27 novembre 2021

È solo l’inizio?

Autore: Paolo Iaccarino
Meglio non fare confusione. Il taglio delle aliquote Irpef e l’eliminazione parziale dell’Irap, misure sulle quali è stato trovato l’accordo politico all’interno della maggioranza, non hanno nulla a che vedere con la riforma fiscale. Questa dovrà ancora trovare la luce, speriamo nel senso della semplificazione.

L’articolo 2 del disegno di Legge della prossima manovra finanziaria, così come approvato dall’esecutivo, bollinato dalla Ragioneria dello Stato e approdato in Senato, già dedicava alla riduzione della pressione fiscale un ammontare di risorse pari a 8 miliardi di euro annui, da investire a decorrere dal 2022. Gli stessi 8 miliardi per i quali oggi è stato trovato l’accordo politico. Come la precedente Legge di stabilità che, con efficacia differita, aveva istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze un Fondo di dotazione dedicato alla riduzione. Ieri come oggi ulteriori risorse (quasi 20 miliardi di euro) sono state dedicate alla progressiva riduzione della pressione fiscale.

Dallo studio delle nuove aliquote e dei nuovi scaglioni emerge una riduzione poco significativa, sia in termini assoluti che relativi. Analizzando l’imposta lorda, senza considerare le addizionali regionali e comunali, le imposte si riducono del 4,15% (pari a 320 € annui) per il contribuente che dichiara 30.000 €, del 6,01% (pari a 920 € annui) per il contribuente che dichiara 50.000 €, del solo 0,98% (pari 270 € annui) per il contribuente che dichiara 80.000 €. Nulla cambia al di sotto dei 28.000 € di reddito, scaglioni non interessati dalla proposta di riduzione.

Evidentemente troppo poco per ottenere effetti significativi e tangibili nella vita quotidiana dei contribuenti. Soprattutto considerando che la vera riforma fiscale che dovrà essere varata nei prossimi mesi ha nei suoi obiettivi la riprogrammazione delle detrazioni fiscali e l’eliminazione di regimi di imposta sostitutiva. Azioni che, modificando le basi imponibili, potrebbero vanificare il tentativo pluriennale di riduzione delle imposte.

La scelta di come impiegare le risorse, inoltre, non appare del tutto corrispondente alla bozza di manovra ed alla Legge finanziaria del 2020.
Nei predetti documenti la riduzione dell’Irpef sembrava essere dedicata alla riduzione della pressione fiscale nei confronti dei soli lavoratori dipendenti, con la programmazione di azioni incentrate sulla riduzione del cuneo fiscale. In tal senso l’obiettivo fissato dal Governo prevedeva espressamente la riduzione dell’incidenza dell’imposta dei redditi con la finalità di ridurre il cuneo fiscale sul lavoro e le aliquote marginali effettive, da attuarsi mediante una revisione organizza del sistema delle detrazioni per redditi da lavoro dipendente e del trattamento integrativo. La Legge finanziaria per il 2020, andando oltre, imponeva l’utilizzo di una quota non inferiore a 5 miliardi di euro e non superiore a 6 miliardi di euro per l’attuazione dell’assegno unico universale e l’erogazione di servizi alla famiglia.

L’accordo politico raggiunto sembra virare rispetto ai programmi del passato. La riduzione generalizzata delle aliquote Irpef e la rimodulazione degli scaglioni, in senso assolutamente condivisibile, non favorisce né penalizza nessuno. Per questo motivo la scelta si mostra in assoluta controtendenza rispetto al passato. Per molti anni, causa un cuneo fiscale diventato insostenibile (anche per il peso previdenziale), tutte le azioni di reale riduzione delle imposte erano orientate verso i lavoratori dipendenti, come se solo essi fossero gli unici impegnati a concorrere alle casse dello Stato. Escludendo il regime forfettario, unica valvola di sfogo per i piccoli imprenditori e professionisti, ogni azione era relegata nel mondo del lavoro subordinato, creando inevitabilmente una condizione di iniquità nel sistema.

Da questa sottile sfumatura e dal primo acerbo tentativo di riduzione della pressione fiscale, l’auspicio di contribuenti ed operatori del settore è quello di ricevere in dono un sistema tributario rinnovato, meno gravoso per tutti, più equo in ragione della tipologia di reddito e, finalmente, semplificato. Forse è chiedere troppo.
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