Nelle pagine della sezione revisione ci siamo già occupati del concetto di significatività, declinandone le tre configurazioni, che ricordiamo essere la significatività per il bilancio nel suo complesso, la significatività operativa e la significatività specifica.
La significatività, come definita nella pubblicazione a cura del CNDCEC
“Approccio metodologico alla revisione legale affidata al collegio sindacale nelle imprese di minori dimensioni” pubblicato nel 2018, può essere definita come,
“l’area indefinita tra ciò che molto probabilmente non è significativo e ciò che molto probabilmente è significativo, cioè potrebbe anche consistere in un intervallo più o meno ampio di valori”.
Il solo concetto di significatività rispetto al bilancio nel suo complesso non è sufficiente per pianificare adeguatamente il lavoro del revisore, infatti senza un abbassamento della soglia di attenzione rischieremmo di trascurare l’eventualità che l’aggregazione di una serie errori individualmente non significativi (rispetto al bilancio nel suo complesso) conduca ad un errore complessivo che superi tale soglia, rendendo così il bilancio significativamente errato.
Grazie alla fissazione di un livello di
significatività operativa compreso fra il 60% e l’85% della significatività del bilancio nel suo complesso, il revisore utilizzerà tale soglia nella
“valutazione dei rischi di errori significativi e nella determinazione della natura, tempistica ed estensione delle procedure di revisione conseguenti”.
La fissazione di un livello ottimale per la significatività operativa, operazione questa che è frutto di un attento esercizio del giudizio professionale e non certo di un semplice calcolo matematico, dovrebbe produrre come effetto quello di
- assicurare l’intercettazione di errori aventi importo unitario inferiore a quello della significatività complessiva;
- fornire un adeguato margine di sicurezza rispetto al rischio di non individuazione degli errori;
- orientare nella fase di pianificazione del lavoro di revisione la soglia dei singoli saldi di bilancio/singole transazioni che possono non essere esaminati, salvo aggiornamento ex post di tale valore in base alle concrete procedure di revisione poste in essere.
Il concetto di significatività operativa è intimamente legato a quello di
rischio di revisione che a sua volta è strettamente influenzato dalle risultanze delle procedure di valutazione dei rischi, dalla comprensione dell’impresa e del suo contesto operativo, dalla natura ed entità degli errori identificati in precedenza nonché dalle aspettative, sempre in tema di errori attesi, riferite al periodo attualmente oggetto di revisione.
Il livello di significatività operativa può essere calibrato in modo “personalizzato” per aree di bilancio particolarmente critiche, fra tutte possiamo citare, ad esempio, le rimanenze di magazzino, le fatture da emettere/ricevere o i crediti v/s clienti: all’aumentare della criticità della posta di bilancio oggetto dell’attenzione del revisore diminuirà il valore della significatività operativa per tale area, così da incrementare la probabilità di intercettare errori significativi la cui aggregazione rischierebbe di eccedere la soglia definita per il bilancio nel suo complesso.
Al contrario, serie storiche di errori particolarmente limitati, livelli di rischio contenuti rispetto alla probabilità di aggregazione di errori, un grado di attenzione particolarmente elevato del sistema informativo interno e del relativo sistema di controllo condurranno il revisore ad attestarsi su un livello di significatività operativa elevato.
Come suggerito dalla pubblicazione del CNDCEC sopra ricordata, il revisore potrebbe associare ad un rischio di revisione elevato una significatività operativa pari all’60%, ad un livello di rischio medio una significatività pari al 75% e ad un livello di rischio basso una significatività operativa pari all’85% di quella complessiva. Ricordiamo sempre come tali soglie quantitative vanno sempre ponderate con il giudizio professionale del revisore.
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