Il nostro legislatore da sempre rivolge particolare attenzione alla tutela dello sviluppo psico-fisico dei minori, garantendo il completamento dell’istruzione obbligatoria e vietando lo svolgimento di attività che ne possano compromettere la salute e la dignità. Già prima dell’entrata in vigore della Costituzione, con la Legge n. 653/34, furono previste disposizioni relative alla tutela delle condizioni di lavoro delle donne e dei fanciulli.
La Costituzione, all’art. 37, ha poi stabilito che la Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e che la legge stabilisce il limite d’età per il lavoro salariato.
Proprio in applicazione di tale principio costituzionale è stato definito l’apparato normativo sulla tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti, man mano adeguato agli indirizzi espressi dall’UE.
Oggi la legge prevede che la durata del
periodo di istruzione obbligatoria è pari ad almeno 10 anni, finalizzati al conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età.
Con riferimento ai minori la legge distingue tra:
- "bambino": minore che non ha ancora compiuto i 15 anni di età o che è ancora soggetto all'obbligo scolastico;
- "adolescente": minore di età compresa tra 16 e i 18 anni di età e che non è più soggetto all'obbligo scolastico.
L’occupazione dei bambini è assolutamente vietata, salvo che in
casi eccezionali, quali le attività di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario etc.
In ogni caso l’impiego del lavoratore minorenne è ammesso solo se questi ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria, e comunque non prima dei 16 anni compiuti.
Fanno eccezione i rapporti di apprendistato di primo livello, per i quali il limite minimo è pari a 15 anni.
Va altresì ricordato che, nell’ambito della lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, è stato fatto obbligo ai datori di lavoro che intendano impiegare una persona per lo svolgimento di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori, di acquisire il
certificato penale del casellario giudiziale, al fine di verificare l’esistenza di condanne ovvero l’irrogazione di sanzioni interdittive che comportino il divieto di contatti diretti e regolari con minori. L’obbligo riguarda le sole attività professionali che abbiano come destinatari diretti i minori, quali, ad esempio, insegnanti di scuole pubbliche e private, conducenti di scuolabus etc. ovvero nell’ambito di attività che implichino un contatto necessario ed esclusivo con una platea di minori.
Le lavorazioni vietate
È in ogni caso vietato adibire gli adolescenti alle lavorazioni potenzialmente
pregiudizievoli per il pieno sviluppo fisico del minore: si tratta delle attività che comportano l’esposizione ad agenti chimici, fisici o biologici oppure di specifici processi di lavorazione.
L’unica
deroga è prevista in caso di indispensabili ragioni legate alla formazione professionale, con preventiva autorizzazione rilasciata dal Ministero del Lavoro, e per il tempo necessario alla formazione stessa svolta in aula o in laboratorio, oppure in ambienti di lavoro di diretta pertinenza del datore di lavoro e sotto la sorveglianza di tutor competenti anche in materia di prevenzione e di protezione dei rischi per la salute umana e nel rispetto di tutte le condizioni di sicurezza e di salute previste dalla legislazione vigente.
La valutazione dell’idoneità alla mansione deve avvenire attraverso
visite mediche preassuntive e periodiche, obbligatorie nel caso di svolgimento di mansioni a rischio.
Il rapporto di lavoro
Lo svolgimento del rapporto di lavoro del minore avviene in applicazione della disciplina normativa vigente con riferimento alla generalità dei lavoratori, salvo deroghe ed eccezioni più favorevoli disposte dalla legge o dalla contrattazione collettiva volte a tutelare o garantire le diverse esigenze dei minori: deve dunque essere assicurata la
parità di trattamento retributivo a parità delle condizioni di lavoro.
Particolari disposizioni vigono in materia di:
-
orario di lavoro, che non può superare le 7 ore giornaliere e le 35 ore settimanali, se si tratta di bambini, e le 8 ore giornaliere e le 40 ore settimanali, se si tratta di adolescenti;
- lavoro notturno, ossia il lavoro svolto nel periodo di almeno 12 ore consecutive comprendente l’intervallo tra le ore 22 e le ore 6 o tra le ore 22 e le ore 7, che è in ogni caso vietato;
-
riposo settimanale, che deve essere assicurato per almeno 2 giorni, possibilmente consecutivi e comprendenti la domenica;
-
ferie annuali, che non possono essere inferiori a 30 giorni per i minori di anni 16, mentre per coloro che hanno superato tale età valgono le norme previste per la generalità dei lavoratori.
L’impiego dei bambini in speciali attività
Fermo restando il divieto generale di adibire al lavoro i bambini, è tuttavia consentito il loro impiego in specifiche attività lavorative
di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo.
In questo caso è necessario che vi sia l’assenso scritto dei titolari della potestà genitoriale e l’autorizzazione dell’Ispettorato Unico del lavoro. Sono escluse dalla preventiva autorizzazione quelle attività che per la loro natura,
per le modalità di svolgimento, per l’estemporaneità e per l’episodicità, non sono in alcun modo assimilabili al concetto di lavoro o di “occupazione”, che presuppone una prefigurazione in termini oggettivi, soggettivi, di programma e temporali dell’intervento del giovane. Ugualmente, l’autorizzazione non è richiesta per quelle
prestazioni non retribuite svolte nell’ambito della didattica svolta da organismi pubblici aventi compiti istituzionali di educazione e formazione.
