19 aprile 2025

IMU, esenzione per ciascun coniuge

Autore: Paola Mauro
I coniugi o gli uniti civilmente che effettivamente risiedono e dimorano in due diverse unità immobiliari situate nel medesimo territorio comunale hanno entrambi diritto all’agevolazione/esenzione prevista ai fini IMU per l’abitazione principale. Lo ha precisato la Corte di cassazione (Sez. 5 civ.)…

Il caso

Il giudizio riguarda una coppia di coniugi: il marito residente nell’immobile, di sua proprietà, di Via Gamma e la moglie residente nell’immobile di via Beta cointestato insieme al figlio.

Il Comune di Roma ha emesso nei confronti della donna un avviso di accertamento con il quale le ha richiesto il pagamento di una maggiore imposta oltre sanzioni e interessi, per un asserito insufficiente versamento dell’IMU per l’anno 2012 rispetto all’unità immobiliare da lei indicata come sua abitazione principale. Tale atto impositivo è stato confermato dalla C.T.P. di Roma, prima, e dalla C.T.R. del Lazio, poi, sulla scorta della considerazione che, ai sensi dell’art. 13, comma 2, del D.L. n. 301/2011, nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile.

Ebbene, la contribuente si è rivolta agli Ermellini sostenendo, con successo, che, alla luce della sentenza n. 209/2022 della Corte Costituzionale, i coniugi o gli uniti civilmente che risiedono e dimorano in due abitazioni situate nel medesimo territorio comunale hanno entrambi diritto all’agevolazione/esenzione prevista ai fini IMU per l’abitazione principale.

L’intervento manipolativo della Consulta

I giudici di Piazza Cavour hanno rilevato che, in effetti, la citata pronuncia della Consulta è intervenuta sulla formulazione dell’art. 13, comma 2, del D.L. n. 201/2011 e ha stabilito che per «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente»; pertanto la successiva giurisprudenza della Cassazione ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esenzione in discorso, che nell’immobile risieda il possessore, pur se il coniuge risiede stabilmente altrove (nel periodo di riferimento); non si tratta, infatti, di una “seconda casa”, poiché in quest’ultima ipotesi non spetterebbe l’esenzione, ma di residenze diverse, il che costituisce un diritto dei due coniugi, in virtù degli accordi sull’indirizzo della vita familiare liberamente assunti ai sensi dell’art 144 cod. civ.; non può, infatti, essere evocato – ha proseguito la S.C. - «l’obbligo di coabitazione stabilito per i coniugi dall’art. 143 cod. civ., dal momento che una determinazione consensuale o una giusta causa non impediscono loro, indiscussa l’affectio coniugalis, di stabilire residenze disgiunte e a tale possibilità non si oppongono le norme sulla residenza familiare dei coniugi (art. 144 cod. civ.) o sulla residenza comune degli uniti civilmente (art. 1, comma 12, della L. n. 76/2016); ciò non di meno, pur in assenza di convivenza col nucleo familiare, il diritto del contribuente all’esenzione per l’abitazione principale postula il concorso imprescindibile di residenza anagrafica e dimora abituale nell’immobile per il quale essa è stata invocata.»

Resta fermo, poi, che le cosiddette “seconde case” non possono usufruire dell’esenzione, sicché è responsabilità dei Comuni e le altre Autorità preposte di effettuare adeguati controlli.

Controllo sulla veridicità delle dichiarazioni

In particolare, i Comuni dispongono di efficaci strumenti per controllare la veridicità delle dichiarazioni, tra cui, in base a quanto previsto dall’art. 2, comma 10, lett. c), punto 2, del D.lgs. n. 23 del 2011, anche l’accesso ai dati relativi alla somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas relativi agli immobili ubicati nel proprio territorio; elementi dai quali si può riscontrare l’esistenza o meno di una dimora abituale.

Il rinvio al Giudice di merito

In definitiva, nel caso di specie, ad avviso dei Magistrati di Piazza Cavour, «L’affermazione resa dalla CTR, confermativa sul punto di quella ascrivibile alla CTP, è il frutto di una erronea interpretazione dell’art. 13, comma 2, del d.l. 201/2011 secondo cui, in presenza di coniugi con residenze anagrafiche diverse nello stesso Comune, il beneficio poteva essere goduto solo dal coniuge proprietario dell’immobile in cui il nucleo familiare dimorava abitualmente.»

Inoltre, la ricorrente aveva, nell’anno considerato (2012), presso l’immobile da lei indicato come abitazione principale sia la residenza anagrafica (come comprovato dal certificato rilasciato dall’Ufficiale di Anagrafe di Roma Capitale) sia la sua dimora, circostanza mai contestata dalla controparte e comunque risultante dalla documentazione in atti relativa al pagamento delle utenze domestiche (gas, luce, telefono) nonché della TARSU e del condominio.

Di conseguenza, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame.
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