Premessa – I datori di lavoro che non intendono assumere personale a tempo determinato, in quanto non sono magari in grado di prevedere la durata effettiva della prestazione di cui hanno bisogno, possono in alternativa optare per una simile - ma non di meno importante - tipologia contrattuale: il contratto di lavoro intermittente. L’istituto è stato recentemente rivisto sia dalla Riforma del Lavoro (L. n. 92/2012) sia dalla circolare n. 20 del M.L.P.S. Quest’ultima, in particolare, ha chiarito che affinché un’attività potrà considerarsi effettivamente “discontinua o intermittente”, è necessario che le prestazioni dovranno essere intervallate da una o più interruzioni, in modo tale che non vi sia un’esatta coincidenza tra la “durata del contratto” e la “durata della prestazione”. Inoltre, non è necessario che si concretizzi effettivamente un presupposto di occasionalità della prestazione da svolgere, in quanto tale tipologia contrattuale, ammesso in qualunque ambito lavorativo, può essere stipulato a tempo determinato o indeterminato.
Riforma Fornero – La Riforma del Lavoro ha cambiato i limiti di età per i soggetti che intendono accedere al contratto di lavoro intermittente (detto anche “a chiamata” o “job on call”), riducendo notevolmente la platea dei soggetti che possono ricorrere a tale tipologia di lavoro. In particolare, esso potrà essere stipulato esclusivamente da lavoratori: sotto i 24 anni (prima erano 25); e sopra i 55 anni (prima erano 45). Al riguardo, il Ministero del Lavoro ha chiarito che tale tipologia contrattuale potrà essere resa solo fino a che il lavoratore non abbia compiuto il 25° anno di età. Al superamento di tale limite il contratto si trasformerà in subordinato a tempo pieno e indeterminato.
I divieti – Esistono dei casi in cui i lavoratori a chiamata non potranno essere occupati, ossia: in sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi, sospensione dei rapporti o riduzione dell’orario; aziende prive di documenti di valutazione dei rischi o non aggiornati.
La comunicazione - Altra novità consiste nell’obbligo da parte del datore di lavoro, per prestazioni non superiori a 30 giorni, di comunicare alla D.T.L. competente per territorio la durata del contratto, avvalendosi di modalità semplificate (fax, e-mail, sms o Pec). Mentre dall’1 ottobre 2012 sarà possibile utilizzare direttamente il modulo online reso disponibile sul portale cliclavoro (www.cliclavoro.gov.it). A tal proposito, il M.L.P.S. ha precisato che i 30 giorni entro i quali il datore di lavoro deve comunicare alla D.T.L. competente per territorio la durata del contratto intermittente riguardano l’attività effettiva che viene svolta e non il periodo complessivo. Ne consegue che, qualora uno o più lavoratori siano chiamati a svolgere prestazioni di durata superiore a 30 giorni (continuativi o frazionati), occorrerà inoltrare più di una comunicazione.
Regime transitorio – Infine, si rammenta che dal 18 luglio scorso non è più possibile stipulare contratti di lavoro intermittente secondo la previgente normativa, mentre quelli antecedenti, se incompatibili, cesseranno di avere effetto trascorsi 12 mesi. Le prestazioni rese in violazione di tale disposizione saranno da considerarsi “lavoro nero”.
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