30 aprile 2019

Spese incrementative beni ammortizzabili: ok dal Fisco per la rettifica IVA

Autore: Pasquale Pirone
È corretto rettificare la detrazione relativa all’IVA assolta per le spese di migliorie aventi carattere di “manutenzione straordinaria” effettuate su immobili di terzi e ciò anche in caso di retrocessione dall’usufrutto. E’ quanto si evince dalla Risposta n. 131/2019 fornita ieri dall’Agenzia delle Entrate ad una società (controllata interamente da una fondazione) che gestisce un portafoglio di immobili, in parte ricevuto in usufrutto dalla fondazione stessa ed in parte in proprietà.

Il caso
La società istante fa presente che l’acquisito degli immobili in usufrutto è avvenuto a fronte di un corrispettivo pagato annualmente e non assoggettato ad IVA per mancanza della soggettività passiva in capo alla fondazione medesima. L’istante, inoltre, dice di aver poi locato a terzi gli immobili che ha in usufrutto sul cui canone di locazione è stata applicata l’IVA. Nel frattempo, durante gli anni, la società ha sostenuto, per tali immobili, anche spese per lavori di manutenzione straordinaria e migliorie funzionali all’attività di locazione degli stessi capitalizzandole tra le immobilizzazioni immateriali alla voce “migliorie su beni di terzi” (l’IVA assolta su queste spese è stata portata integralmente in detrazione in quanto riconducibile alle locazioni imponibili).
Successivamente (esattamente nell’anno 2015) l’istante ha ceduto il diritto di usufrutto dei predetti immobili alla fondazione convenendo un prezzo di cessione il quale è stato indicato come corrispettivo, nel bilancio di quell’anno nella voce E20 del Conto Economico “altri proventi straordinari” e al contempo tassato ai fini IRES e IRAP mentre, ai fini IVA si è ritenuto applicabile il regime di esenzione di cui all’articolo 10, comma 1, n. 8-ter), del D.P.R. n. 633/1972. In conseguenza a tale operazione, dunque, la società evidenzia di aver da un lato provveduto alla cancellazione della voce dell’attivo immobilizzato “migliorie su beni di terzi” mediante imputazione a conto economico dell’insussistenza passiva e dall’altro a rettificare l’IVA detratta sulle spese di migliorie eseguite sugli immobili oggetto della retrocessione (la rettifica è stata riportata nel Modello IVA/2016 relativo all’anno d’imposta 2015).

E’ stato, dunque, chiesto se è corretto quest’ultimo comportamento oppure la rettifica non andava fatta ed ora, dunque, accorerebbe effettuarne il recupero presentato una dichiarazione IVA integrativa.

Cosa ne pensa l’Agenzia delle Entrate
In primi l’Amministrazione finanziaria ricorda che la rettifica della detrazione IVA è disciplinata, a livello “unionale”, dalla direttiva 2006/112/CE, dove all’art. 185 è sancito che tale rettifica deve essere operata in particolare quando, “successivamente alla dichiarazione dell’IVA, sono intervenuti dei mutamenti degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della suddetta detrazione”.

Il caso più frequente in cui si verifica la necessità di procedere all’operazione in esame riguarda proprio i beni d’investimento, che sono spesso utilizzati per un certo numero di anni, nel corso dei quali possono cambiare gli scopi cui essi sono destinati. A tal fine la direttiva UE (art. 187) individua un periodo minimo di 5 anni per la rettifica della detrazione che, per i menzionati beni, può essere prolungato dagli Stati membri fino a 20 anni.

Nel nostro ordinamento fiscale, la disciplina della rettifica IVA è contenuta nell’art. 19-bis2 del D.P.R. n. 633/1972 (c.d. decreto IVA) dove al comma 8 è stabilito che “i fabbricati o porzioni di fabbricati sono comunque considerati beni ammortizzabili ed il periodo di rettifica è stabilito in 10 anni, decorrenti da quello di acquisto o di ultimazione”. Le Entrate evidenziano, inoltre che, la rettifica della detrazione riguarda i fabbricati o porzioni di fabbricati acquistati ovvero oggetto di un diritto reale di godimento (ad esempio, come nel caso in esame, usufrutto) che consentono al titolare di tale diritto di disporre del bene, di fatto, come se ne fosse il proprietario. Quanto appena affermato è altresì in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia (Sentenza 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp, C-277/14).

Alle predette osservazioni occorre aggiungere quanto già espresso dalla stessa Amministrazione in tema di estromissione dall’impresa di beni immobili per i quali l’IVA non è stata detratta all’atto del relativo acquisto, anche se sugli stessi sono stati eseguiti interventi di manutenzione, riparazione e recupero per i quali, invece, si è provveduto a detrarre la relativa imposta. In tali casi, secondo l’Agenzia “il contribuente dovrà, in relazione all'imposta afferente a tali spese, operare la rettifica della detrazione a norma dell’art. 19-bis2, qualora le stesse siano incrementative del valore dell’immobile e non abbiano esaurito la loro utilità all'atto dell'estromissione” (Circolare n. 40/E del 2002 e Risoluzione n. 194/E/2002).

In definitiva, alla luce di quanto sopra argomentato, secondo l’Amministrazione finanziaria, è da considerarsi corretto il modus operandi della società istante, poiché le spese sostenute, ai fini della disciplina della rettifica IVA, devono considerarsi relative a beni ammortizzabili dell’istante stessa e, come tali, soggette alla stessa disciplina applicabile ai beni stessi di cui incrementano il valore, ai sensi dei commi 2 e 8, secondo periodo, dell’articolo 19-bis2, del D.P.R. n. 633/1972 (per tali spese, correttamente si è considerato il “dies a quo” del periodo decennale di osservazione fiscale coincidente con quello dell’ultimazione della manutenzione straordinaria del bene immobile).
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