6 maggio 2020

Falso in bilancio contestabile ai soli sindaci

Autore: Giovanni Colombi
Lo scorso 3 aprile la V sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha emesso la sentenza nr. 11308-20 incentrata sulla condotta di due sindaci di una Spa caduta in disgrazia e sottoposta a procedura concorsuale. Una sentenza poco commentata, ma degna di nota (almeno a nostro parere).

La sentenza, corposa e molto articolata, merita la dovuta attenzione da parte di tutti i Colleghi “Sindaci” di Società, specie in questa “stagione di bilanci”.

La fattispecie – Senza entrare nello specifico delle condotte omissive attribuite alle Colleghe coinvolte nel processo penale di cui alla Sentenza oggetto del presente contributo, preme incentrare la nostra attenzione, seppur in maniera (forse) eccessivamente sintetica, su due aspetti che emergono “prepotentemente” dalla lettura della stessa, nonché su alcune riflessioni collaterali, non prive di pregio.

In primo luogo viene imputato ai due Sindaci una generale “trascuratezza e superficialità” nella conduzione delle verifiche periodiche e nella stesura delle relazioni, tanto che nei vari gradi di giudizio sono emersi, dall’esame degli elaborati, incauti “copia-incolla” che mostravano all’interno dei documenti della fallita nomi di altre società, quasi che “pezzi di verbali/relazioni” fossero stati tratti acriticamente da altri lavori affini.

In secondo luogo la fallita ha, negli anni, “salvato” i propri bilanci con fantasiose fatture mai riscosse e, fattispecie particolarmente eclatante, con la robusta rivalutazione di una partecipazione per oltre 3 milioni di euro, senza che il Collegio Sindacale “battesse ciglio” sull’entità e sulla congruità della stessa. Inutile dire che tale rivalutazione si è rivelata, ex post, priva di effettiva sostanza economica e, stando al tenore letterale della sentenza, priva di una qualsivoglia perizia (così deduciamo noi).

Tra le righe, la Suprema Corte sottolinea “pericolosi” rapporti di familiarità fra i soci della società fallita ed i Sindaci (legati ad altre società della famiglia), nonché con il commercialista della Società: il tutto a sottolineare come l’indipendenza fosse concretamente minata, tanto da arrivare a definire la condotta dei Sindaci “connivente” e “totalmente rinunciataria ed abdicativa dei propri compiti di controllo e verifica”!

Reato di bancarotta impropria / Falso in bilancio – La particolarità della vicenda penale vissuta dai due Sindaci è che il reato di bancarotta impropria è stato loro contestato senza che agli amministratori venisse contestato il falso di bilancio!

Su questo punto la Suprema Corte puntualizza: “L’ipotesi di falso in bilancio seguita dal fallimento della società considerata nel comma secondo n. 1 dell’art. 223 LF non costituisce un’ipotesi aggravata del reato societario, ma un autonomo titolo di reato che si inquadra nel paradigma della bancarotta fraudolenta impropria. Infatti l’indicata disposizione di legge fa riferimento esplicito ai fatti (non ai reati) preveduti dalle norme del codice civile: non considera cioè il reato di falso in bilancio (per punirlo più gravemente in caso di fallimento), bensì il fatto della falsificazione del bilancio societario, commesso dagli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società dichiarate fallite, per punirlo come bancarotta fraudolenta.”

Gli Ermellini sentenziano, inoltre, come “la responsabilità in ordine al reato di bancarotta fraudolenta “impropria” è configurabile in capo ai sindaci, per violazione dei doveri di vigilanza e dei poteri ispettivi che competono loro.

Riflessioni finali – Premesso che nel presente scritto ci siamo dovuti “accontentare” di un riassunto, estremamente sintetico, della Sentenza in commento, come sempre ci piace trarre qualche spunto di riflessione e, forse, di insegnamento.

Dalla lettura della sentenza appare di tutta evidenza l’importanza di dedicare la necessaria cura alla stesura dei verbali delle verifiche periodiche, delle relazioni di bilancio e, ovviamente delle carte di lavoro: nel farlo non dobbiamo mai dimenticare che noi oggi rappresentiamo, in essi, l’attualità del momento che stiamo “fotografando”, e lo facciamo in un momento in cui il futuro, ovviamente, non ci è noto. Non possiamo (e non dobbiamo) dimenticare che quando qualcuno, specie in sedi delicate come la Procura della Repubblica, esaminerà i nostri scritti ed i nostri elaborati, conoscerà i fatti accaduti successivamente rispetto all’epoca storica ritratta nei nostri elaborati e si chiederà se, al momento della loro stesura, gli estensori potevano in qualche modo prefigurare ciò che sarebbe accaduto e, in caso affermativo, perché non lo hanno fatto, specie se gli accadimenti successivi dovessero essere negativi!

Ovviamente giudicare ex post è più semplice che “vivere il momento” ed assumere determinate decisioni, ma questa non potrà mai essere una strategia difensiva, quindi teniamone conto.

Ancora una volta, “prepotente”, fa capolino lo scetticismo professionale: le Colleghe, col senno di poi, ne hanno (purtroppo) mostrato assai poco, accettando in modo (sembrerebbe) “passivo” qualsiasi asserzione di bilancio proposta dall’organo amministrativo: l’insegnamento è “sempre quello”, dubitare di tutto, mettere in discussione tutto, anche perché nel “momento della verità” vale il vecchio adagio “ciascuno per sé e Dio per tutti”, ovvero possiamo essere sicuri che l’organo amministrativo, pur di scansare qualche scomoda responsabilità, non si farà alcun problema a coinvolgere l’organo di controllo.

Infine l’indipendenza: i rapporti amicali e gli “atti d’amore” (per parafrasare un’espressione tanto inflazionata in questi giorni) nei confronti dei soggetti di cui siamo organo di controllo non sono premianti: magari ci consentono di mantenere a lungo gli incarichi o di non scontentare un Collega commercialista che ci ha “passato l’incarico”, ma a quale prezzo, specie se rapportiamo i rischi sopportati con i compensi (magri) che ritraiamo.

La Cassazione, ancora una volta sembra dirci: se assumete l’incarico, dovete svolgerlo al meglio delle vostre capacità e conoscenze, pertanto, meditate gente, meditate…
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