12 maggio 2014

Jobs act. Ecco cosa è cambiato

Il D.L. lavoro alla luce delle modifiche apportate in Senato

Autore: Redazione Fiscal Focus
Premessa – È un Jobs act profondamente modificato rispetto alla versione originaria, quello che è stato approvato la settimana scorsa in Senato. In attesa dell’imminente conversione in legge (termine posto al 19 maggio 2014), appare opportuno rivedere le modifiche apportate al testo, che vanno verso una direzione di maggiore flessibilità del mercato del lavoro.

Contratti a termine – Partiamo immediatamente con il contratto a termine. Per quest’ultimo istituto è stata concessa la possibilità di omettere la causale (ossia l’indicazione delle ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive che rendono legittima l'apposizione di un termine al rapporto di lavoro), indipendentemente dal fatto che si tratti di primo contratto, entro un periodo massimo di 36 mesi. In precedenza il termine era di 12 mesi e valeva solo per il primo contratto. Sul fronte delle proroghe, ossia la possibilità di allungare il termine finale già fissato al contratto di lavoro a tempo determinato, passa a 5. Al riguardo, si rammenta che il testo originario del Jobs act aveva previsto ben otto proroghe; termine poi abbassato in Camera. Importanti modifiche si sono registrate anche sul fronte del limite massimo di assunzione di contratti a termine sul totale degli impiegati, pari al 20%. Da notare che il testo iniziale prevedeva che tale limite fosse calcolato in riferimento alla generica nozione di “organico complessivo”. Una modifica della Camera ha invece parametrato il tetto del 20% al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione. Per quanto concerne le realtà imprenditoriali più piccole, il Ministero del Lavoro conferma per le imprese che occupano fino a 5 dipendenti la possibilità di poter comunque stipulare un contratto a termine. In realtà, ciò conferma che le assunzioni a termine vengono vincolate numericamente; infatti:

• le aziende con organico fino a 5 dipendenti potranno avere un solo rapporto a termine;
• quelli da 6 a 12 dipendenti due dipendenti a termine;
• mentre quelli con organico maggiore il 20%.

Sono esonerati dal tetto legale del 20%, i contratti di lavoro stipulati dagli enti di ricerca (pubblici e privati) con ricercatori e personale tecnico (chi svolge cioè assistenza tecnica all'attività di ricerca o di coordinamento e direzione della stessa). Le imprese che non rispettano il nuovo tetto di assunzione saranno puniti con una sanzione pecuniaria, e non più con la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, come previsto dopo le modifiche apportate dalla Camera. La multa è del 20% della retribuzione complessiva per il primo superamento nella singola unità produttiva, che aumenta al 50% della retribuzione complessiva per i casi successivi. I maggiori introiti derivanti da queste multe sono versati ad apposito capitolo dell'entrata di bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo sociale per occupazione e formazione previsto dalla L. n. 2/2009. Coloro che superano il tetto del 20%, inoltre, devono mettersi in regola entro la fine dell'anno. A meno che i contratti collettivi non prevedano tetti più favorevoli. In caso contrario il datore, dal primo gennaio, non può stipulare nuovi contratti a tempo determinato fino a quando non rientri nel tetto del 20%.

Apprendistato – Sul fronte apprendistato si reintroduce la percentuale di stabilizzazione in servizio degli apprendisti previsto dalla Riforma Fornero (L. n. 92/2012). Tale norma, in particolare, imponeva all’impresa la regolarizzazione di una percentuale di apprendisti (50%) per potersene dotare di nuovi (percentuale scesa al 30% fino al 2015). La versione originaria del D.L. n. 34/2014 aveva eliminato tale vincolo; ora però è stata reinserita tale percentuale, ma con un calo della soglia fino al 20% e prevedendo che tale vincolo sia valido esclusivamente per le realtà con più di 50 unità (non di 30 unità come previsto in precedenza). Confermato, poi, l'obbligo del piano formativo scritto nel contratto di apprendistato, anche se in forma semplificata. Con una modifica all'articolo 2 del Dl Poletti, il Senato – nella stessa formulazione che era uscita dalla Camera – ha previsto che, oltre alla forma scritta del contratto e del patto di prova, l'accordo debba contenere, in forma sintetica, il piano formativo individuale. Piano che, sempre nell'ottica della semplificazione, può essere definito anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali. Nella versione originaria del decreto legge il piano formativo non doveva essere più scritto. Altra novità introdotta riguarda la formazione di base nell'apprendistato professionalizzante. Si prevede, in particolare, che la formazione pubblica potrà essere svolta, in via sussidiaria, anche dalle imprese e dalle loro associazioni. Ma solo se disponibili. E secondo le linee guida adottate dalle regioni a febbraio scorso. La regione, inoltre, è obbligata entro 45 giorni dalla comunicazione dell'instaurazione del rapporto di apprendistato a comunicare all'impresa le modalità di svolgimento dell'offerta formativa, anche con riferimento alle sedi e al calendario delle attività previste.

Contratti di solidarietà – Nei contratti di solidarietà i datori di lavoro potranno recuperare il 35% dei contributi previdenziali e assistenziali. Si modifica, quindi, l'art. 6, c. 4 del D.L. 510/1996 in base al quale la riduzione dei contributi previdenziali e assistenziali a carico dei datori di lavoro varia da un minimo del 25% (a fronte di un taglio dell'orario di almeno il 20%) a un massimo del 40% (orario ridotto oltre il 30% in determinate aree).

Durc –
Infine, per il Durc la novità più importante riguarda la dematerializzazione. In pratica, si potrà visualizzare in tempo reale la posizione dei contribuenti nei riguardi di Inps, Inail e Cassa edile.
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