/detraibili. Questi, potrà indicare la parte di contributi incapienti al rigo RP21 dello stesso modello dichiarativo. Ai sensi del citato art. 10 TUIR, sono, infatti, deducibili dal reddito complessivo (ai fini IRPEF) le somme versate a titolo di contributi previdenziali e assistenziali in ottemperanza a disposizioni di legge nonché i contributi volontari versati alla gestione della forma pensionistica obbligatoria d’appartenenza qualunque sia la causa che origina il versamento (ad esempio il contributo versato dai biologi all’ENPAB). I contributi sono deducibili anche se versati nell’interesse dei familiari fiscalmente a carico.
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