Il caso
Ebbene, Caia s’è opposta al decreto ingiuntivo a suo carico e il Tribunale, istruita documentalmente la causa, in accoglimento dell’opposizione, ha rigettato la domanda di pagamento, non ritenendo applicabili, nei confronti dell’opponente, la sanzione di cui all’art. 2320, comma 1, c.c. 1
Successivamente la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado, con la conseguenza che la causa è approdata in Cassazione, ma senza miglior fortuna per la creditrice.
Quest’ultima ha dedotto, in particolare, che, con la sottoscrizione della scrittura privata, la socia accomandante Caia aveva riconosciuto un debito della società impegnandosi a ripianare i debiti, con la conseguenza che avrebbe dovuto essere accordata, in applicazione dell’art. 2320 c.c., la sanzione della responsabilità illimitata per essere stato effettuato un atto di ingerenza nell’amministrazione.
Ebbene, gli Ermellini, respingendo il ricorso hanno evidenziato che è coessenziale alla struttura della società in accomandita semplice il principio, stabilito dall’art. 2318, comma 2, c.c., per cui l’amministrazione della società può essere conferita solo a soci accomandatari.
L’ingerenza nell’amministrazione è rigorosamente vietata ai soci accomandanti dall’art. 2320 c.c., il quale, al comma 2, aggiunge che il socio accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali e può essere escluso a norma dell’articolo 2286.
Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare (Cass. n. 11250/2016 e Cass. n. 4498/2018) che il socio accomandante assume la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, a norma dell’art. 2320 c.c., solo ove contravvenga al divieto di trattare o concludere affari in nome della società, o di compiere atti di gestione aventi influenza decisiva o almeno rilevante sull’amministrazione della stessa.
Alla luce del suddetto principio è stata cassata la sentenza di merito che aveva ritenuto finalizzata alla cogestione dell’amministrazione sociale la mera presenza nella rivendita commerciale della socia accomandante, senza procedere all’ulteriore disamina della natura dell’attività esercitata; mentre è stata confermata la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che la mera "presa di contatto" del socio con un’altra società, tesa a sondarne le intenzioni "transattive", non comportasse violazione del divieto di ingerenza.
È, altresì, principio consolidato della giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Cass. n. 3563/1979 e da Cass. n. 172/1987) quello per cui, per aversi ingerenza dell’accomandante nell’amministrazione della società in accomandita semplice, non è sufficiente il compimento, da parte dell’accomandante, di atti riguardanti il momento esecutivo dei rapporti obbligatori della società, ma è necessario che l’accomandante svolga una attività gestoria che si concreti nella direzione degli affari sociali, implicante una scelta che è propria del titolare dell’impresa.
Per i Massimi giudici, dunque, correttamente la Corte di merito ha concluso che con la sottoscrizione della scrittura privata in questione la socia accomandante - nel riconoscere un debito della società e nell’impegnarsi a ripianarlo - non aveva posto in essere un atto di ingerenza nell’amministrazione e non era, pertanto, divenuta illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali. Peraltro, al riguardo, il Collegio di secondo grado ha indubbiamente escluso che vi fosse la volontà di rinunciare alla limitazione di responsabilità, inerente alla condizione di socia accomandante.
Ne è conseguito il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento, in favore della parte resistente, delle spese del giudizio.
1Art. 2320, comma 1, c.c.: «I soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari. Il socio accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali e può essere escluso a norma dell'articolo 2286.»