5 luglio 2018

Sostitutiva sui finanziamenti: adempimenti, sanzioni, accertamento

Autore: Simone Carunchio
Di recente l’Agenzia delle Entrate è intervenuta con i provvedimenti nn. 78600/2017 e 270335/2017 e con la risoluzione n. 49/2017 per rendere operativo quanto previsto dal D.L. n. 193/2016 che ha modificato regime opzionale di imposizione dei finanziamenti a medio e lungo termine di cui agli artt. 15-22 del D.P.R. n. 601/1973, sussumendolo nel sistema telematico dell’autoliquidazione. Le difficoltà più difficilmente sormontabili sono incontrate dagli enti creditizi non residenti in Italia. Inoltre sono state previste nuove modalità di controllo automatico. Le nuove norme hanno assunto efficacia nel 2017 e le prime dichiarazioni sono state presentate nel corso del 2018.

Il regime sostitutivo dell’imposizione indiretta ordinaria degli atti e delle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine (ossia superiori ai 18 mesi), di cui agli artt. 15-22 del D.P.R. n. 601/1973, è divenuto opzionale ad opera del D.L. n. 145/2013. Tale opzione deve avvenire per iscritto nell’atto di finanziamento. Si prevede normalmente già nel contratto una clausola che faccia riferimento alla normativa agevolativa.

Per quanto attiene agli adempimenti, una volta optato per il regime sostitutivo, l’ente creditizio doveva - fino a dicembre 2017 - presentare due dichiarazioni, di cui la prima relativa alle operazioni effettuate nel primo semestre e la seconda relativa a quelle del secondo semestre. Tali dichiarazioni dovevano essere presentate entro tre mesi dalla scadenza dei sei mesi. Dacché fosse stata presentata la dichiarazione, l’Amministrazione doveva liquidare l’imposta e il versamento doveva essere effettuato entra trenta giorni a partire dalla data di tale liquidazione.

Attualmente l'imposta è, invece, autoliquidata dal soggetto passivo.

Difatti, a seguito del D.L. n. 193/2016 (L. n. 225/2016), art. 7-quater, commi da 33 a 35, con il quale è stato modificato l'art. 20, commi da 1 a 3, del D.P.R. n. 601/1973, è stata dapprima prevista, con il Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate n. 78600/2017, l'estensione della possibilità di effettuare il versamento attraverso il modello F24, indicando come codice tributo 1546 per il saldo (e 1545 per l'acconto del 95% del saldo), stabilito dalla risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 49/2017, e poi è stato approvato il modello di dichiarazione con il Provvedimento dello stesso Direttore n. 270335/2017.

Detto modello deve essere utilizzato per presentare, entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio contabile, la dichiarazione concernente le operazioni di finanziamento effettuate nell'esercizio stesso.

Per quanto attiene alle nuove modalità telematiche, esse creano non poche difficoltà, soprattutto avendo riguardo agli enti creditizi non residenti. Si segnala che, nella parte del modello telematico predisposto dall’amministrazione dedicato ai dati generali, è richiesta l’indicazione del codice fiscale italiano. Se il soggetto non residente ne è sprovvisto, egli è obbligato a richiederlo in forma analogica presentandosi presso dli Uffici o inviando una raccomandata con ricevuta di ritorno. Inoltre, per quanto attiene all’acconto, il programma di applicazione lo calcola automaticamente adottando il metodo storico e non è possibile optare per quello previsionale. Ciò implica che per questi soggetti, spesso si verrà a creare un credito d’imposta che potrà essere richiesto a rimborso. Ma qual è la procedura che essi possono seguire per ottenerlo? Il programma di compilazione prevede che l’importo del credito possa essere indicato nel quadro FB13, ma nello stesso tempo esso richiede anche la compilazione del quadro FA, in cui deve essere indicato il capitale finanziato nel periodo che potrebbe non essere presente. Come risolvere quest’errore bloccante? Indicarne uno fittizio irrisorio?

