Il trattamento fiscale della sopravvenienza attiva da falcidia concordataria. E’ l’argomento affrontato dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 85/2018 di ieri pubblicata con riferimento ad istanza di interpello avente ad oggetto il caso di una società che dichiara di trovarsi in “concordato con continuità aziendale” ai sensi dell’articolo 186-bis della legge fallimentare. In particolare l’istante fa presente che dal periodo d’imposta 2010 ha optato, unitamente ad altra società (della quale fino al 18 aprile 2018 deteneva l’intero capitale e che successivamente ha incorporato), per l’applicazione del consolidato nazionale fino all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2017. La società fa presente di essere stata sottoposta alla citata procedura di concordato con continuità aziendale, la quale ha previsto la falcidia del 95% dei crediti non strategici (a fronte della quale si è generata una sopravvenienza attiva). Il rimanente 5% è stato oggetto, invece, di conversione in azioni di Classe B, prive di diritti amministrativi (a fronte di ciò si è generata una ulteriore sopravvenienza attiva, corrispondente ai crediti convertiti in capitale sociale). La procedura ha, inoltre, previsto il pagamento integrale dei debiti strategici ed il riconoscimento di un debito finanziario verso gli istituti di credito garantito da un pegno sul marchio.
Pertanto, a fronte delle due citate sopravvenienze attive, l’istante ha chiesto all’Amministrazione finanziaria, quale sia il trattamento fiscale applicabile.
La risposta – Si parte con il sottolineare cosa prevede il comma 4-ter dell’art. 88 TUIR, ai sensi del quale vige, nel nostro ordinamento tributario, un regime di detassazione piena per le sopravvenienze attive derivanti dalla riduzione dei debiti in sede di concordato preventivo liquidatorio o fallimentare ed un regime di detassazione parziale per le procedure di concordato di risanamento.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, la procedura cui è sottoposta l’istante (concordato in continuità aziendale) è da qualificarsi come concordato di risanamento, con conseguente detassazione parziale della sopravvenienza attiva. In tal caso, il citato comma 4-ter prevede che la riduzione dei debiti d’impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede la somma di determinate componenti prodotte dalla stessa impresa. Più in dettaglio tale quota è determinata sottraendo dalla sopravvenienza attiva stessa l’ammontare delle perdite, pregresse e di periodo, di cui all’articolo 84, senza considerare il limite dell’80%, delle perdite trasferite al consolidato nazionale di cui all’articolo 117 e non ancora utilizzate; della deduzione di periodo e dell’eccedenza relativa all’aiuto alla crescita economica; degli interessi passivi e degli oneri finanziari assimilati di cui al comma 4 dell’articolo 96 del TUIR.
Riguardo le perdite fiscali trasferite al consolidato e non ancora utilizzate, da considerare ai fini del suddetto calcolo, laddove la disposizione normativa prevede anche l’utilizzo delle perdite trasferite al consolidato nazionale e non ancora utilizzate dalla fiscal unit, la stessa fa riferimento esclusivamente alle perdite prodotte dalla medesima società e trasferite al consolidato e non a quelle riferibili alle altre società che partecipano al consolidato stesso.
Altre precisazioni riguardano le modalità di erosione degli interessi passivi di cui al comma 4 dell’articolo 96 del TUIR. Al riguardo l’Agenzia delle Entrate precisa che tali interessi passivi devono intendersi consumati e non più riportabili negli esercizi successivi a prescindere dai limiti ordinari imposti all’utilizzo dal citato comma 4. La ratio di tale conclusione risiede nel fatto che gli interessi passivi pregressi al pari delle perdite pregresse rappresentano delle poste fiscali che negli esercizi successivi potrebbero dar luogo alla determinazione di un minor reddito imponibile (pertanto le Entrate sono dell’avviso che “anche in relazione a tali oneri finanziari trovi applicazione la medesima regola di consumazione integrale prevista per le perdite fiscali”).
Sarà’ comunque, necessario dare chiara evidenza in dichiarazione dell’utilizzo delle componenti di cui all’articolo 88, comma 4-ter, ai fini del calcolo della quota di sopravvenienza attiva da detassare. Ciò si concretizza nell’eseguire una variazione in diminuzione al quadro RF del modello dichiarativo “pari alla differenza tra la sopravvenienza attiva e la perdita di periodo (calcolata senza tener conto della sopravvenienza attiva), le perdite trasferite al consolidato nazionale e non ancora utilizzate e gli interessi passivi indeducibili di cui al comma 4 dell’articolo 96 del TUIR”. Da ciò ne conseguirà una compensazione (nel Modello CNM) tra l’ammontare della perdita trasferita al consolidato e non utilizzata dalla fiscal unit e la sopravvenienza attiva. Per gli interessi passivi indeducibili di cui all’articolo 96, comma 4, del TUIR sottratti dalla sopravvenienza attiva, dovrà essere poi effettuata altra variazione in diminuzione.
Infine, è detto che, qualora dalla conversione del debito in capitale si evidenzi un provento, quest’ultimo concorrerà alla formazione del reddito imponibile, secondo le modalità disposte nell’art. 88, comma 4-bis.
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