Premessa – Nel computo della base occupazionale su cui calcolare il limite di assunzione del 20% dei contratti a termine, bisogna considerare anche gli apprendisti e i lavoratori intermittenti a tempo indeterminato con diritto all’indennità di disponibilità (secondo i criteri di cui all’art. 39 del D.Lgs. n. 276/2003). Al contrario non devono essere considerati i lavoratori accessori, i contratti di collaborazione anche a progetto, e i lavoratori intermittenti a tempo indeterminato senza indennità di disponibilità. Il chiarimento arriva per mezzo della circolare n. 13/2014 della Fondazione Studi CdL fornendo alcuni indirizzi applicativi in merito al Jobs act (L. n. 34/2014), entrato in vigore lo scorso 20 maggio 2014.
Limite di assunzione – Se da un lato il Jobs act ha liberalizzato il contratto a termine con l’abolizione della causale, per un periodo massimo di 36 mesi, dall’altro è stato introdotta una nuova disciplina che prevede un limite legale percentuale generale – pari al 20% – che di fatto ne impedisce l’utilizzo oltre la soglia considerata “accettabile”. Ora, infatti, l’art. 1 del D.Lgs. n. 368/2001 stabilisce che “[...] il numero complessivo di contratti a tempo determinato stipulati da ciascun datore di lavoro ai sensi del presente articolo non può eccedere il limite del 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1º gennaio dell'anno di assunzione”.
Contingente numerico – Come appena accennato, la percentuale del 20% va calcolata sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. Tale limite numerico va verificato tempo per tempo nel corso dell’anno; questo significa che a ogni avvio di contratto a termine va rispettata la percentuale di rapporto rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato esistenti al 1° gennaio talché durante il corso dell’anno non potranno essere contemporaneamente presenti un numero complessivo di contratti superiore al limite. Il plafond del 20% vale per tutti i datori di lavoro che occupano più di 5 dipendenti, mentre per quelli sino a 5 dipendenti è comunque possibile assumere un lavoratore a tempo determinato. Facciamo un esempio. Un datore di lavoro che al 1° gennaio 2014 occupa 30 lavoratori a tempo indeterminato può assumere, nel corso dell’anno 2014, fino a 6 lavoratori a termine. Se tuttavia lo stesso datore di lavoro ha già in forza 2 lavoratori a termine, le assunzioni ancora a disposizione nel 2014 si riducono a 4.
Lavoratori part-time – Differente è il discorso per i lavoratori a tempo indeterminato. Al riguardo, il legislatore non fornisce un’indicazione se il conteggio debba essere eseguito “per teste” oppure valorizzando tale numero in termini di “full time equivalent”. Nel silenzio della norma (che richiede di verificare “il numero dei lavoratori a tempo indeterminato”), gli esperti della Fondazione Studi richiamano l’art. 6 del D.Lgs. 61/2000 a mente del quale “in tutte le ipotesi in cui, per disposizione di legge o di contratto collettivo, si renda necessario l'accertamento della consistenza dell'organico, i lavoratori a tempo parziale sono computati nel complesso del numero dei lavoratori dipendenti in proporzione all'orario svolto, rapportato al tempo pieno [...]”. Di conseguenza, un datore di lavoro che al 1° gennaio conta un organico di 30 lavoratori a tempo indeterminato - di cui 10 part time al 50% - ha in forza n. 25 lavoratori a tempo indeterminato, pertanto potrà assumere n. 5 lavoratori a termine nel corso dell’anno 2014.
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