Il decreto legge appena varato rinvia di 6 mesi per tutte le imprese senza distinzione dimensionale, gli effetti dei nuovi sistemi di allerta, in quanto le segnalazioni agli Organismi di Composizione della Crisi si dovranno fare a decorrere dal 15 febbraio 2021.
Sia per le denunce interne, poste in essere dai sindaci e dai revisori, sia per quelle obbligatorie eseguite dai creditori pubblici.
Bocce ferme per le modifiche apportate dal decreto Milleproroghe - Fissato in origine al 16 dicembre 2019, degli organi di controllo o del revisore preposti a vigilare sugli assetti organizzativi delle imprese per prevenire la crisi, viene così postergato, nel fragoroso silenzio del mancato adeguamento alla prima data.
Il legislatore ha modificato l'articolo 379, comma 3, primo periodo, del Codice della crisi, stabilendo che
occorre provvedere a nominare gli organi di controllo o il revisore entro la data di approvazione dei bilanci relativi all'esercizio 2019, stabilita ai sensi dell'articolo 2364, secondo comma, del codice civile.
Da ciò discende che il primo bilancio da revisionare sarà quello relativo all'esercizio che chiuderà il 31 dicembre 2020.
Tutto ciò alla luce della natura dell’
attività di revisore legale, che non è un’attività puntale su un particolare atto che si svolge al
termine dell’esercizio, ma è
un’azione pianificata che deve essere svolta in forma continuativa nel corso dell’intero esercizio sociale.
La modifica del Milleproroghe implica che le imprese hanno a disposizione tra i quattro e i sei mesi in più per conformarsi, e nello stesso tempo dotarsi degli assetti che permettano al revisore di verificare la presenza di possibili
allert che possano minacciare la continuità aziendale e i rapporti con gli attori che gravitano attorno all’azienda.
Nessuna informazione, però, viene data in merito alle società che hanno già nominato i revisori.
Quindi si deduce che i revisori già nominati prima dell'approvazione dei bilanci 2019, non potranno esimersi dal procedere a verifiche e controlli dei conti chiusi al 31 dicembre 2019.
Decreto correttivo Ccii - Nella riunione del Consiglio dei ministri del 13 febbraio 2020 è stato affrontato, in esame preliminare, il decreto legislativo correttivo del
Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Ccii).
Il decreto interviene a chiarire il contenuto di alcune disposizioni:
-
chiarire la nozione di crisi, sostituendo all’espressione “difficoltà” quella di “squilibrio” e ridefinendo il cosiddetto “indice della crisi”, in modo da renderlo maggiormente descrittivo di una situazione di insolvenza reversibile piuttosto che di una situazione di predizione di insolvenza;
- riformulare le norme riferite alle situazioni in presenza delle quali è possibile presumere lo svolgimento, da parte di un’impresa, dell’attività di direzione e coordinamento;
-
chiarire la nozione di gruppo di imprese, precisando che sono esclusi dalla definizione normativa oltre che lo Stato anche gli enti territoriali;
-
ridefinire le “misure protettive” del patrimonio del debitore;
- rendere più stringenti le norme relative alla individuazione del componente degli “Organismi di composizione della crisi d’impresa” (OCRI) riconducibile al debitore in crisi.
Per dare luce sul primo punto del decreto occorre partire dalle definizioni che ci fornisce il CCII all’art.2 punto a): «crisi»: lo stato di “difficolta'”, sostituito con
squilibrio economico-finanziario che rende
probabile l'insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate; questo per mettere inevidenza che la legge è volta alla prevenzione. Quindi una situazione assolutamente ancora modificabile, da poter porre nuovamente in equilibrio, ridefinendo anche gli indici che ne permettono il rilievo fisiologico.
Il legislatore, dunque, chiarisce in modo inequivocabile che il codice
non è il decalogo della prescrizione di una cura, post sintomatica, di default.
Il decreto interviene nel secondo punto, invitando a
“riformulare le norme riferite alle situazioni in presenza delle quali è possibile presumere lo svolgimento, da parte di un’impresa, dell’attività di direzione e coordinamento”. Si fa riferimento, ancora, a un momento predittivo, ovvero al quel sufficiente periodo di controllo, in cui è ancora possibile correggere “gli squilibri”, l’imprenditore continua a svolgere tutte le azioni ordinarie, coordinate che garantiscano il normale funzionamento e allo stesso tempo possa aggiustare il tiro, attraverso azioni gestionali ripristinanti, il fisiologico funzionamento economico finanziario. Un esempio è l’adozione di strumenti di business intelligence.
Al terzo punto si fa riferimento al «gruppo di imprese» che il punto h) dell’art. 2 del CCII definisce: l'insieme delle società, delle imprese e degli enti, escluso lo Stato, che, ai sensi degli articoli 2497 e 2545-septies del codice civile, sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica, sulla base di un vincolo partecipativo o di un contratto; a tal fine si presume, salvo prova contraria, che:
- l’attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci;
- siano sottoposte alla direzione e coordinamento di una società o ente le società controllate, direttamente o indirettamente, o sottoposte a controllo congiunto, rispetto alla società o ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento.
Nel decreto si precisa che rimangono esclusi dalla definizione normativa
oltre che lo Stato anche gli enti territoriali.
Al quarto punto il decreto chiede di
ridefinire le “misure protettive” del patrimonio del debitore, Diamo una definizione all’Art. 2:
p) «misure protettive»: le misure temporanee disposte dal giudice competente per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza;
q) «misure cautelari»: i provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell'impresa del debitore, che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti delle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza.
Quindi:
-
misura protettiva = tutela del debitore avverso iniziative dei creditori;
-
misura cautelare = tutela dei creditori avverso atti pregiudizievoli del debitore.
Il nuovo Codice della crisi d’impresa mette un tetto di 12 mesi alla possibilità per il debitore di utilizzare le “misure protettive”, che bloccano le azioni esecutive e cautelari dei creditori contro il suo patrimonio. Un limite introdotto per recepire la direttiva Ue Insolvency (2019/1023), ma che si scontra con i tempi spesso più lunghi che i concordati hanno in Italia.
Il termine non è prorogabile e include anche l’eventuale periodo di protezione chiesto durante la fase di allerta (fino a sei mesi).
Con la conseguenza che la paralisi delle azioni dei creditori potrebbe venire meno, mentre la procedura di concordato è ancora in corso, facendola quindi, di fatto, decadere.
Il tempo previsto, quindi, si teme sia insufficiente a evitare un boom di segnalazioni.
Tra le modifiche scopriamo quella che fa riferimento agli Albi dei professionisti deputati delle funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di crisi, costituendo così omogeneità tra i componenti il collegio degli esperti: questi dovranno essere scelti tra dottori commercialisti ed esperti contabili o avvocati, che abbiano svolto funzioni di commissario giudiziale, attestatore o abbiano assistito il debitore nella presentazione della domanda di accesso in almeno tre procedure di concordato preventivo che abbiano superato la fase dell’apertura o tre accordi di ristrutturazione dei debiti che siano stati omologati.
.