15 dicembre 2018

Rimborso semplificato IVA con un’unica operazione attiva

Autore: Paola Mauro
L’erogazione del rimborso IVA a favore di una Società effettiva e operativa può avvenire anche a fronte di un’unica operazione attiva. Va escluso, infatti, che l’articolo 30, terzo comma, lett. a), del D.P.R. n. 633 del 1972 imponga una necessaria pluralità di operazioni attive e/o passive.

È quanto emerge dalla Sentenza n. 29530/2018 con cui la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate.

Il giudizio nasce dalla notifica, nei confronti di una S.r.l., esercente attività di costruzione e vendita d’immobili, di un avviso di accertamento con cui l'Agenzia delle Entrate ha chiesto la restituzione del rimborso IVA per il 2001, ottenuto ex art. 30, terzo comma, lett. a), D.P.R. n. 633 del 1972 in relazione all'acquisto di un terreno edificabile, per carenza dei presupposti di legge per accedere alla procedura semplificata di rimborso poiché, nell'anno, era stata posta in essere un'unica operazione attiva, limitata alla percezione di un acconto su un preliminare di vendita di una casa, neppure seguito dalla stipula del contratto definitivo.

La Commissione Tributaria Provinciale di Foggia ha accolto l'impugnazione della contribuente e la decisione ha trovato conferma presso il Giudice d'Appello; dal che l’instaurazione del giudizio di legittimità, da parte dell’Agenzia fiscale.

Ad avviso della difesa erariale, la C.T.R. è incorsa nel vizio di violazione di legge perché l'art. 30, terzo comma, lett. a), del D.P.R. n. 633 del 1972 postula lo svolgimento di una attività, ossia una serie continua e sistematica di operazioni, mentre non è applicabile in caso di compimento, come nella specie, di un'unica operazione attiva.

In ogni caso - sempre secondo la difesa erariale - la C.T.R. non poteva ritenere legittimo il rimborso IVA a fronte della sola fatturazione dell'acconto versato per un contratto preliminare di vendita d’immobile a uso abitativo, in sé privo di valenza giuridica, non registrato e neppure seguito dal definitivo.

Ebbene, la Suprema Corte non ha condiviso questi rilievi.

La sentenza impugnata ha accertato che la Società contribuente era attiva, effettiva e operativa e che il bene acquistato era inerente rispetto all'attività svolta. L’Ufficio, dal canto proprio, non ha in alcun modo censurato tale accertamento, derivandone, per gli Ermellini, «il diritto a portare in detrazione l'Iva versata e a chiedere il rimborso dell'eccedenza maturata».

La norma di riferimento, nel testo applicabile ratione temporis, prevede: «il contribuente può chiedere in tutto o in parte il rimborso dell'eccedenza detraibile, se di importo superiore a lire cinque milioni, all'atto della presentazione della dichiarazione: a) quando esercita esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l'effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell'imposta relativa agli acquisti e alle importazioni; […]».1

In sentenza, dunque, gli Ermellini rilevano che presupposto per accedere alla procedura semplificata di rimborso è l'esercizio (esclusivo o prevalente) di una "attività" comportante, in quanto tale, l'effettuazione di operazioni passive ad aliquota inferiore rispetto agli acquisti. L’art. 30, terzo comma, lett. a), del D.P.R. n. 633 del 1972, tuttavia, «non impone affatto che le operazioni effettivamente poste in essere debbano essere plurime. È certamente necessario che almeno una operazione (passiva ed attiva) sia stata effettuata poiché, altrimenti, non sorge neppure la possibilità di una comparazione tra le diverse aliquote e, dunque, non può attivarsi il meccanismo consentito dall'art. 30, primo comma, lett. a, d.P.R. n. 633 del 1972 (v. in tal senso Cass. n. 15224 del 06/08/2004; Cass. n. 27046 del 07/12/2005), ma tale situazione non è in alcun modo assimilabile a quella qui in giudizio, per la quale l'aliquota mediamente applicata coincide a quella delle singole fatture rispettivamente poste in essere per l'acquisto e per il compromesso di vendita».

Di conseguenza, i Giudici di legittimità hanno ritenuto infondato il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, anche perché – come si è già detto - l'effettività dell'impresa è stata positivamente accertata dalla C.T.R. e in alcun modo censurata dall'Ufficio.

Inoltre la giurisprudenza di legittimità ha affermato l'idoneità e la rilevanza del preliminare di vendita immobiliare, nel regime ordinario dell'IVA (v. Cass. n. 371 del 17/01/1998; Cass. n. 13989 del 12/11/2001; Cass. n. 7348 del 13/05/2003; Cass. n. 12192 del 15/05/2008; Cass. n. 21110 del 13/10/2011).

La Suprema Corte ha quindi rigettato il gravame e condannato l'Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali a favore della contribuente.

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1D.P.R. n. 633 del 1972, Articolo 30 - Versamento di conguaglio e rimborso dell'eccedenza.
In vigore dal 01/01/2015
Modificato da: Legge del 23/12/2014 n. 190
«Se dalla dichiarazione annuale risulta che l'ammontare detraibile di cui al n. 3) dell'articolo 28, aumentato delle somme versate mensilmente, e' superiore a quello dell'imposta relativa alle operazioni imponibili di cui al n. 1) dello stesso articolo, il contribuente ha diritto di computare l'importo dell'eccedenza in detrazione nell'anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di attività.
Il contribuente può chiedere in tutto o in parte il rimborso dell'eccedenza detraibile, se di importo superiore a lire cinque milioni, all'atto della presentazione della dichiarazione:
a) quando esercita esclusivamente o prevalentemente attivita' che comportano l'effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell'imposta relativa agli acquisti e alle importazioni, computando a tal fine anche le operazioni effettuate a norma dell'articolo 17, quinto, sesto e settimo comma, nonche' a norma dell'articolo 17-ter; […]».
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