In particolare, nei casi di utilizzazione di
minori di anni 14 in programmi radiotelevisivi, a tutela della loro dignità, immagine, privacy e salute, è fatto divieto di:
- sottoporli ad azioni o situazioni pericolose per la loro salute psicofisica o eccessivamente gravose o violente ovvero mostrarli, senza motivo, in situazioni pericolose;
- far assumere, anche per gioco o per finzione, sostanze nocive (tabacco, bevande al-coliche o stupefacenti);
- coinvolgerli in argomenti o immagini di contenuto volgare, licenzioso o violento;
- utilizzarli in richieste di denaro o di elargizioni abusando dei naturali sentimenti degli adulti per i bambini.
Forme contrattuali di inquadramento dei minori
Sussistendo il requisito anagrafico di base fissato dalla legge, è possibile instaurare con i minori rapporti di lavoro dipendente a tempo determinato ed indeterminato, nel rispetto della disciplina vigente per la generalità dei lavoratori.
Apprendistato - Il contratto di apprendistato di primo livello, secondo la disciplina riscritta dal Jobs Act, è la tipologia contrattuale specificatamente volta il conseguimento della qualifica triennale o del diploma professionale dei percorsi di istruzione e formazione professionale regionali. L’età degli apprendisti di primo livello va dai 15 ai 25 anni e la durata massima del contratto è di tre anni. La
regolamentazione dell’istituto è rimessa alle Regioni e alle Province autonome. In caso di inadempienza sarà compito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali provvedere con propri decreti. La norma in vigore prevede inoltre che il contratto dei giovani che hanno concluso positivamente il percorso formativo possa essere prolungato di
ulteriori 12 mesi anche al fine di completare il proprio percorso formativo con un titolo IFTS o di diploma professionale statale. Si prevede poi la possibilità di stipulare contratti della durata massima di quattro anni, a partire dal secondo anno di scuola, finalizzati non solo al diploma di istruzione superiore di secondo grado, ma anche all’acquisizione di “ulteriori competenze tecnico-professionali rispetto a quelle già previste dai vigenti regolamenti scolastici, utili anche ai fini del conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore”. Il datore di lavoro che intende stipulare questa forma contrattuale deve sottoscrivere un apposito protocollo con l’istituzione formativa cui il ragazzo appartiene: in essa vengono esplicitati il contenuto e la durata degli obblighi formativi in capo al datore di lavoro: la formazione svolta nei centri professionali regionali non può essere superiore al 60% dell’orario ordinamentale del secondo anno e al 50% per il terzo e quarto anno.
Sotto il profilo economico, dalla retribuzione spettante per contratto all’apprendista va sottratto l’intero monte ore formativo esterno all’azienda, mentre, per quello interno all’impresa, si riconosce un importo pari al 10% della retribuzione dovuta. Per la sottoscrizione del contratto, in caso di apprendista quindicenne “bambino” è necessaria l’assistenza dei titolari della potestà genitoriale.
Lavoro accessorio - È possibile impiegare i giovani in attività di lavoro accessorio, purché abbiano compiuto i 16 anni di età e, se minorenni, debbono possedere autorizzazione alla prestazione di lavoro da parte del genitore o di chi esercita la potestà genitoriale, su un apposto modulo predisposto dal Ministero. Inoltre, in caso di esposizione dei minori ad attività a rischio, in particolare, nei settori dell’industria e dell’artigianato manifatturiero, va presentato il certificato medico di idoneità al lavoro.
Esclusioni dalla disciplina del lavoro minorile
Sono esclusi dal campo di applicazione della normativa in tema di lavoro minorile i lavori occasionali o di breve durata non nocivi, né pregiudizievoli, né pericolosi e che presentino le seguenti caratteristiche:
- devono essere svolte da un soggetto adolescente, vale a dire da un minore di età compresa tra i 16 ed i 18 anni di età, non più soggetto all’obbligo scolastico;
- deve trattarsi di prestazioni di servizi domestici prestati in ambito familiare o di prestazioni effettuate nell’ambito delle imprese a conduzione familiare;
- siano prestazioni eseguite dagli adolescenti a bordo delle navi fatte salve le specifiche disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria, lavoro notturno e riposo settimanale;
- deve trattarsi di “lavori occasionali”, ovvero di prestazioni casuali, sporadiche e saltuarie;
- deve infine trattarsi di “lavori di breve durata”, cioè di prestazioni nelle quali l’elemento temporale non raggiunge il minimo necessario perché l’attività possa ricomprendersi in una delle ipotesi tipiche previste dalla legge.
L’apparato sanzionatorio
L’apparato sanzionatorio vigente prevede che il datore di lavoro che contravvenga:
- ai divieti di adibizione al lavoro dei minori, è punito con l'arresto fino a sei mesi;
- alle disposizioni in materia di età minima per l'ammissione al lavoro, svolgimento da parte degli adolescenti delle lavorazioni indicate nell'allegato I senza la sorveglianza di formatori competenti, comunicazione delle informazioni ai titolari della potestà genitoriale, visita medica, lavoro notturno, orario di lavoro, adibizione dei minori a lavori gravosi e pericolosi per più di 3 ore senza interruzione, riposo settimanale, è punito con l'arresto non superiore a sei mesi o con l'ammenda fino a € 5.164;
- alle disposizioni che riguardano le comunicazioni sull'idoneità del minore al lavoro e i riposi intermedi), è punito con l'applicazione della sanzione amministrativa da € 516 a € 2.582.
- alle norme sull’impiego dei minori nello spettacolo, è punito con la sanzione amministrativa fino a € 2.582. Le sanzioni sono aumentate del 20% in caso d’impiego di lavoratori di minori in età non lavorativa.