I nodi arrivano al pettine. Dopo la pubblicazione del decreto collegato alla manovra finanziaria e le anticipazioni del decreto legislativo relativo al calendario dei versamenti e degli adempimenti, al vaglio del Consiglio dei Ministri di lunedì 23 ottobre 2023, le aspettative perdono quota e si avvicinano inesorabilmente alla realtà. Rateazione del secondo acconto, ma non per tutti. Trasmissione dei modelli REDDITI nei primi giorni di ottobre, senza alcuna reale semplificazione. Così, in estrema sintesi, si prospetta la nuova stagione dichiarativa.
Dopo mesi di annunci, l’articolo 4 del Decreto Legge n. 145 del 2023 rappresenta la prima vera delusione. Il rinvio del versamento della seconda rata di acconto delle imposte dirette, limitato ai contribuenti persone fisiche titolari di partita iva con ricavi e compensi non superiori a 170.000 euro, lascia interdetti. L’ambito di applicazione limitato, complice l’esclusione dal computo dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi assicurativi INAIL, determinerà inevitabilmente un aggravio delle attività necessarie per la corretta determinazione delle somme da versare. Piccoli vantaggi per i contribuenti, maggiori adempimenti per i commercialisti.
Che dire, poi, dell’annunciata razionalizzazione del calendario fiscale, con l’anticipazione dei termini di trasmissione delle dichiarazioni dei redditi? In teoria un’ottima idea, in pratica una pessima scelta. Il problema, contrariamente da quanto affermato dal viceministro Maurizio Leo, non è la tempistica con la quale l’Amministrazione finanziaria rende disponibili i modelli dichiarativi. Anche pubblicandoli a gennaio non vi sarebbe il tempo per adempiere con la necessaria serenità.
Progressivamente negli anni, infatti, le dichiarazioni dei redditi, da strumento di mera rendicontazione economica, sono diventate un sussidiario nel quale includere qualsivoglia tipologia di informazione. Aggravio informativo inutile per la determinazione delle imposte e, perfino, per l’esercizio dell’attività di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria. Si pensi ai dati richiesti nel quadro RU dedicato ai crediti d’imposta.
Ormai solo in casi davvero eccezionali l’omessa compilazione costituisce una causa di decadenza dell’agevolazione. Imporne la redazione, quando l’utilizzo del credito d’imposta è un’informazione già nota all’Amministrazione finanziaria, nel momento stesso in cui questo avviene, costituisce un esercizio di mero di stile, che non tocca il portafoglio dei contribuenti, ma ruba tempo ai commercialisti. Soprattutto considerando che solo dall’utilizzo del credito d’imposta, e non certo dalla sua indicazione nel quadro RU, può scaturire una violazione tributaria.
Ecco la verità. Per anticipare i termini di trasmissione delle dichiarazioni dei redditi è necessario snellirle. Come, più in generale, è necessario fare i conti con la realtà. Siamo ancora troppo lontani dal comprendere quali sono le reali esigenze di semplificazione, figuriamoci per attuarle.
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