Nessuna plusvalenza può essere contestata ai venditori con riguardo a un terreno sul quale insiste un fabbricato da demolire per l’edificazione di un altro di dimensioni maggiori. È quanto emerge dalla lettura dell’ordinanza n. 8531/2025 della Corte di cassazione – Sezione tributaria, depositata il…
Il caso
La Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di “seconde cure”, e ciò in quanto - nell’ambito di un giudizio scaturito dall’impugnazione di avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle Entrata recuperava a tassazione ai fini dell’IRPEF la plusvalenza asseritamente realizzata dai ricorrenti nell’anno 2009 a seguito della vendita di tre appartamenti, con annesso suolo e sovrastante stalla, oggetto di successione ereditaria - la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ha erroneamente sussunto la fattispecie nell’astratta previsione di cui all’art. 67, comma 1, lett. b), del T.U.I.R., sul non corretto presupposto che, agli effetti della citata norma, l’operazione negoziale andasse qualificata come cessione a titolo oneroso di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria.
Interpretazione dell’art. 67 T.U.I.R.
Gli Ermellini hanno motivato la decisione favorevole ai venditori evidenziando che la giurisprudenza di legittimità ha più volte avuto modo di precisare che, ai fini della tassazione separata, quali «redditi diversi», delle plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni dichiarati edificabili in àmbito di pianificazione urbanistica, l’alternativa fra «edificato» e «non edificato» non ammette un «tertium genus», con la conseguenza che l’alienazione di un edificio, anche ove le parti ne abbiano pattuito la demolizione e la successiva ricostruzione con aumento di volumetria, non può essere riqualificata dall’Amministrazione Finanziaria come cessione del sottostante terreno edificabile, neppure se il fabbricato non assorba integralmente la capacità edificatoria residua del lotto su cui insiste, essendo inibito all’Ufficio superare il diverso regime fiscale tassativamente previsto dal legislatore per la cessione degli edifici e per quella dei terreni (cfr. Cass. n. 5088/2019).
Sempre secondo la giurisprudenza di legittimità, la disposizione dell’art. 67, comma 1, lett. b), del T.U.I.R non è applicabile alle cessioni aventi a oggetto non già un terreno «suscettibile di utilizzazione edificatoria», bensì un terreno sul quale insorge un fabbricato, e quindi già edificato: ciò in quanto l’entità sostanziale del fabbricato non può essere mutata in quella di un terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni tratte da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, la cui realizzazione è futura (rispetto all’atto oggetto di tassazione) ed eventuale ed è rimessa alla volontà di un soggetto (l’acquirente) diverso da quello interessato dall’imposizione fiscale (cfr. Cass. n. 4150/2014, Cass. n. 7853/2016, Cass. n. 1674/2018, Cass. n. 10393/2019, Cass. n. 23077/2020, Cass. n. 39133/2021).
Il discorso vale – ha puntualizzato ancora la Corte - anche nel caso in cui l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e la ricostruzione dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente abbia richiesto la voltura nominativa dell’istanza, in quanto la «ratio» ispiratrice della norma in commento è quella di assoggettare a tassazione la plusvalenza scaturente non da un’attività produttiva del proprietario o possessore, ma dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica (cfr. Cass. n. 15629/2014, Cass. n. 1674/2018, Cass. n. 10393/2019). Non è, pertanto, possibile porre a carico del venditore del fabbricato sorto su terreno (già) edificabile un’asserita plusvalenza commisurata anche solo alla residua capacità edificatoria del suolo (cd. volumetria, cubatura o superficie coperta rimanente), né si deve pensare che in questo modo egli si sottragga ai propri obblighi fiscali, dovendo tenersi presente che nel prezzo di cessione dell’edificio, come nella rendita catastale, è computata anche la capacità edificatoria inespressa (Cass. n. 929/2024).
Ebbene, ai princìpi di diritto sin qui sposti, nel caso di specie, la C.T.R. non si è attenuta, con la conseguenza che gli Ermellini - non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto - hanno annullato il ricupero a tassazione, in accoglimento del ricorso originariamente proposto dai contribuenti.
Il Supremo Collegio ha addebitato le spese di lite all’Ufficio soccombente.
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