L’art. 6 Decreto Liquidità (
Dl 23/2020), come modificato dalla legge di bilancio 2021 (
l. 178/2020) aveva già stabilito che
“per le perdite emerse nel corso dell’esercizio alla data del 31 dicembre 2020 non si applicano gli articoli 2446, co. 2 e 3, 2447, 2482-bis, co. 4, 5, 6 e 2482-ter cod. civ. e non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, co. 1, n. 4 e 2545-duodecies cod. civ.”.
Per effetto di un emendamento inserito nel Decreto Milleproroghe (
Dl 228/2021), tale artificio, teso a introdurre una “sospensione delle perdite” attraverso una sterilizzazione delle stesse, viene esteso anche alle perdite relative all’esercizio 2021: per quanto descritto, l’adozione dei successivi e necessari strumenti diretti alla riduzione della perdita di oltre un terzo, ovvero, al ripristino del capitale sociale nei limiti del minimo legale viene posticipata al quinto esercizio successivo, demandando ogni decisione all’assemblea che approva il bilancio. Ma per poter applicare la “deroga” al Codice civile senza incorrere nelle responsabilità che potrebbero manifestarsi ex post nel caso di continuazione dell’attività senza prospettive di recupero, bisogna entrare nella ratio della norma in oggetto. Essa introduce una fictio juris che, tuttavia, è ben lungi dall’essere una sospensione tout court delle norme a tutela dell’integrità del capitale sociale, quanto piuttosto una facoltà esperibile solo laddove, indagata la continuità aziendale, non si intravvedano rischi per la prosecuzione dell’attività e per il recupero delle perdite congelate.
La problematica investe almeno due aspetti di rilevante importanza: da un lato, la verifica circa la recuperabilità delle perdite di esercizio 2020 e 2021 ed il fatto conseguente che esse non comportino, oltre alla riduzione del patrimonio netto, anche incertezze sulla continuità aziendale; dall’altro, i compiti dell’organo di controllo e del revisore. Gli amministratori dovranno, affinché la facoltà di sospensione delle perdite sia esercitabile, convocare tempestivamente l’Assemblea dei soci e rappresentare quale è l’origine di esse, isolando quelle del 2020 e del 2021, predisponendo, al contempo, una situazione patrimoniale, economica e finanziaria dalla quale si dimostri di aver indagato il principio della continuità aziendale: un vero e proprio action plan. In questo contesto, dunque, più complessa è l’attività dell’organo di controllo che deve sincerarsi, per non incorrere in responsabilità concorrenti con l’organo amministrativo, che quest’ultimo abbia convocato tempestivamente l’assemblea, abbia presentato alla stessa la relazione patrimoniale, economica e finanziaria ed abbia indagato adeguatamente il presupposto della continuità aziendale, attraverso la predisposizione di un piano industriale di recupero.
Per altro verso, nei casi previsti dall’articolo 2477 cc, la relazione dovrà essere accompagnata dalle “osservazioni” del collegio sindacale. Si tratta, di base, di una tipica attività non rientrante nei compiti della revisione legale. Ed in effetti dal momento in cui, ad esempio, una Srl abbia nominato sia un organo di controllo (collegiale o monocratico) sia un revisore legale esterno, le osservazioni di cui sopra devono essere poste esclusivamente da parte dell’organo di controllo, senza coinvolgimento del revisore legale: intanto perché la formulazione delle osservazioni non viene disciplinata dal framework di riferimento della revisione legale, per cui qualora si volesse attribuire tale attività alla società di revisione/revisore questi si troverebbero ad operare senza un quadro di riferimento professionale adeguato; in secondo luogo, perché tali osservazioni sono tipiche attività di controllo di legalità e di corretta amministrazione non compatibili con le attività delle funzioni del revisore legale, anche in considerazione che le stesse non hanno come finalità la formulazione di un giudizio di attendibilità dei dati contenuti nella relazione patrimoniale, dovendo riferirsi: alle ragioni che hanno determinato le perdite, correttamente individuate ed illustrate dall’organo amministrativo; all’esame dei criteri di valutazione adottati tenendo in conto i criteri di continuità aziendale; all’evidenza dei fatti di rilievo avvenuti successivamente alla redazione della relazione e della evoluzione della gestione sociale.
Insomma, si tratta di “osservazioni” e non di “relazione” e, comunque, il revisore non vanta, in tali situazioni, gli stessi poteri preventivi e penetranti dell’organo di controllo che può arrivare a convocare l’Assemblea dei soci in caso di inerzia degli amministratori ed a rivolgersi al tribunale nei casi di più gravi inadempienze. Nulla cambia per le SpA, per le quali l’art. 2446, co 1, cc prevede che
“all’assemblea deve essere sottoposta una relazione sulla situazione patrimoniale della società con le osservazioni del collegio sindacale o del comitato di controllo sulla gestione”.
Per altro verso, tuttavia, il soggetto incaricato della revisione non può considerarsi estraneo alla vicenda di perdite che incidano il limite legale del patrimonio netto: in quanto è probabile che gli amministratori potrebbero conferire allo stesso il compito di svolgere la revisione contabile della situazione patrimoniale infrannuale da presentare all’assemblea.
Tale attività, assegnata con incarico specifico ed inserita in quella che è la revisione contabile “limitata” con le procedure richieste dal principio internazionale ISRE 2410, potrebbe supportare infatti con un livello rafforzato di assurance la conformità delle informazioni finanziarie e dei criteri di valutazione delle stesse. In secondo luogo, non può dimenticarsi come il Codice della crisi (
Dl 14/2019) abbia incluso il revisore, al pari dell’organo di controllo, tra i soggetti chiamati a vigilare sugli adeguati assetti e sulle situazioni di crisi aziendali, con conseguenti relative responsabilità in caso di prosecuzione dell’attività con rischio per la continuità aziendale.