“Non è intenzione del Governo procedere alla proroga delle misure relative agli interventi nelle forme finora conosciute”. Le parole con le quali il Ministro dell’Economia e finanze Giancarlo Giorgetti chiude definitivamente il capitolo delle cessioni dei bonus edilizi lasciano, dietro di loro, devastazione e miseria. Nessuna idea concreta per lo sblocco del mercato delle cessioni. Come prevedibile.
Considerato l’andamento dell’economia nazionale ed internazionale, in un contesto di risorse scarse ed in previsione di una manovra più magra del previsto, l’Esecutivo ha tutto l’interesse affinché i crediti edilizi restino giacenti sui cassetti fiscali dei contribuenti incapienti. Solo con la compensazione, infatti, i crediti peseranno concretamente sul bilancio dello Stato.
Oltre le misure di facciata, perché spingere gli istituti di credito all’acquisto dei crediti fiscali che non hanno ancora trovato collocazione, gli unici effettivamente in grado, su larga scala, di compensare, quando, restando sulla carta, gli stessi crediti non peseranno sul bilancio dello Stato e si dissolveranno magicamente al sole del nuovo anno? Forse, per raggiungere questo obiettivo, i lauti margini derivanti dalla compravendita dei crediti edilizi sono stati barattati con altre misure a favore del mondo bancario, nel breve o medio termine?
Qui, in questa potenziale unione di intenti fra Governo e mondo bancario, la possibile spiegazione dello stallo attuale. Le misure apportate dal DL 11 del 2023 ai fini della limitazione della responsabilità solidale del cessionario in caso di colpa grave avrebbero dovuto imporre un impulso ben diverso e alimentare un mercato di primo e secondo livello, fino all’epoca bloccato proprio a causa dei labili confini delle responsabilità. Di tutta risposta gli istituti bancari hanno chiuso definitivamente i propri sportelli, rinunciando ai lauti guadagni. Una scelta antieconomica che non trova spiegazione.
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