15 aprile 2025

Agenzia delle Entrate, tassazione dei redditi da conciliazione giudiziale per lavoratori non residenti

Autore: Salvatore Cortese
Con la risposta ad interpello n. 98 del 14 aprile 2025, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito alla corretta qualificazione delle somme percepite in sede di conciliazione giudiziale, da parte di un lavoratore italiano che ha più volte cambiato residenza fiscale. Sono stati altresì…

La questione

Nel caso di specie, il lavoratore italiano – fiscalmente residente in Spagna - ha chiesto delucidazioni in merito alla possibilità di qualificare il reddito derivante dalla conciliazione giudiziale come reddito da lavoro dipendente, ai sensi degli articoli 49 e 51 del TUIR, e alla corretta individuazione del Paese avente la potestà impositiva, avendo, nel corso degli anni, cambiato diverse volte residenza (Federazione Russa, Cuba, Spagna).

Qualificazione delle somme percepite in sede di conciliazione giudiziale

In merito alla corretta qualificazione del reddito derivante dalla conciliazione giudiziale, l’Agenzia delle Entrate ricorda preliminarmente il principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente desumibile dalle disposizioni di cui agli articoli 49 e 51 del TUIR, in forza delle quali vi è totale imponibilità di tutto ciò che il lavoratore percepisce in relazione al rapporto di lavoro.

Inoltre, richiamando i chiarimenti di cui alla Circolare del Ministero delle Finanze n. 326/1997, ribadisce che rientrano nei redditi da lavoro dipendente anche “le somme e i valori, comunque percepiti, a seguito di transazioni, anche novative, intervenute in costanza di rapporto di lavoro o alla cessazione dello stesso”.

Per tale motivo, l’Amministrazione Finanziaria ritiene che le suddette somme vadano qualificate, in virtù della definizione onnicomprensiva contenuta nell'articolo 51 del TUIR, quali redditi da lavoro dipendente (Cfr. Risposta ad interpello n. 343 del 2022).

Potestà impositiva delle somme ricevute

Per quanto riguarda il Paese di tassazione delle somme percepite in sede di conciliazione giudiziale, l’Agenzia fa presente che occorre considerare l'intero rapporto lavorativo del beneficiario.

Ai fini del riparto della potestà impositiva, richiama, quindi, l’articolo 15, paragrafo 1 del Modello OCSE, secondo cui “i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un'attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell'altro Stato contraente. Se l'attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato”.

La suddetta disposizione, in sostanza, prevede la tassazione esclusiva dei redditi da lavoro dipendente nello Stato di residenza del beneficiario, a meno che l'attività lavorativa, a fronte della quale sono corrisposti, sia svolta nell'altro Stato contraente, ipotesi in cui i suddetti emolumenti sono assoggettati ad imposizione concorrente in entrambi i Paesi.

Pertanto, nell'assunto di una residenza fiscale in Italia fino ad un determinato anno (x-12 nel caso di specie), sarà soggetta ad imposizione esclusiva in Italia la quota parte delle somme ricevute relativa agli anni d'imposta dall'anno x­17 all'anno x­12, in cui il Contribuente ha lavorato nel territorio dello Stato.

Rispetto alla quota parte degli emolumenti riferiti alle predette annualità, quindi, non assume rilievo (al contrario di quanto ritenuto dal soggetto Istante) la Convenzione tra Italia e Spagna, posto che il nostro Paese risulta sia Stato di residenza, sia Stato di svolgimento della prestazione lavorativa.

Parimenti sarà assoggettata a imposizione in Italia la quota parte relativa al periodo in cui l'Istante ha lavorato a Cuba (dove si assume fosse, altresì, residente), giacché, in mancanza di una Convenzione per evitare le doppie imposizioni con tale ultimo Paese, si applica soltanto la normativa interna.
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