8 aprile 2025

Rimborso IVA con interessi di mora

Cassazione tributaria, ordinanza depositata il 7 aprile 2025

Autore: Paola Mauro
La Sezione Tributaria della Corte di cassazione (ord. 7/04/2025 n. 9111) ha affermato il seguente principio di diritto: «In caso di rimborso del credito IVA, ai sensi dell’art. 38 bis, comma 1, D.P.R. 26/10/1972, n. 633, non si computa, ai fini della decorrenza degli interessi di mora, il periodo…

Il caso

Il contenzioso, in estrema sintesi, riguarda l’ammontare degli interessi calcolati su un rimborso IVA di ingente importo, chiesto da una S.p.a. con la dichiarazione presentata il 15/05/2020 ai sensi degli artt. 30 e 38-bis D.P.R. 26/10/1972, n. 633.

Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto errata la statuizione della sentenza della C.G.T. di 2° grado della Lombardia che ha considerato come dovuti gli interessi sulla somma oggetto di rimborso nel periodo compreso tra il 13/08/2020 e l’1/11/2020, senza tenere conto del periodo di sospensione tra la richiesta di documentazione da parte dell’Amministrazione finanziaria e la data di consegna di tale documentazione da parte del contribuente superiore a quindici giorni. La C.G.T., in particolare, non ha adeguatamente valutato le ragioni della richiesta di chiarimenti da parte dell’Ufficio e se questa fosse manifestamente dilatoria e superflua, tenuto conto delle concrete circostanze, tra le quali l’elevato ammontare del credito oggetto di rimborso, oltre che la sua cessione e l’esigenza di una compiuta identificazione del titolare e delle modalità di pagamento con efficacia liberatoria.

La Suprema Corte, dopo aver riepilogato il contenuto dispositivo dell’art. 38 bis, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972, ha rilevato che, in tema di rimborso, nonostante il margine di discrezionalità concesso agli Stati membri nel dare attuazione all’art. 183 Dir. 2006/112/CE del 28/11/2006 (hinc: Dir. 2006/112/CE), sia, comunque, necessario che non sia leso il principio della neutralità fiscale. Deve essere, quindi, garantito al soggetto passivo di recuperare la totalità del credito risultante dall'eccedenza cui egli ha diritto, in modo che il rimborso sia eseguito entro un termine ragionevole (Cass. 16101/2022). In ogni caso, secondo la giurisprudenza comunitaria, il sistema di rimborso adottato non deve esporre il soggetto passivo a rischio finanziario alcuno. Di conseguenza, qualora il rimborso dell'eccedenza di IVA non avvenga entro un termine ragionevole, il soggetto passivo ha diritto agli interessi di mora, perché altrimenti la sua situazione risulterebbe pregiudicata, in violazione del principio di neutralità. Sebbene l'art. 183 Dir. 2006/112/CE non preveda l'obbligo di corresponsione di interessi sull'eccedenza di IVA da rimborsare, né specifichi il “dies a quo” ai fini della determinazione relativa, il principio in questione comunque comporta che le perdite finanziarie generate da un rimborso eseguito oltre un termine ragionevole siano compensate dal pagamento di interessi di mora.

È stato, quindi, evidenziato che, per escludere la corresponsione degli interessi occorre stabilire che il rimborso sia stato eseguito entro un termine ragionevole, oppure che non sia configurabile la mora del debitore, ossia dell'Amministrazione, per mancanza di certezza del debito (Cass. n. 28333/2018; Cass. n. 28257 e 28258 del 2013). Tale termine ragionevole è stato individuato nell’art. 38 bis, comma 1, D.P.R. n. 633 del 1972 in novanta giorni, «non computando il periodo intercorrente tra la data di notifica della richiesta di documenti e la data della loro consegna, quando superi quindici giorni» (Cass. n. 25164/2022).

In sostanza – prosegue l’ordinanza di ieri -, il legislatore ha ritenuto di riservare all’Amministrazione un termine ragionevole per la decisione, fissandolo in novanta giorni e senza computare il periodo compreso tra la notifica della richiesta di documenti e la data della loro consegna. La decorrenza di tale termine non è scalfita da risposte del contribuente alla richiesta di documentazione in un margine di tempo (ristretto) al di sotto di quindici giorni. Superato tale termine la richiesta documentale, a prescindere dal momento in cui avvenga, sospende il termine ragionevole di novanta giorni che la legge concede all’Amministrazione finanziaria per la valutazione dell’istanza di rimborso del contribuente. La sospensione superiore a quindici giorni incide, quindi, sulla decorrenza degli interessi, a prescindere dal momento temporale in cui sia, eventualmente, collocata, e cioè tanto nei primi novanta giorni dalla presentazione dell’istanza che successivamente.

Pertanto – chiosano conclusivamente gli Ermellini -, «Avallare una lettura dell’art. 38 bis, comma 1, D.P.R. n. 633 del 1972 come quella sostenuta nella sentenza impugnata – che ritiene irrilevanti, ai fini della sospensione prevista nella norma, richieste documentali avanzate nel periodo di novanta giorni concesso all’amministrazione per decidere, anche ove superiori al periodo di comporto di quindici giorni previsto nella disposizione appena richiamata – finirebbe per privare l’amministrazione del termine ragionevole di novanta giorni concesso per la verifica dei requisiti necessari a dare riscontro positivo all’istanza di rimborso. Sul punto questa Corte ha rilevato, in modo condivisibile, che non è possibile ipotizzare una stasi dell'attività amministrativa a discrezione del contribuente e addossare all'amministrazione finanziaria l'onere di corrispondere gli interessi su somme che non può liquidare per fatto addebitabile al richiedente (Cass., 06/09/2013, n. 20510). Seguendo tale prospettazione, nel caso di specie, a fronte dell’istanza di rimborso avanzata in data 15/05/2020 e la richiesta di documenti del 25/05/2020, il deposito della documentazione al novantesimo giorno (13/08/2020) finisce per privare, in toto, l’amministrazione di un adeguato periodo di valutazione della documentazione necessaria per rispondere all’istanza di rimborso del contribuente. Al contrario l’art. 38 bis, comma 1, cit. incentiva la collaborazione e la sollecitudine del contribuente, grazie alla previsione che rende irrilevanti, ai fini della decorrenza del termine di novanta giorni, risposte alle istanze documentali dell’amministrazione finanziaria, inferiori a quindici giorni. Mantenersi al di sotto di tale termine implica, quindi, un’assoluta certezza dell’applicazione degli interessi riconosciuti dall’art. 38 bis cit. una volta decorsi novanta giorni dall’istanza.»

Da qui l’enunciazione del principio di diritto di cui s’è detto all’inizio, che ha determinato l’accoglimento del ricorso per cassazione proposto dalla Difesa erariale e il rinvio della causa ai giudici di secondo grado della Lombardia, per nuovo esame.
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