Tra i soggetti beneficiari delle misure di welfare aziendale di cui all’articolo 1, comma 16, della legge n. 213/2023 (legge di Bilancio 2024) - che ha disposto, per il solo anno di imposta 2024, l’innalzamento a 1.000 euro (in luogo del limite ordinario pari a 258,23 euro), del limite complessivo annuo di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente, sia dal punto di vista fiscale che contributivo, del valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, nonché delle somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, delle spese per l’affitto della prima casa, degli interessi sul mutuo relativo all’acquisto della prima casa - oltre ai titolari di reddito di lavoro dipendente possono essere annoverati anche i titolari di redditi assimilati a lavoro dipendente ovvero i co.co.co e gli amministratori di società di capitali.
È questo uno dei chiarimenti forniti dall’Inps nell’ambito del Tavolo tecnico tenuto con il CNDCEC il 12.11.2024 e riportato nell’Informativa n. 171/2024 dello scorso 12 dicembre, in cui vengono, tra l’altro, affrontati anche alcuni aspetti delle agevolazioni contributive di cui al Decreto Coesione (D.L. n. 60/2024, convertito, con modificazioni, in legge n. 105/2024), con particolare riguardo al Bonus Giovani (articolo 22) e al Bonus Donne (articolo 23).
A riguardo, è stato anzitutto chiarito che le suddette agevolazioni, considerata l’entità della misura di esonero, pari al 100% della contribuzione dovuta dal datore di lavoro, non risultano cumulabili con l’incentivo all’assunzione di beneficiari del trattamento NASpI di cui all’articolo 2, comma 10-bis, della legge n. 92/2012, pari, a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 24, comma 3, del decreto legislativo n. 150/2015, al 20% dell’indennità che sarebbe spettata al lavoratore se non fosse stato assunto per la durata residua del trattamento.
Con riferimento al Bonus Donne, inoltre, è stato chiarito che in caso di rapporti intermittenti, ai fini della verifica dello status di priva di impiego, si dà rilievo alla sola durata formale del rapporto, a nulla rilevando il numero di giornate effettivamente lavorate.
Da segnalare, infine, i chiarimenti forniti in merito alla “combinabilità” tra il Bonus Donne di cui sopra e l’esonero contributivo del 50% previsto dalla legge n. 92/2012 (articolo 4, commi 8-11) in caso di assunzione con contratto a tempo determinato di lavoratrici svantaggiate.
Sul punto, è stato evidenziato che l’esonero contributivo previsto dal decreto Coesione spetta per le sole assunzioni a tempo indeterminato. Pertanto, non può trovare applicazione in relazione alle assunzioni a tempo determinato né per le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti di lavoro a tempo determinato già in essere.
Conseguentemente, la trasformazione del contratto a termine (agevolato al 50% con l’esonero di cui alla legge n. 92/2012) non consente di fruire del “Bonus donne” al 100% previsto dal decreto “Coesione”.
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