Tutte le proposte emendative al Decreto-legge n. 11/2023 sulla cessione dei crediti presentate dal Consiglio Nazionale dei Commercialisti sono state accolte nel percorso parlamentare di conversione in Legge. Si tratta di norme di interpretazione autentica, quindi di particolare portata anche retroattiva, che chiariscono la facoltà e non l’obbligo di liquidazione di stati avanzamento lavoro per gli interventi diversi dai superbonus; la facoltà e non l’obbligo di inclusione nelle asseverazioni tecniche dell’attestazione di congruità delle spese relative all’apposizione del visto di conformità; la possibilità di accedere alla remissione in bonis nel caso di presentazione dell’allegato B, ai fini del sisma bonus e del super sisma bonus, successivamente al deposito del titolo edilizio o dell’inizio lavori; il perimetro temporale e oggettivo del requisito SOA per affidamento dei lavori in ambito superbonus. Accolta anche la proposta che delimita il perimetro dell’attestazione antiriciclaggio, uno dei documenti previsti per affrancare il cessionario dalla responsabilità per colpa grave, ai soli soggetti che sono controparti nelle operazioni.
“Esprimo grande apprezzamento – commenta il Presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio – per la disponibilità dimostrata dal Governo e dalle forze parlamentari nel recepire le nostre proposte e ringrazio, in particolare, il Ministro Giancarlo Giorgetti, il Vice Ministro Maurzio Leo, l’On.le Andrea de Bertoldi, relatore del provvedimento alla Camera, l’On.le Marco Osnato, Presidente della Commissione Finanze alla Camera e gli On.li firmatari degli emendamenti Saverio Congedo, Francesco Filini, Mariangela Matera, Nicole Matteoni, Stefano Giovanni Maullu e Guerino Testa”.
Per Salvatore Regalbuto, Tesoriere nazionale con delega alla fiscalità, “il Consiglio Nazionale ha avanzato delle proposte di natura tecnica che hanno risolto, peraltro con la formula rafforzativa dell’interpretazione autentica, numerosi dubbi applicativi, e ciò è motivo di particolare soddisfazione e rafforza la convinzione che il dialogo istituzionale non può che portare all’individuazione di soluzioni condivise che rendano le norme più chiare e quindi limitino il sorgere di contenziosi che non possono che nuocere sia ai cittadini che alla pubblica amministrazione”.
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