25 marzo 2014

COMMERCIALISTI CALPESTATI: PRETENDIAMO RISPETTO

Autore: Antonio Gigliotti
Cari amici,
mi accingo a scrivere anche oggi queste mie riflessioni in preda alla costernazione e allo stupore. In qualità di professionisti, portiamo sulle spalle il carico delle nostre delicate responsabilità. Un peso che grava sui nostri studi che con sacrifici e difficoltà facciamo andare avanti, giorno dopo giorno, scontrandoci spesso e malvolentieri con un impianto istituzionale e normativo obsoleto, duro e il più delle volte ottuso. Siamo professionisti vessati da una politica opportunista, legata alle poltrone e ai propri interessi più che a quelli del Paese. Una politica asfissiante e, nella maggior parte dei casi, priva di alcuna competenza. Una politica che si prende il lusso di metterci tutti nello stesso calderone, tacciandoci alla stregua di quella zona grigia sulla quale galleggia la mafia.

Ecco, siamo paragonati agli strateghi delle organizzazioni malavitose, dipinti come il motore e il cuore pulsante delle stesse. Ma chi è l’artefice di un quadro denso di cotanta infondata fantasia? Ebbene, un personaggio che siede da oltre vent’anni sugli scranni parlamentari senza aver contribuito minimamente al vero cambiamento del Paese, partecipando invece in maniera attiva all’affondamento dello stesso. Mi riferisco al parlamentare di lungo corso Rosy Bindi, presidente della Commissione antimafia, la quale ha affermato che “non c’è cronaca che non ci dica che uno i problemi principali per combattere la mafia oggi è quello di aggredire la zona grigia, fatta prevalentemente di professionisti, come avvocati, commercialisti, notai, operatori delle banche, imprenditori’’. Una frase forte quanto ingiustificata, che tende a dipingere l’intera categoria professionale come una grande ala protettiva sotto la quale possono nascondersi i (pochi) professionisti collusi con la mafia.

È assurdo! È vergognoso! È ignobile che tali parole siano state proferite dal capo di una Commissione parlamentare e che siano volte a una gratuita denigrazione dell’intero comparto professionale.

E sì, perché in quella frase vengono chiamati in causa tutti gli attori del contesto professionale di stampo giuridico ed economico.

Siamo arrivati davvero alla frutta, tutti contro tutti sperando alla fine di cogliere qualcuno, poco importa se invece del lupo si ammazza l’agnello!

Io sono un commercialista e con tutta franchezza mi sento profondamente coinvolto e irrimediabilmente ferito dalle esternazioni di un rappresentante delle istituzioni, stipendiato anche grazie alle tasse che io e i miei colleghi professionisti versiamo all’erario. Non accetto atteggiamenti del genere. Riconosco che possano esservi delle mele marce, ma la generalizzazione è un grave male che semina zizzania, sospetto e sfiducia.

Anche perché poi, se dobbiamo far la guerra sullo stesso campo di battaglia, parlando di corruzione verrebbe a galla che si tratta di un fenomeno che ha messo profonde radici più in Parlamento che tra gli Ordini professionali!

Pertanto ritengo di appoggiare, condividere e sottoscrivere le dichiarazioni recentemente diffuse dall’Unione degli ordini forensi della Sicilia, in base alle quali le espressioni della Bindi “sono assolutamente inesatte, improprie e approssimative e, soprattutto frutto di una inquietante distorta visione dell'avvocatura italiana, oltre che generiche e diffamatorie. Emerge una visione distorta del ruolo della difesa, delle garanzie e delle regole del giusto processo relegando la funzione difensiva a mero strumento di contiguità con gli imputati-clienti".

Affermazioni che non si esauriscono in questa forte presa di posizione, ma si concretizzano con la richiesta di dimissioni come atto dovuto al quale io stesso ritengo che Rosy Bindi non si possa sottrarre. Un parlamentare, nella fattispecie un presidente di Commissione, deve avere il coraggio dei propri errori e, in questo caso, non solo è obbligato a chiedere scusa per le offese, ma deve anche essere disposto a fare un inevitabile passo indietro.

Noi commercialisti siamo in prima linea su tutto, non ci limitiamo a scaldare delle poltrone come fanno loro in Parlamento, pertanto meritiamo un maggiore rispetto che a quanto pare una certa classe politica non è in grado di garantire. Par tale ragione mi auguro che, così come hanno fatto gli avvocati, anche dalla nostra categoria si levi una voce che chieda le dimissioni di Rosy Bindi.

RISPETTO. Parola abusata e quasi sconosciuta per i nostri politici. “Le compagnie più piacevoli sono quelle nelle quali regna, tra i componenti, un sereno rispetto reciproco”, scriveva Goethe. Parafrasando l’autore tedesco, potrei affermare che i Paesi più civili sono quelli dove il rispetto non è qualcosa di cui si può fare a meno.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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