In attesa di capire se dal nuovo anno partirà la “nuova IMU” (in sostanza un’unica imposta che accorperebbe IMU e TASI – si veda a tal proposito il nostro articolo
Nuova IMU: la manovra promuove unica imposta), si avvicina la data del 17 dicembre (il 16/12 è domenica) in cui si è chiamati a versare il saldo dei due tributi con riferimento all’anno d’imposta 2018. Visure catastali alla mano (la rendita è la base di calcolo per entrambe le imposte) ed atti notarili a portata di vista (occorre verificare eventuali cambiamenti nella titolarità dell’immobile e/o nella percentuale di possesso), dunque, per farsi trovare pronti all’appuntamento.
In sede di premessa è utile ricordare alcune regole fondamentali che accomunano i due tributi: l’acconto di giugno (che andava versato entro il 18/06/2018, poiché il 16 era sabato) doveva essere pari al 50% dell’importo complessivamente calcolato (considerando tutti i mesi di possesso del 2018 ed applicando le aliquote in vigore per il 2017). Il saldo (conguaglio) di dicembre sarà, invece, pari all’altro 50% dell’importo determinato in sede di acconto oppure alla differenza tra l’importo complessivo ricalcolato applicando le eventuali nuove aliquote 2018.
Entrambi i tributi sono dovuti in base alla percentuale ed ai mesi di possesso (si considera per intero il mese in cui il possesso si protrae per più di 15 giorni). Sono soggetti passivi IMU: il possessore a titolo di proprietà; il titolare del diritto di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie (se su un immobile c’è ad esempio usufrutto, il soggetto passivo è l’usufruttuario e non anche il nudo proprietario); il locatario dei beni in leasing, il concessionario di beni demaniali.
Sono soggetti passivi TASI il possessore a titolo di proprietà o altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, superficie, ecc.); il detentore a qualsiasi titolo (es. inquilino, comodatario, ecc.) se la detenzione si è protratta per più di 6 mesi nell’anno.
Nell’IMU in caso di comproprietà, non c’è responsabilità solidale tra i comproprietari, a differenza che nella TASI (dove tra i comproprietari c’è responsabilità solidale, mentre tra possessore e detentore c’è autonoma obbligazione tributaria). In merito alla quota TASI dovuta dell’inquilino, questa è fissata dalla delibera comunale (può oscillare tra il 10% ed il 30%) e se nulla la delibera prevede la si intende nella misura del 10% (con il restante 90% a carico del proprietario). Un emendamento al D.L. 119/2018 vorrebbe, tuttavia, eliminare, già con effetto dal saldo 2018, la quota TASI in capo al detentore.
Le principali esenzioni/agevolazioni – Abitazione principale di categoria catastale NON di lusso e relative pertinenze (nel limite massimo di tre appartenenti ciascuna a categoria catastale C/2, C/6 e C/7) esonerati sia da IMU sia da TASI. Per ciascun nucleo familiare vi può essere una sola abitazione principale (se due coniugi hanno due immobili nello stesso comune, solo uno dei due può considerarsi abitazione principale.
Tuttavia, la regola non vale se i due immobili sono ubicati in comuni diversi). Anche l’inquilino non versa la sua quota TASI se l’immobile occupato è la sua abitazione principale NON di lusso. Abbattimento della base imponibile del 50% per fabbricati di interesse storico o artistico e nel caso i cui si tratti di fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili (art. 13, comma 3 lett. a, del D.L. n. 201/2011). Stessa misura agevolativa per l’immobile ceduto in comodato tra genitori e figli (purché siano rispettate tutte le condizioni fissate dalla Legge di Stabilità 2016). Se l’abitazione principale è di categoria catastale di lusso (A1, A8 ed A9) spetta, ai fini IMU, la deduzione di 200 euro (ripartita tra acconto e saldo ed in base ai mesi e percentuale di possesso). Non bisogna poi dimenticare tutti i casi di assimilazione ad abitazione principale previsti dal Legislatore. Per l’immobile a canone comodato c’è lo sconto del 25% sia per IMU si per TASI.
Esenti dall’IMU i terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti/IAP; i terreni agricoli ubicati nei comuni delle isole minori di cui all’allegato A annesso alla Legge 28 dicembre 2001, n. 448; i terreni agricoli a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile; i terreni (da chiunque posseduti) ricadenti in uno dei comuni di cui all’elenco della Circolare del Ministero delle Finanze n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata nel supplemento ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale n. 141 del 18 giugno 1993 (se il comune è contrassegnato dalla sigla PD - parzialmente delimitato- l’esenzione IMU opera solo per quei terreni ricadenti nella zona del comune in cui vige l’esenzione. Al riguardo contattare l’ufficio tributi). La TASI non è, invece, dovuta sui terreni agricoli. Le aree edificabili sono soggette sia ad IMU sia a TASI (se però l’area edificabile è posseduta e condotta da coltivatore diretto o IAP, si applica l’esenzione per entrambi i tributi).
Fabbricati rurali strumentali esenti IMU ma non TASI (aliquota massima 0,1%) mentre i fabbricati rurali “abitativi” non sono esenti né IMU né TASI (salvo che siano abitazione principale). Immobili merce (purché non locati) esenti IMU ma non TASI (aliquota base 0,1%, aliquota massima 0,25% e possibilità di azzeramento per i comuni).
