Il D.Lgs. 139/2015 è intervenuto anche sui principi generali sottesi alla redazione del bilancio dell’esercizio, introducendo il criterio della prevalenza della sostanza sulla forma.
A tal proposito va anche ricordato come, con la riforma del diritto societario del 2004, il legislatore avesse stabilito, al n. 1 del comma 1 dell’articolo 2423 bis, che la valutazione delle voci deve essere fatta “tenendo conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo e del passivo considerato”.
La formulazione scelta, in quella occasione, non brillava certo per chiarezza tant’è che, nella relazione illustrativa, era stato spiegato come l’espressione funzione economica si riferisse esplicitamente al principio di prevalenza della sostanza sulla forma.
Il riferimento alla funzione economica riferita agli elementi dell’attivo e del passivo dello stato patrimoniale aveva però generato molti dubbi a livello interpretativo, evocando il concetto di destinazione.
Proprio per questo motivo, il legislatore, con il D.lgs. 139/2015, usufruendo della facoltà concessa dalla direttiva comunitaria, è intervenuto ancora una volta, sul punto, sopprimendo la disposizione in questione ed introducendo un nuovo numero 1-bis), che ha consacrato in modo molto chiaro l’affermazione del principio della sostanza: “la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza economica dell’operazione e del contratto”.
Infatti, la successiva relazione illustrativa ha precisato come la nuova formulazione della norma ha consentito di chiarire che la sostanza va riferita al contratto e/o all’operazione, piuttosto che alla voce dell’attivo e/o del passivo di bilancio, superando tutti i dubbi interpretativi che si erano man mano generati.
La stessa relazione poi fa riferimento alla necessità che sia lo stesso OIC, nella sua attività di revisione dei principi contabili, al fine di adeguarli alla nuova disciplina del bilancio, a dover prevedere l’applicazione concreta di questo principio generale.
Quando si parla di conflitto fra “forma” e “sostanza”, un caso emblematico è dato, naturalmente, da quello della rappresentazione del leasing finanziario.
Il nostro legislatore, fino ad adesso, discostandosi da quella che era la prassi contabile internazionale, ha sempre continuato ad avallare la rappresentazione dell’operazione sulla base del metodo patrimoniale, che privilegia la forma rispetto alla sostanza.
Diversamente è stato l’approccio dello IAS 17, che ha sempre previsto l’applicazione del metodo finanziario, o meglio: il bene acquisito in leasing viene iscritto nell’attivo del soggetto utilizzatore a fronte della rilevazione del debito nei confronti della società di leasing.
Concludiamo evidenziando che l’assimilazione, ai fini delle imposte sui redditi, dei beni in leasing a quelli in proprietà comporta, per le imprese che adottano i principi contabili internazionali, una serie di ulteriori conseguenze sulla deduzione di altri componenti negativi e sulla tassazione di taluni componenti positivi di reddito. In primo luogo, infatti, per tali soggetti non trovano applicazione i limiti di durata del contratto di leasing previsti dal comma 7 dell’art. 102 TUIR ai fini delle deducibilità dei canoni imputati al conto economico.
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