24 maggio 2018

Studio dentistico. Le rimanenze dei prodotti monouso allertano il Fisco

Pronunciamento della Cassazione in tema di accertamento analitico induttivo in danno all’odontoiatra

Autore: Giovambattista Palumbo
Il giudice di merito può valorizzare, ai fini presuntivi, gli elementi raccolti dall'ufficio accertatore, e tra questi anche i prodotti monouso normalmente utilizzati in uno studio dentistico, senza però che essi assumano rilevanza a titolo di rimanenze nel senso tecnico, secondo i principi di determinazione del reddito d'impresa, ma solo quali elementi di un più ampio quadro indiziario. In un tale contesto può quindi rilevare la mancanza di prodotti monouso, come gli aspirasaliva e i guanti, ma anche la percentuale di incidenza dei costi sui ricavi, ingiustificata rispetto ad una media di settore più contenuta.

Il caso – La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 10692 del 04/05/2018, ha risolto un caso di accertamento nei confronti di un professionista, svolgente l’attività di odontoiatra.

Nel caso di specie, il contribuente proponeva ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, evidenziando che, svolgendo attività di medico odontoiatra, l'Agenzia lo aveva primainvitato a rispondere ad un questionario e a produrre la documentazione contabilerelativa all'anno d'imposta 2005 e poi, ricevuta ogni debita documentazione, senzaaltra interlocuzione, gli aveva notificato un avviso di accertamento, con il quale gli contestava ex artt. 38 e 39 del d.P.R. n. 600 del1973, sulla base di elementi presuntivi, un maggior reddito non dichiarato di Euro 77.805,00, con conseguente rideterminazione delle imposte ai fini Irpef ed Irap, ed applicazione delle relative sanzioni.

Impugnato l'atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, questa accoglieva il ricorso, ma laCommissione Tributaria Regionale, adita dall'Ufficio, riformava poi la pronuncia di primo grado,riconoscendo le ragioni dell'appellante.

Avverso questa pronuncia il contribuente proponeva quindi ricorso per cassazione, censurando, tra le altre, la violazione dell'art. 54 del d.P.R. n.917 del 1986, dell'art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, e degli artt. 2717 e 2729 c.c., per avere la CTR erroneamente tenuto conto dellerimanenze, al fine della determinazione del reddito del professionista, esercenteattività di lavoro autonomo.

Il contribuente deduceva poi anche la violazione dell'art. 6, co. 1 e 2, del D.l. n. 357 del 1994, per avere la CTR erroneamente tenuto conto dellamancata esibizione dello "schedario dei pazienti".

La decisione - Il ricorso, secondo la Suprema Corte, era infondato.

Il ricorrente eccepiva infatti che la sentenza era errata per avere determinatoil reddito, valorizzando le rimanenze dei prodotti monouso, di cui si sarebbe dovutatrovare traccia se non impiegati integralmente in prestazioni mediche, in tal modotenendo conto, secondo il contribuente, di un elemento estraneo alla determinazione del reddito del lavoratoreautonomo, perché utile solo al calcolo del reddito d'impresa.

Il motivo di censura, tuttavia, secondo i giudici di legittimità, era infondato, dato che non coglieva nel segno il ragionamento del giudice di merito, il quale valorizzava gli elementi raccolti dall'ufficio accertatore, e traquesti i prodotti monouso normalmente utilizzati nello studio dentistico, senza però che essi assumessero rilevanza a titolo di rimanenze nel senso tecnico,secondo i principi di determinazione del reddito d'impresa, ma solo quali elementi diun più ampio quadro indiziario, soppesato dal giudice regionale ai soli finidell'accertamento induttivo.
Anche la censura con la quale il contribuente contestava che era stato assunto adelemento significativo di condotte evasive la mancata tenuta dello schedario deipazienti, era infondato, poiché, anche in questo caso, la censura alla sentenzanon coglieva nel segno, avendo elaborato il giudice regionale un ragionamento del tuttodistinto, nel quale lo schedario dei pazienti entrava in misura del tutto marginale, non essendo neppure citato nella parte motiva della sentenza.

I passaggidella motivazione della CTR evidenziavano, in sostanza, un giudizio complessivo che metteva insieme più dati, ritenuti convincenti.
In particolare lasentenza faceva riferimento alla mancanza di prodotti monouso come gli aspirasaliva e iguanti monouso, ma anche alla rilevata -e ritenuta ingiustificata- percentuale diincidenza dei costi (66%) sui ricavi, contro una media ben più contenuta.

Si trattava dielementi indiziari, che evidentemente, però, la Commissione Tributaria Regionale aveva reputato gravi, precisi e concordanti, laddove, del resto, sottolinea la Corte, la valorizzazione di elementi di consumo monousonon è affatto inibita al giudice, che non è neppure obbligato a seguire le Circolari dellaAgenzia, non costituenti fonte normativa, potendo al contrario attribuirne rilevanzaprobatoria nel contesto di un più complesso quadro induttivo (sulla rilevanza deiguanti monouso ai fini dell'accertamento analitico-induttivo cfr. anche Cass., Sez. 5, sent. n.14879 del 2008).

Conclusioni - Quanto all'utilizzo degli indizi, la gravità, precisione e concordanza deglistessi permette di acquisire una prova presuntiva che, anche sola, è sufficiente nelprocesso tributario a sostenere i fatti fiscalmente rilevanti, accertati dallaamministrazione.

Quando manca tale convergenzaqualificante è comunque necessario disporre di ulteriori elementi per la costituzione della prova, laddove la giurisprudenza di legittimità ha tracciato il corretto procedimento logico delgiudice di merito nella valutazione degli indizi, affermando che la gravità, precisione econcordanza richiesti dalla legge vanno ricavati dal loro complessivo esame, in ungiudizio globale e non atomistico di essi (ciascuno dei quali può essere insufficiente),ancorché preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi,perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indiziorafforza e ad un tempo trae vigore dall'altro in vicendevole completamento (cfr. Cass., sent. n. 12002/2017; Cass.,ord. n. 5374/2017).

Ciò che dunquerileva, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità, non necessariamentecerte, è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi, o anchedi un solo significativo indizio, a supportare la presunzione semplice di fondatezzadella pretesa, salvo l'ampio diritto del contribuente a fornire la prova contraria.
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