Premessa – La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, con il parere n. 4 del 13 febbraio 2012, ha chiarito che, qualora il datore di lavoro sia stato colpevolizzato di licenziamento inefficace, ingiustificato o nullo, può beneficiare di una riduzione del risarcimento danni, solo se ricorrono due ipotesi, ossia: se il dipendente illegittimamente licenziato ha ottenuto dei guadagni da un’altra attività lavorativa (aliundeperceptum); e se il dipendente non si sia adoperato per cercare una nuova occupazione, aggravando di conseguenza il danno del datore di lavoro che lo ha licenziato (aliundepercipiendum).
Il quesito –Un datore di lavoro, condannato al pagamento di tutte le retribuzioni dal licenziamento all’effettiva reintegra, chiede se sia possibile ridurre il risarcimento dovuto al dipendente illegittimamente licenziato.
L’art.18 –In tal contesto, importanza primaria assume il tanto chiacchierato art. 18 L. n. 300/1970, il quale stabilisce che, in presenza di un licenziamento illegittimo, il datore di lavoro, oltre alla reintegrazione, è tenuto a corrispondere al dipendente una indennità risarcitoria “commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione”, che “non può essere inferiore a cinque mensilità”. Pertanto, il datore di lavoro deve:
- in ogni caso, corrispondere al lavoratore una penale forfettaria pari a cinque mensilità della retribuzione. In tal caso, la penale è insuscettibile di qualsiasi riduzione;
- corrispondere al lavoratore le retribuzioni dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettivareintegrazione. In quest’ultimo caso, invece, il risarcimento può subire una riduzione solo se ricorrono le seguenti ipotesi:
* se il dipendente illegittimamente licenziato ha ottenuto dei guadagni daun’altra attività lavorativa (aliundeperceptum);
* se il dipendente non si sia adoperato per reperire una nuova occupazione, aggravando di conseguenza ildanno del datore di lavoro che lo ha licenziato (aliundepercipiendum).
Aliundeperceptum–La prima delle due condizioni consiste nella dimostrazione da parte del lavoratore di aver percepito altri redditi da lavoro subordinato o da lavoro autonomo nei periodi di interruzione del rapporto. Inoltre, occorre che il reddito debba essere percepito solamente dal lavoratore e non da altri componenti del suo nucleo familiare, dimostrando altresì il quantum dei redditi acquisiti. La giurisprudenza, tra l’altro, ha affermato che il risarcimento da licenziamento illegittimo non può essere diminuito dalla pensione percepita dal lavoratore.
Aliundepercipiendum–L’altra condizione necessaria riguarda l’onere da parte del lavoratore nell’attivarsi positivamente per ricercare una nuova occupazione, in quanto l’art. 1227 c.c., c. 2 esclude il risarcimento dei danni evitabili con l’ordinaria diligenza. Pertanto, se viene accertato che il lavoratore è rimasto ingiustificatamente inerte nelle more del giudizio, il datore di lavoro può domandare la riduzione dell’indennità risarcitoria. La mancata cooperazione del lavoratore può essere accertata in via presuntiva, tenendo conto:
- della qualificazione professionale del lavoratore;
- del tempo trascorso tra l’illegittimo licenziato e la domanda di reintegrazione;
- dell’andamento del mercato del lavoro, valutando le concrete probabilità di ricollocamento del lavoratore.
Se invece, il lavoratore si è diligentemente iscritto nelle liste di collocamento, grava sul datore di lavoro l’onere di provare ulteriori elementi significativi della mancanza dell’ordinaria diligenza.
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