Insomma, se nel complesso, l’applicazione del regime sostitutivo agevolativo opzionale è più certo, le modalità telematiche di dichiarazione, di autoliquidazione e di versamento, in particolare per i soggetti non residenti in relazione all’acconto e al relativo (probabile rimborso), devono ancora essere messe a punto.

Ad ogni modo, ove il soggetto passivo non adempia a uno di questi obblighi, o vi adempia in maniera imperfetta, sono previste delle sanzioni e diversi termini decadenziali per l’accertamento dell’Amministrazione (ris. n. 20/E/2013). A questo proposito l’art. 20 del D.P.R. n. 601/1973, al comma 5 (anch’esso modificato col D.L. n.193/2016), rinvia, in modo piuttosto generico, alla normativa sull’imposta di registro, la quale, attualmente, è contenuta nel D.P.R. n.131/1986 (TUR). Inoltre il medesimo art. 20, al comma 6, prevede che tale rinvio debba trovare regolamentazione con un ulteriore decreto del Ministero delle finanze, il quale è stato emanato il 28 febbraio 1975.

Tale Decreto n. 2456/1975, all’art. 3, prevede che: per l’omessa o tardiva presentazione della dichiarazione che deve essere presentata dall’istituto di credito deve essere applicato l’art. 69 del TUR, il quale prevede una sanzione che va dal 120 al 240% dell’imposta dovuta; per l’infedele dichiarazione si applica l’art. 72 del TUR, il quale prevede una sanzione dal 200 al 400% dell’imposta dovuta (benché la norma tratti dell’occultamento del corrispettivo); per l’omesso o il tardivo versamento si applica l’art. 13 del D.lgs. n. 471/1997, il quale prevede una sanzione pari al 30% dell’imposta versata tardivamente. Le difficoltà di lettura della normativa derivano tutte dal fatto che per la registrazione di un atto non è richiesta alcuna dichiarazione.

Per quanto attiene ai termini decadenziali per l’accertamento, occorre fare riferimento all’art. 76, del TUR, che prevede un termine di 5 anni dal momento in cui si sarebbe dovuto richiedere la registrazione dell’atto, un termine di tre anni dalla data di registrazione in caso di imposta principale non versata e un termine di tre anni dalla registrazione dell’atto in caso di occultazione di corrispettivo. Come per le sanzioni, la previsione deve essere “aggiustata” per l’imposta sostitutiva in esame.

Ad ogni modo, per quanto attiene all’intrecciarsi dei termini per l’emanazione dell’avviso di accertamento e di quello di irrogazione delle sanzioni, occorre tenere a mente l’art. 20 del D.lgs. n. 472/1997, il quale prevede che per l’irrogazione delle sanzioni il termine per l’emanazione dell’atto è un termine quinquennale - in contrasto con l’art. 78 del TUR, che prevede che l’irrogazione delle sanzioni debba avvenire entro il termine decadenziale previsto per l’accertamento. Se ne potrebbe dedurre che anche ove il termine di accertamento sia scaduto, sarebbe possibile per l’amministrazione irrogare le sanzioni. Tale conclusione è stata rigettata dall’amministrazione stessa (circ. 138/E/2000), ad avviso della quale nel caso in cui sia previsto un termine di accertamento inferiore a quello quinquennale, anche il potere sanzionatorio deve rispettare tale termine inferiore.

Si segnala che con il D.L. n. 193/2016 è stato modificato, come detto, anche il comma 5 dell'art. 20 del D.P.R. n. 601/1973, precedentemente menzionato, introducendo uno specifico controllo automatizzato della regolarità dell'autoliquidazione dell'imposta sostitutiva, il cui relativo avviso di liquidazione deve essere notificato entro tre anni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione della dichiarazione con applicazione, oltre che della maggiore imposta rideterminata, della sanzione per omesso o tardivo versamento.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy