13 gennaio 2015

False partite IVA. Via libera ai controlli

Dal 1° gennaio 2015 gli ispettori del lavoro possono far valere due degli indici presuntivi per verificare la falsità o meno della P.Iva avviata

Autore: Redazione Fiscal Focus
Premessa – L’inizio del nuovo anno coincide con un’importante misura introdotta ai suoi tempi dall’ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero: ossia la lotta contro l’abuso delle false P.Iva (L. n. 92/2012). Infatti, il 31 dicembre 2014 sono scaduti già due anni solari pieni e consecutivi (2013-2014) utili per consentire agli ispettori del lavoro di procedere alla verifica della genuinità o meno del rapporto lavorativo autonomo intrapreso in regime di monocommittenza. Quindi, i datori di lavoro dovranno prestare la massima attenzione a non cadere nei parametri individuati dalla legge, poiché qualora ciò accadesse quest’ultimo dovrà obbligatoriamente assumere il proprio dipendente mediante un contratto di co.co.co., alla base del quale deve esserci uno specifico progetto affinché possa essere legittimo, salvo prova contraria fornita dal committente.

False partite Iva – Nel 2012, l’ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha introdotto alcune misure volte a regolarizzare tutti quei lavoratori titolari di partite IVA che svolgono la loro attività in regime di mono-committenza. Oggigiorno, infatti, non sono pochi i datori di lavoro che inducono i propri dipendenti ad aprirsi una partita IVA (appunto “falsa”) al sol fine di evitare d’ingabbiarsi in contratti di lavoro che risultano ovviamente più onerosi e scomodi. Per evitare che ciò accada, la suddetta Riforma del Lavoro ha introdotto tre parametri che fanno capire quando scatta la presunzione di falsità, salvo che sia fornita prova contraria da parte del committente:

1. durata della collaborazione: tale periodo (da individuare nell’ambito di ciascun anno civile dal 1° gennaio al 31 dicembre) deve essere almeno pari a 8 mesi annui (ossia 241 giorni, anche non continuativi) nell’arco di due anni consecutivi. Tale presupposto potrà realizzarsi solo a decorrere dai periodi 1° gennaio-31 dicembre degli anni 2013 e 2014. La verifica potrà essere effettuata una volta maturati i due anni indicati dalla normativa in materia;

2. fatturato: deve essere pari all’80% del ricavato nell’arco di due anni solari consecutivi. Si considerano i soli corrispettivi derivanti da prestazioni autonome (con esclusione delle prestazioni di lavoro subordinato, di lavoro accessorio o di altra natura) fatturate (indipendentemente da un effettivo incasso delle somme pattuite) nel biennio solare (2 periodi di 365 giorni non coincidenti necessariamente con il biennio civile) decorrente dal 18 luglio 2012. Anche in tal caso, si potrà procedere alla verifica, decorsi i due anni indicati dalla normativa in materia;

3. postazione fissa di lavoro: tale presupposto si verifica quando, negli archi temporali utili alla realizzazione di una delle altre condizioni indicate, il collaboratore possa usufruire di una postazione ubicata in locali in disponibilità del committente (si dovrà dimostrare di avere una vera e propria scrivania). A differenza dei due presupposti appena illustrati, quest’ultimo potrà essere verificato da subito anche se da solo non potrà mai far scattare alcuna presunzione di legge.

Verifica presunzione –
Per individuare il momento a partire dal quale scatta la verifica di presunzione, prima del 2015 inapplicabile in quanto serviva un arco temporale di almeno due anni, è necessario combinare i tre indici su illustrati. In particolare, per quest’anno, i parametri oggetto di verifica sono la durata della collaborazione e la postazione fissa. Per quanto concerne la durata della collaborazione, la circolare n. 32/2012 del MLPS ha tenuto a precisare che il periodo di due anni deve essere individuato nell’ambito di ciascun anno “civile”, dal 1° gennaio al 31 dicembre. Inoltre, gli otto mesi si computano come un periodo di almeno 241 giorni, anche non continuativi. Con riferimento invece al fatturato, il quale deve essere pari all’80% del ricavato nell’arco di due anni solari consecutivi, il limite del corrispettivo si considera superato anche quando deriva da fatture emesse (anche se non incassate) a più soggetti riconducibili allo stesso centro d’imputazione di interessi.

Le conseguenze – Qualora siano soddisfatti i suddetti presupposti, il datore dovrà obbligatoriamente assumere il proprio dipendente mediante un contratto di co.co.co., alla base del quale deve esserci uno specifico progetto affinché possa essere legittimo, salvo prova contraria fornita dal committente. Diverse sono le conseguenze a secondo se il progetto sia stato legittimamente presentato o meno. Infatti, in caso di validità del progetto si darà vita a un “co.co.co.pro. con partita IVA”. Qualora invece il datore ometta il progetto, il rapporto sarà considerato di tipo subordinato (co.co.co.) a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto (prima fattura). Infine, indipendentemente se vi sia la presenza o meno di un progetto, se l’attività è svolta con modalità analoghe a quella esercitata dai lavoratori dipendenti, la co.co.co. sarà comunque convertita in un rapporto dipendente a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto (prima fattura).

Gli esclusi – Tuttavia, esistono degli escamotage per sfuggire ai tre indici presuntivi introdotti dalla L. n. 92/2012, al verificarsi dei quali la suddetta disciplina non opera, ossia: qualora siano riconosciute capacità teoriche pratiche di grado elevato; quando il titolare della partita IVA possa dimostrare un fatturato annuo non inferiore a 1,25 volte il minimo imponibile previsto per i contributi dovuti dagli artigiani ed esercenti attività commerciali, che per l’anno 2014 è pari a € 19.395 (per quest’anno è ancora da definire); prestazioni lavorative svolte nell'esercizio di attività professionali che prevedono un'iscrizione in apposito registro, albo, elenco o ruolo. In tal caso, le attività escluse sono elencate nel D.M. 20 dicembre 2012.
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