7 aprile 2016

Dimissioni online: un pasticcio all’italiana

È necessario un intervento ad hoc per risolvere il caso di quei lavoratori che non si attivano per l’invio del modulo online

Autore: Daniele Bonaddio
Mentre il Ministero del Lavoro promuove in pompa magna la Campagna di comunicazione (denominata "Dimissioni telematiche: rapide, semplici, sicure"), concernente la nuova procedura telematica che incombe sui lavoratori dal 12 marzo 2016 per rendere le dimissioni volontarie o risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, definendolo come “Una svolta per l'Italia, una svolta per il mondo del lavoro”, gli operatori del settore, in realtà, si trovano da quasi un mese ormai in grande difficoltà difronte ad alcune situazioni ancora dubbie e sicuramente poco chiare.

In tal contesto, anche se non risultano tra i soggetti abilitati ai quali il lavoratore può rivolgersi per farsi assistere nella procedura, un ruolo di rilievo è assunto dalla categoria dei Consulenti del Lavoro i quali non molto tempo fa hanno inviato al Ministero del Lavoro un documento di 20 domande, delle quali solo a 5 è stata data risposta.

Ma il caso che ha destato maggiori preoccupazioni, come più volte sottolineato in audizione dai CdL, riguarda quei lavoratori che di punto in bianco abbandonano il posto di lavoro senza procedere alla compilazione e invio del modulo online. Cosa succede in tali casi? Come si ci deve comportare? Si tratta di un problema di non poco conto, in quanto si andrebbe incontro al licenziamento per giusta causa (art. 7 della L. n. 300/1970), il che significherebbe per il datore di lavoro pagamento del ticket NASpI (che può arrivare fino a 1.500 euro per dipendente) e accesso alla nuova indennità di disoccupazione (NASpI) in favore del lavoratore. Una situazione, questa, che per certi versi incentiva il lavoratore a non attivarsi per portare a termine la nuova procedura telematica, comportando un costo non indifferente per lo Stato. Dunque, è più che mai opportuno un documento di prassi ministeriale che faccia chiarezza su tale aspetto, dove le aziende poco possono fare affinché non si inneschi il predetto meccanismo. Quanto affermato, tra l’altro, è stato recentemente confermato con la Faq n. 32 del Ministero del Lavoro, la quale specifica senza mezzi termini che la comunicazione obbligatoria di cessazione è assolutamente inefficace se non sia stata preceduta da una comunicazione del lavoratore resa con le modalità telematiche di cui al DM 15 dicembre 2015.

Non sarebbe, dunque, più opportuno in tal caso rifarsi alla precedente formula? In precedenza, infatti, se si verificavano situazioni del genere il datore di lavoro entro sette giorni poteva inviare una raccomandata al dipendente con l’invito a convalidare le dimissioni presso il Centro per l’impiego e, nel caso in cui il dipendente non si fosse recato presso la struttura, il rapporto si riteneva comunque risolto per dimissioni.

Un’ingiustizia immane ai danni delle aziende e a cascata di tutta la collettività perché il dipendente risulterà ‘licenziato’ e non ‘dimissionario’”, come ha giustamente affermato in un comunicato stampa la deputata Gessica Rostellato.

Dunque, com’è possibile notare, siamo ben lontani dalla tanto promossa “semplificazione” del Ministero del Lavoro; basti pensare che il nuovo meccanismo ha già comportato l’emanazione di un Decreto Ministeriale, una Circolare esplicativa, una Nota direttoriale e ben 31 Faq. Se rendere le dimissioni online fosse così facile come ci fanno credere, non sarebbero stati necessari tutti questi chiarimenti; e chissà quanti altri arriveranno ancora.
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