9 aprile 2025

Dimissioni in presenza del patto di stabilità o della clausola di durata minima

Autore: Federica Santoro
In un'epoca in cui il reperimento di alcune figure professionali rappresenta una missione assai ardua è utile tenere presente il contratto di lavoro può arricchirsi di clausole accessorie come il patto di stabilità o la clausola di durata minima. In entrambi i casi si tratta di una leva strategica…

Clausola di durata minima e patto di stabilità nel lavoro

Queste clausole possono essere previste sia nel contratto di assunzione (e in tal caso si parla propriamente di clausola di durata minima garantita) sia in un momento successivo (ipotesi del patto di stabilità), con l’obiettivo di limitare la libertà del lavoratore di recedere dal rapporto di lavoro per un periodo di tempo determinato a fronte di incentivi come formazione specializzata, benefit o elementi retributivi aggiuntivi. Ciò può essere rivelarsi particolarmente utile in presenza di investimenti formativi considerevoli sostenuti dal datore nei confronti dello specifico lavoratore.

In merito alla legittimità del patto, la giurisprudenza sia di merito (Trib. Milano 16 febbraio 2023 n. 246) sia quella di legittimità (Cass. 14457/2017; Cass. 18122/2016; Cass. 17010/2014; Cass. n. 18547/2009; Cass. 1435/1998) ne hanno confermato la potenziale validità, chiarendo che, fuori dalle ipotesi di giusta causa di recesso, “nessun limite è posto dall’ordinamento all’autonomia privata per quanto attiene alla facoltà di recesso dal rapporto di lavoro subordinato attribuita al lavoratore, di cui egli può liberamente disporre pattuendo una garanzia di durata minima del rapporto, purché”:
  • sia previsto un corrispettivo (non necessariamente economico). La Cassazione, con sentenza 14457 del 9 giugno 2017, definisce l’opportunità di prevedere un corrispettivo diverso da quello in denaro o dalla reciproca obbligazione a non recedere, stabilendo come ulteriori opportunità una maggiorazione della retribuzione o un’obbligazione non monetaria, non simbolica e proporzionata al sacrificio del lavoratore;
  • faccia riferimento ad un arco temporale limitato,
  • a fronte di un risarcimento del danno in caso di violazione, (al di fuori delle ipotesi di recesso per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c.), a favore del datore.

Ipotesi di recesso consentite

Se la finalità è quella di comprimere la possibilità di recesso del lavoratore durante un periodo determinato, vincolandola – a determinate condizioni – alla permanenza in azienda, vediamo ora quali sono le limitate ipotesi di recesso legittimamente consentite per il lavoratore.

La logica della tutela garantita è pressoché simile a quella prevista nel rapporto di lavoro a tempo determinato, dovendo, in ipotesi di recesso anticipato al di fuori dell’ipotesi di giusta causa, il lavoratore inadempiente risarcire la controparte per avere interrotto anticipatamente il rapporto rispetto alla scadenza naturale.

Dunque, coerentemente con lo spirito delle suddette clausole, essendo il contratto di lavoro vincolato ad una determinata durata, i casi di recesso sono limitati alle sole fattispecie di:
  • Giusta causa;
  • Impossibilità sopravvenuta nell’esecuzione della prestazione.
Dunque resta pacifico che in presenza di una giusta causa di recesso, venendo in rilievo la norma inderogabile di cui all’art. 2119 c.c., le suddette clausole accessorie non trovano applicazione.
In analogo modo, il patto risulta inefficace anche nelle ipotesi di impossibilità sopravvenuta della prestazione, come ad esempio nel caso di detenzione del dipendente e di una conseguente impossibilità di rendere la prestazione lavorativa (Cass. n. 6714/2021).

In tutte le altre circostanze, il recesso si configura come illegittimo e comporta il versamento della penale eventualmente prevista dal patto. In alternativa il risarcimento del danno è determinato dal giudice, eventualmente stabilito nei costi sostenuti dal datore di lavoro per la formazione erogata.

Resta fermo che, decorso il termine del patto di stabilità, le parti possono recedere liberamente dal vincolo contrattuale, nel rispetto del periodo di preavviso eventualmente previsto e delle normative vigenti in tema di recesso.
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