8 giugno 2015

Cessione ramo d’azienda illegittimo. Al lavoratore spetta solo il risarcimento

Niente retribuzione in caso di cessione di un ramo d’azienda nullo. Al lavoratore viene riconosciuto solo un risarcimento danni

Autore: Redazione Fiscal Focus
In caso di cessione di ramo d’azienda illegittimo, con conseguente assenza della prestazione lavorativa, al lavoratore spetta solo il risarcimento danni da mancata ottemperanza all’ordine giudiziale di reintegrazione e non la retribuzione.

Di conseguenza, dichiarata con sentenza passata in giudicato la nullità della cessione di un ramo d'azienda, l'effettiva mancata prosecuzione del lavoro alle dipendenze dell'impresa cedente produce per il lavoratore un danno pari alla mancata percezione della retribuzione, detratto quanto eventualmente percepito a causa del lavoro di fatto reso per la cessionaria, fino al momento della volontaria risoluzione del rapporto di lavoro.

È questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – con la sentenza n. 9803, pubblicata il 13 maggio 2015.

Il fatto
– La vicenda, in particolare, trae origine da un dipendente licenziato da una società condannata al pagamento in favore del ricorrente di una somma pari a euro 35.379,52 a titolo di retribuzione, in quanto la Spa non aveva adempiuto all'ordine di reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro per effetto della pronuncia del medesimo Tribunale che aveva dichiarato l'inefficacia del trasferimento del ramo d'azienda dalla stessa s.p.a.

La società impugna la sentenza e ricorre per Cassazione, sostenendo che il rapporto di lavoro con il ramo d’azienda scorporato non potrebbe considerarsi come di mero fatto stante una formale conciliazione intervenuta fra il lavoratore e tale società, a conferma della piena consapevolezza della regolarità di tale rapporto, mentre solo successivamente è intervenuta la dichiarazione dell'inefficacia della cessione del ramo d'azienda.

Suprema Corte - La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso. Gli Ermellini, in particolare, decidendo la causa nel merito, hanno rigettato il ricorso originario proposto dal lavoratore perché la pretesa pecuniaria avanzata contro la cedente non poteva avere a oggetto la retribuzione, in assenza della prestazione lavorativa, ma solo il risarcimento del danno da mancata ottemperanza all'ordine giudiziale di reintegra.
Infatti ai fini del calcolo dell’importo risarcitorio deve essere detratto il c.d. aliunde perceptum, ossia quanto eventualmente percepito dal lavoratore nel periodo intercorrente tra la cessazione del rapporto e l’effettiva riammissione nel posto di lavoro.
Nel caso concreto, i Giudici hanno escluso la sussistenza del danno, posto che il lavoratore ha percepito la retribuzione della cessionaria in misura equivalente a quella che avrebbe percepito dalla cedente, circostanza questa non negata dallo stesso lavoratore. La volontaria accettazione dell’indennità di mobilità ha poi posto fine a ogni rapporto lavorativo.
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