8 luglio 2020

Redazione bilancio d’esercizio: le previsioni del codice civile e del CCI

Autore: Alfonso Sica
Le aziende italiane, diversamente da quelle presenti nel panorama europeo, sono state sempre riluttanti ad accettare il processo di capitalizzazione. Invero, è stata sempre preferita la formula dell’apporto dei finanziamenti necessari sotto forma di prestito. Non a caso, infatti, ci si trova spesso al cospetto di aziende la cui compagine societaria ha adottato tale scelta anziché procedere a conferimenti destinati ad incrementare il capitale. Tali problematiche hanno costituito un obiettivo non trascurabile della riforma del diritto societario avvenuta ad opera del D.Lgs. 6/2003. Il legislatore del 2003, conscio di dover quantomeno arginare tale problematica, ha posto rimedio introducendo nel c.c. gli articoli 2467 e 2497-quinques, per i finanziamenti nell’attività di direzione e coordinamento. Tali articoli, oltre ad incidere in maniera sostanziale sui tradizionali finanziamenti dei soci, dettano modalità e termini per la loro restituzione. L’articolo 2467 c.c., inoltre, a seguito della pubblicazione del D.Lgs 14/2019 (codice della crisi e dell’insolvenza), è stato parzialmente abrogato ad opera dell’articolo 383 del CCI, nella parte in cui “(…) e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito (…)”.

Le previsioni della norma - La norma cardine, l’articolo 2467 del c.c., prevede che “il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori.
Ai fini del precedente comma s’intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.

Criteri distintivi- Premettendo che non tutti gli apporti di danaro effettuati dai soci nelle casse sociali sono da intendersi finanziamenti, il legislatore, al fine di fornire un criterio idoneo a distinguere tali diverse fattispecie, nell’ultima parte del secondo comma del più volte citato articolo 2467 c.c., ha inserito l’aggettivo “ragionevole”. In pratica, tale aggettivo è il discrimine sotteso ad intendere che al fine di stabilire se trattasi o meno di finanziamento, vada verificato, nella medesima condizione, se un soggetto diverso dal socio sarebbe stato disposto a concedere un finanziamento alla società. Cosa diversa sono, invece, i versamenti infruttiferi dei soci effettuati in circostanze diverse dal quelle contemplate dal predetto articolo.

La postergazione - Si ritiene, a parere di chi scrive, che la postergazione nella restituzione del finanziamento effettuato dai soci, trovi applicazione quando dall’esame del bilancio si riscontra:
  • un eccessivo squilibrio nel rapporto indebitamento/patrimonio netto;
  • che sia ragionevolmente utile procedere ad un conferimento in relazione alla grave crisi finanziaria nella quale versa la società.

Infatti, nelle situazioni summenzionate, il mancato intervento dei soci in un’ottica di patrimonializzazione, e quindi, finanziamento in conto futuro aumento di capitale sociale o, in aumento del capitale sociale, rende più agevole l’accesso della società ad una procedura prevista dal CCI. Appare opportuno precisare che un finanziamento effettuato senza alcuna postergazione possa diventare postergato nel caso in cui vengano ad alterarsi gli equilibri finanziari o le condizioni patrimoniali della società.

La non applicabilità della postergazione - Si reputa che per rendere efficaci le clausole sulla postergazione ai finanziamenti dei soci, vada fatta una analisi circa la natura dell’esborso. Nel caso in cui una società si trovi in una delle condizioni dianzi evidenziate, appare logico ritenere che qualunque forma di finanziamento sia assoggettato alla postergazione. Diversamente, se i soci, in una condizione di perfetto equilibrio finanziario e patrimoniale, dovessero far fronte ad una temporanea crisi di liquidità causata da un mancato sincronismo tra incassi e pagamenti, sicuramente non ci porremmo minimamente la domanda se tali “versamenti” possano essere annoverati tra quelli oggetto di postergazione. Tale diversa connotazione, che rafforza anche il concetto appena espresso, trova una sua precisa collocazione anche a livello contabile. Infatti, a parere di chi scrive, useremo il conto “Soci c/finanziamenti infruttiferi” per evidenziare una somma ricevuta in prestito dal socio, con obbligo di restituzione ed infruttifera di interessi. Useremo, invece, il conto “Soci c/interventi infruttiferi” per evidenziare un intervento del socio a fronte di una temporanea crisi di liquidità; egli riceverà quanto oggetto di intervento in un lasso di tempo molto breve. Il tutto senza trascurare l’ulteriore discrimine, presente nella quasi totalità degli eventi appena descritti, che è rappresentato:
  • dall’entità della somma;
  • dalla modalità dell’intervento.

Il nuovo codice della crisi - L’articolo 383 del CCI abrogando parzialmente l’articolo 2467 del c.c., ha traslato semplicemente tale previsione in una raccolta organica delle norme che regolano la crisi.

La compilazione del bilancio d’esercizio e della nota integrativa - Nell’ ipotesi di redazione del bilancio di esercizio di una micro-impresa, le somme versate dai soci risulteranno:
  • tra i debiti, se sono stati effettuati dei finanziamenti o prestiti;
  • tra le riserve di patrimonio netto, se sono stati effettuati versamenti oggetto di capitalizzazione.

Nell’ipotesi in cui, invece, sia presente la nota integrativa, tale specifica evidenza risulta essere:
  • facoltativa, per le imprese che compilano la nota integrativa abbreviata;
  • obbligatoria, per le imprese che compilano la nota integrativa ordinaria.

Conclusioni - Si ritiene, come già affermato in altre circostanze, che la postergazione trovi spazio solamente nelle ipotesi previste dallo stesso articolo 2467 de c.c. In assenza del ricorrere delle predette condizioni non vi è ragione che possa giustificare la postergazione del credito vantato dal socio. Ragionando diversamente, si giungerebbe all’assurda conseguenza che ogni versamento del socio, nella maggior parte dei casi, non sarà più oggetto di restituzione. Cosa ben lungi dall’essere la volontà del legislatore del 2003 che si è preoccupato di evitare che il perdurare di certi comportamenti da parte dei soci, non sempre conformi, finissero per danneggiare i terzi.

Ultime novità - A seguito dell’emergenza sanitaria da Covid-19, l’articolo 8 del DL 23/2020, convertito nella legge 40/2020, ha introdotto, in deroga alle disposizioni vigenti, una sospensione della regola della postergazione in materia di finanziamenti alle società. Tale provvedimento, valido fino al 31 dicembre 2020, si prefigge lo scopo di porre in risalto la figura del socio nel suo ruolo determinante e, nello stesso tempo, di garantire che eventuali versamenti effettuati nel periodo individuato dalla norma siano “schermati” al momento del rimborso.
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