23 agosto 2012

Autonomi. Nasce la “co.co.co. con partita IVA”

Dal punto di vista fiscale i redditi derivanti dall’instaurazione delle “co.co.co. con partita IVA” sono assimilati a quelli di lavoro autonomo

Autore: Redazione Fiscal Focus
Premessa – I rapporti di collaborazione si fanno in quattro. E già è proprio il caso di dirlo perché a seguito dell’entrata in vigore della riforma del lavoro (18 luglio 2012) si aggiunge un’ulteriore tipologia di rapporto di collaborazione finora sconosciuto alla nostra legislazione: la “co.co.co. con partita IVA”. Mentre continuano ad esistere le altre tre principali tipologie di rapporto, ossia: le “co.co.co.” (cioè le collaborazioni escluse dalla riforma Biagi), le “co.co.pro.” (le collaborazioni a progetto, vale a dire le collaborazioni soggette alle regole previste dalla riforma Biagi) e infine le “mini co.co.co.”, ossia quelle collaborazioni di poca durata che, per questa ragione, sono escluse dalle regole del lavoro a progetto. A causa dell’atipicità del rapporto che verrà ad instaurarsi da qui in avanti, appare doveroso inquadrare l’aspetto contributivo e fiscale che ne deriva.

Co.co.pro. con partita IVA
– Dal punto del rapporto di lavoro altro non è che una normale collaborazione a progetto (come nel passato) con la sola differenza del possesso, da parte del lavoratore, di una posizione IVA (numero di partita Iva). Le differenze nascono invece negli adempimenti contributivi e fiscali a carico di committenti e lavoratori. Vediamoli nel dettaglio.

Il trattamento contributivo
– Innanzitutto va sottolineato che tutte le collaborazioni, comprese le co.co.pro. con partita IVA, sono tenuti al pagamento dei relativi contributi alla Gestione separata dell’INPS. Tuttavia, quel che differisce è la gestione dell’adempimento contributivo a seconda si tratti di collaborazione senza o con partita IVA. Nel primo caso, come è noto, l'onere contributivo è sostenuto per 1/3 dal lavoratore e 2/3 dal committente, dove quest’ultimo si assume l’obbligo materiale di versare i contributi all’INPS. Analogo discorso può essere fatto per le collaborazioni “con partita IVA”, con l’unica eccezione che ai fini del versamento materiale dei contributi all'INPS risponderà esclusivamente il lavoratore. Ne deriva che il lavoratore dovrà addebitare in fattura non il 4% ma i 2/3 del contributo dovuto.

Il trattamento fiscale
– Anche in questo caso bisogna fare un distinguo a seconda se il rapporto di collaborazione è senza o con partita IVA. In via preliminare, però, è utile rammentare che fino all’entrata in vigore della riforma Fornero tutte le collaborazioni (co.co.co. co.co.pro. e mini co.co.co.) dal punto di vista fiscale sono riconducibili ai redditi di lavoro dipendente. Quindi nulla cambia se il rapporto di lavoro è senza partita IVA, in quanto i redditi prodotti sono tassati come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Diverso è il caso invece dei rapporti con partita IVA. In tal caso, infatti, il reddito è di lavoro autonomo e come tale andrà tassato ai fini IRPEF, con l'ulteriore conseguenza di richiedere necessariamente la tenuta di una contabilità.
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