Nell’ambito delle operazioni c.d.
tax free shopping (di cui all’art. 38
–quater DPR n. 633/1972) il cedente, se richiesta dall’acquirente prima dell’emissione dello scontrino, deve emettere la fattura e non può rifiutarla fermo restando che è rimessa al cedente la scelta se far pagare il prezzo del bene al netto dell’IVA, ovvero se attendere la prova dell’avvenuta uscita dei beni prima di restituire l’imposta. È rimessa, invece, al cessionario la scelta di avvalersi o meno dell’ausilio delle società di tax free per ottenere un rimborso più veloce. Sono questi i dubbi sciolti dall’Agenzia delle Entrate con la
Risposta n. 93/2019 pubblicata ieri in merito al caso di un soggetto (istante) cittadino italiano residente all’estero ed iscritto all’AIRE, che spesso si trova dinanzi al problema del recupero dell’IVA sui beni acquistati da rivenditori italiani e trasportati direttamente fuori dell’Unione europea nel proprio bagaglio personale. Questi ha, dunque, chiesto all’Amministrazione finanziaria di sapere se può ottenere dal rivenditore nazionale l’emissione della fattura ed il riaccredito integrale dell’IVA pagata, senza passare dalle società tax free convenzionate e se lo stesso rivenditore nazionale può rifiutarsi di emettere fattura e restituire l’IVA.
Il tax free
Ai sensi all’art. 38-quater del decreto IVA, le cessioni, effettuate nei confronti di soggetti privati domiciliati o residenti fuori della Comunità Europea, di beni per un complessivo importo, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto, superiore a 154,94 euro e destinati all'uso personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio doganale della Comunità medesima, possono essere effettuate senza pagamento dell'IVA da parte dell’acquirente o con il diritto a richiederne il rimborso. La disposizione si applica a condizione che sia emessa fattura, e che i beni siano trasportati fuori della Comunità entro il terzo mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione. In particolare la predetta disposizione normativa prevede due modalità operative alternative tra di loro, ossia:
- il cedente può emettere fattura in regime di non imponibilità IVA. Dunque, questi emette la fattura senza IVA, e l’acquirente ne avrà con sé una copia che sarà vistata dalle Dogane per poi farla pervenire (in copia) nuovamente al cedente entro 4 mesi dall’acquisto, al fine di provarne l’uscita della merce fuori dall’UE. Qualora l’acquirente non faccia recapitare al cedente entro il citato termine il documento fiscale vistato, quest’ultimo dovrà emettere nota di variazione e versare l’IVA all’erario;
- il cedente può emettere fattura con IVA. In tal caso, dunque, l’acquirente paga l’IVA ma potrà chiederne il rimborso tramite l’apposita procedura prevista (presentare in dogana la copia della fattura al fine di farla vistare così da comprovare l’uscita dei beni dal territorio UE e far pervenire copia al cedente). Solo dopo aver espletato tali adempimenti e, quindi, solo dopo che l’acquirente abbia fatto pervenire al cedente copia della fattura vistata, quest’ultimo potrà emettere la nota di variazione per l’IVA ed eseguire il rimborso dell’imposta all’acquirente extra UE. Ed è proprio in questo contesto che si inseriscono le società tax free, le quali non fanno altro che anticipare l’IVA al viaggiatore, il quale, dietro il pagamento di apposita commissione, riesce ad ottenere immediatamente il rimborso dell’IVA senza doversi preoccupare della restituzione della fattura vistata al cedente.
Tra le due opzioni, la prima è quella più rischiosa per quest’ultimo, poiché, come evidenziato anche dall’Agenzia delle Entrate,
“il cedente deve poter fare affidamento nell’effettiva esportazione dei beni e nella successiva ricezione della relativa documentazione entro i termini di legge, pena la riconfigurazione dell’operazione in imponibile, con il conseguente danno economico (rappresentato dalla pressoché certa irrecuperabilità dell’imposta addebitata al cliente estero), cui si aggiunge la sanzione dal 50 al 100% del tributo in caso di mancata regolarizzazione nei termini (art. 7, comma 2, D. Lgs. 471/1997)”. Nel secondo caso, invece, qualora il cittadino extra UE non dovesse esperire gli adempimenti previsti, il venditore italiano non andrà a rimetterci l’IVA.
La procedura
Da quanto appena esposto, dunque, lo stesso art. 38
-quater individua quale presupposto per ottenere l’agevolazione, l’emissione, a richiesta dell’acquirente, della fattura anziché il rilascio del solo scontrino fiscale, con la conseguenza che il cedente non potrà rifiutarla (questa, oltre a tutti gli elementi propri di cui all’art. 21 del DPR n. 633 del 1972, deve recare anche gli estremi del documento di riconoscimento del viaggiatore).
L’Amministrazione finanziaria nel giungere, sulla base di quanto anzidetto, alle conclusioni di cui in premessa, ricorda altresì che, con riferimento alle operazioni in commento, la procedura è stata digitalizzata a decorrere dal 1° settembre 2018. In dettaglio, a decorre dalla citata data, l’emissione delle fatture relative alle cessioni in esame deve essere effettuata dal cedente in modalità elettronica attraverso la piattaforma OTELLO 2.0 che ha, in sostanza, digitalizzato il processo per ottenere il “visto doganale” sulla fattura. Il processo si articola nelle seguenti tre fasi:
- il cedente emette e invia immediatamente la fattura tax free all’Agenzia delle dogane, tramite la predetta piattaforma e mette a disposizione del cessionario il documento in forma analogica o elettronica, con l’indicazione del codice ricevuto in risposta dal sistema informatico che ne certifica l’avvenuta acquisizione da parte dello stesso;
- il cessionario a sua volta si recherà in dogana, la quale verifica se il contenuto della fattura inviata ad OTELLO 2.0 dal cedente coincide con quanto esposto e, in caso di regolarità, inserisce nel sistema informativo l’avvenuta esportazione delle merci rilasciando il “visto digitale”;
- il cedente, a sua volta, tramite OTELLO 2.0, potrà verificare se e quando il visto è stato rilasciato.