Un piccolo vademecum per il saldo – La prima cosa da verificare in sede di saldo, è se nell’anno ci sono stati dei cambiamenti in merito alla percentuale di possesso e/o i mesi di possesso (occorre quindi tener conto di eventuali atti di compravendita, di eventuali cessioni di quote di proprietà, di eventuale costituzione di usufrutto o altri diritti reali di godimento). Altro aspetto fondamentale è il cambio di destinazione: può darsi che un terreno da agricolo sia divenuto edificabile oppure un immobile sia stato locato o ceduto in comodato dal genitore al figlio solo per una parte dell’anno. Può capitare che, in corso d’anno, ci sia stata una variazione di rendita catastale (a tal proposito, di ricorda che in caso di variazione d’ufficio, la rendita catastale da prendere come riferimento è sempre quella risultante in catasto al 1° gennaio del periodo d’imposta per il quale si sta liquidando il tributo; in caso di variazione richiesta dal proprietario, occorre, invece, calcolare la base imponibile IMU/TASI, con riferimento alla rendita catastale così come risultante in catasto nel corso dell’intero periodo d’imposta).
E se nell’anno è deceduto il proprietario o chi altro era obbligato al versamento? In tal caso gli eredi succedono al “de cuius” nella soggettività passiva IMU e TASI, con l’obbligo di provvedere al pagamento del tributo comunale in nome del defunto fino alla data del decesso ed in nome proprio dalla data di apertura della successione (coincidente con la data del decesso).
Altro aspetto fondamentale è individuare la corretta aliquota da applicare. A tal proposito, come anticipato in premessa, il Legislatore prevede che l’acconto di giugno vada calcolato applicando le aliquote in vigore l’anno prima mentre, il saldo va calcolato con le aliquote in vigore per l’anno in corso. Tuttavia, ai fini dell’efficacia delle nuove aliquote deliberate per l’anno in corso è necessario che le stesse delibere siano state emanate dal comune (di ubicazione dell’immobile) entro il termine di approvazione del bilancio previsionale (art. 193 TUEL) e pubblicate sul sito istituzionale del MEF entro il 28/10 dello stesso anno. Considerando che per quest’anno il termine di approvazione del bilancio previsionale era fissato al 31 marzo 2018 (31/07 per i comuni in dissesto), è possibile affermare che ai fini dell’efficacia delle delibere IMU e TASI 2018, queste andavano emanate (dal comune) entro il 31/03/2018 (o 31/07) e pubblicate sul portale del MEF entro il 28/10/2018. Se una delle due condizioni, non è rispettata, le aliquote deliberate per l’anno in corso, devono considerarsi inefficaci e, sia per l’acconto che per il saldo si applicano le aliquote 2017.
Occorre poi considerare l’importo minimo fissato dal comune per i due tributi. Se la delibera nulla dovesse prevedere al riguardo, occorre considerarsi come importo minimo la cifra di 12 euro. Si tenga presente che l’importo si riferisce all’imposta complessiva (se, quindi, ad esempio l’importo complessivo IMU calcolato in sede di acconto era 19 euro, e l’acconto dunque, pari a 9,50 euro, quest’ultimo non andava versato a giugno, ma si verseranno i complessivi 19 euro ora in sede di saldo). Inoltre, l’importo minimo va considerato tra i comproprietari, coinquilini, ecc. (si supponga, ad esempio, il caso di coniugi comproprietari al 50% di un immobile che rappresenta seconda abitazione per entrambi. Il comune di ubicazione ha fissato l’importo minimo IMU da versare in euro 20,00 e l’IMU complessiva 2018 calcolata sull’immobile ammonta ad euro 24,00. Ciascuno dei coniugi, dunque, deve versare un’IMU complessiva 2018 pari a 12 euro (24/2). Di conseguenza ciascuno doveva versare in acconto il 50% di 12 euro e cioè 6 euro che, poiché inferiore all’importo minimo di 20 euro fissato dal comune, non andava versato. Tuttavia, in sede di saldo occorre che essi versino 12 euro ciascuno che è comunque inferiore a 20 euro ma, poiché occorre far riferimento all’intera imposta dovuta nel complesso, ossia 24 euro, occorrerà procedere al versamento).
In merito alle modalità di pagamento, si utilizza il Modello F24, in cui riportare il codice tributo, l’anno di riferimento (2018), il codice catastale del comune in cui è ubicato l’immobile. Occorre altresì barrare la casella saldo ed inserire l’importo a debito (oltre che l’eventuale importo a credito che si vuole utilizzare in compensazione). Nell’eseguire il versamento occorre tener presente le regole previste per le modalità di presentazione dell’F24 (verificare quindi, se c’è obbligo di presentazione telematica). Se non ci sono crediti compensati, i soggetti NON titolari di partita IVA possono versare anche con bollettino di c/c. Per chi paga dall’estero (per gli immobili posseduti in Italia), laddove non si abbia la possibilità di farlo con F24 online, si esegue il pagamento con bonifico bancario al Comune dove sono ubicati gli immobili (le coordinate su cui fare il bonifico devono essere chieste al Comune, presso l'Ufficio Tributi).
Si ricorda infine che per chi dovesse saltare la scadenza del 17 dicembre, si aprirà la strada del ravvedimento operoso fino ad un anno dall’omesso/insufficiente versamento.