14 aprile 2021

Il revisore legale: scettico per professione

Autore: Franco Rubino e Alfonso Falace
Normalmente si dice che ogni lavoro deve essere eseguito con la “diligenza del buon padre di famiglia” e tante altre volte si sente parlare di “diligenza professionale” (in genere se ne parla per i membri del collegio sindacale).

Oltre la “diligenza del buon padre di famiglia e la diligenza professionale”, nell’espletamento dell’esercizio della professione di Revisore Legale viene richiesto che tale lavoro venga svolto sempre con un atteggiamento costantemente dubitativo, ovvero con “scetticismo professionale” (volendo usare la terminologia anglosassone “Professional skepticism”).

Quest’ultimo, quale vero e proprio “dovere” del Revisore Legale, è normato dalla legge ordinaria (art. 9 commi da 2 a 4 del d.lgs. n.39 del 2010) che ne fornisce una puntuale definizione nonché dall’applicazione dei principi di revisione (Isa 200 punto 15 - da A18 a A22).

Lo “scetticismo professionale” non è altro che un atteggiamento caratterizzato da:
  • un approccio sempre dubitativo;
  • un costante monitoraggio di quei presupposti che, in qualche modo, potrebbero indicare potenziali inesattezze dovute ad errori e/o frodi;
  • una valutazione critica della documentazione presa in considerazione.

Il Revisore Legale, durante lo svolgimento del proprio lavoro e per tutto il periodo di durata della revisione legale, eserciterà lo “scetticismo professionale” in particolare durante la revisione delle stime fornite dalla direzione riguardanti:
  • l’equo valore;
  • la riduzione di valore delle attività;
  • gli accantonamenti;
  • i flussi di cassa futuri;
  • la capacità dell’impresa di continuare come un’entità in funzionamento.

A solo titolo esemplificativo, lo “scetticismo professionale” deve incentrarsi prevalentemente su:
  • gli elementi probativi acquisiti in contraddizione tra di loro;
  • le informazioni che riguardano l’attendibilità dei documenti e delle risposte alle indagini che saranno utilizzate come elementi probativi;
  • particolari situazioni che possono segnalare possibili frodi;
  • circostanze che richiedono necessariamente ulteriori procedure di revisione rispetto a quelle richieste dai principi di revisione.

Qualora il Revisore Legale volesse, in qualche modo, ridurre rischi e responsabilità sarà necessario:
  • non trascurare circostanze inusuali;
  • non generalizzare nel trarre le dovute conclusioni in base alle osservazioni effettuate nel corso della revisione;
  • non utilizzare assunzioni inappropriate per determinare la natura, la tempistica e l’estensione delle procedure di revisione e valutarne i risultati.

In caso di dubbi sull’attendibilità dei dati, delle informazioni e/o di eventuali indizi di possibili frodi, il Revisore Legale, in applicazione dei principi di revisione, deve necessariamente svolgere ulteriori indagini per determinare le modifiche e le integrazioni da apportare alle procedure di revisione al fine di risolvere la questione.

Il Revisore Legale certamente non dovrà ignorare l’esperienza passata riguardo l’onestà e l’integrità della direzione e dei responsabili delle attività di governance dell’impresa. Tuttavia, pur nella piena convinzione che la direzione e i responsabili delle attività di governance siano onesti e integerrimi, non può esimersi dal mantenere il necessario “scetticismo professionale”.

In conclusione è bene sottolineare come la ratio della norma e dei principi di revisione sia quella di garantire, quanto più possibile, la terzietà del Revisore Legale rispetto alla società assoggettata a revisione (cioè massima estraneità tra il soggetto che commissiona l’incarico di revisione ed il Revisore Legale).

In questo caso, la chiusura con una chiarificazione è d’obbligo: ritenere che il Revisore Legale sia uno “scettico per professione” non è una battuta ma una realtà.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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