Premessa – L’eliminazione del c.d. “causalone”, che giustifica l’apposizione del termine, vale esclusivamente per il primo rapporto di lavoro subordinato in azienda, senza possibilità di proroga. Mentre i contratti di lavoro intermittenti stipulati in vigenza dell'abrogato articolo 37 del D.Lgs. 276/2003 possono continuare ad essere utilizzati, quindi i lavoratori potranno essere chiamati a rendere la prestazione lavorativa, fino alla scadenza se stipulati a termine, ovvero fino al 18 luglio 2013 se a tempo indeterminato. A confermare la disposizioni contenute nella recente Riforma del Lavoro (L. n. 92/2012) è il Direttore Generale per le Attività Ispettive del Ministero del Lavoro, Paolo Pennesi, intervenuto al Videoforum 2013 organizzato dalla stampa specializzata.
Contratto a termine – Per i contratti a termine (o “a tempo determinato”), dove l’intento del Governo è quello di limitarne l’uso mediante un incremento dell’aliquota contributiva pari all’1,4%, a decorrere dal 1° gennaio 2013, destinato al finanziamento dell’ASpI (Assicurazione Sociale per l’Impiego), due sono le novità sostanziali introdotte dalla Riforma Fornero: la possibilità per il datore di lavoro di poter stipulare tale tipologia di lavoro, solo per la prima volta e senza la possibilità di prorogare il contratto, per una durata massima di 12 mesi; l’eliminazione del c.d. “causalone” che giustifica l’apposizione del termine. Con tali disposizioni s’intende dare al datore di lavoro un congruo periodo per provare il lavoratore al fine di valutare se confermare il lavoratore al termine del contratto. Al riguardo, Paolo Pennesi, ha precisato che sono rilevanti tutti i rapporti di lavoro presso lo stesso datore di lavoro di natura subordinata a prescindere dalla tipologia di contratto e dalle mansioni svolte in quanto la norma, a differenza di quanto previsto sul limite dei 36 mesi di occupazione con contratto a tempo determinato, nulla dispone in merito. Mentre non influiscono tutti quei rapporti diversi da quelli di lavoro subordinato.
Contratti intermittenti – Importanti precisazioni si sono avute anche sulla fase transitoria dei contratti di lavoro intermittente già instaurati al 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della Riforma del Lavoro). In tal caso, il datore di lavoro può chiedere le prestazioni lavorative per un anno ancora (fino al 18 luglio 2013 se a tempo indeterminato). La questione, in particolare, riguarda l’art. 37 della Legge Biagi (eliminato dalla Riforma del lavoro), che consentiva la possibilità di poter usufruire del “job on call” anche durante il weekend, per i periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali, riducendo notevolmente la platea dei soggetti che possono ricorrere a tale tipologia di contratto. A tal proposito, il M.L.P.S. (circolare n. 18/2012), aveva chiarito che "i contratti di lavoro intermittente già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, che non siano compatibili con le disposizioni di cui al comma 21, cessano di produrre effetti decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge” e che pertanto "a far data dal 18 luglio 2012 non è possibile sottoscrivere contratti di lavoro intermittente secondo la previgente disciplina”. Tuttavia, alcuni dubbi nascevano nel punto in cui si affermava che "sin da subito, non è poi possibile imputare la chiamata del lavoratore intermittente alle causali di cui all'art. 37 del D.Lgs. n. 276/2003 (i cd. periodi predeterminati), in quanto abrogato”. A chiarire ogni incomprensione ci ha pensato Paolo Pennesi, affermando che anche i contratti per i periodi predeterminati già stipulati in vigenza dell'abrogato articolo 37 del D.Lgs. 276/2003 possono continuare ad essere utilizzati, quindi i lavoratori possono essere chiamati a rendere la prestazione lavorativa, fino alla scadenza se stipulati a termine, ovvero fino al 18 luglio 2013 se a tempo indeterminato.
© Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata