Le modalità di impiego dei lavoratori intermittenti sono disciplinate dai contratti collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale; in mancanza si fa riferimento a un decreto non regolamentare del Ministero del Lavoro.
Sono queste le novità principali contenute nel Decreto Legislativo che disciplina il riordino dei contratti di lavoro, approvato in via definitiva l’11 giugno scorso.
Lavoro intermittente – Il contratto di lavoro intermittente (detto anche “job on call” o “lavoro a chiamata”) è un contratto subordinato a tempo determinato, mediante il quale il lavoratore si mette a disposizione per svolgere prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, ovvero per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.
Esso può essere concluso con soggetti di età superiore a 55 anni e con meno di 24 anni di età, fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età.
In ogni caso, con l'eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari. In caso di superamento del predetto periodo, il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
Le esclusioni – Il lavoro intermittente non può essere utilizzato:
• per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
• presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario, in regime di cassa integrazione guadagni, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
• da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.
La forma – Quanto alla forma del contratto, essa deve essere scritta ai fini della prova dei seguenti elementi:
• durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto;
• luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
• trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità, ove prevista;
• forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della prestazione;
• tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;
• misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
Le comunicazioni – Per i datori di lavoro che fanno ricorso a un contratto di lavoro intermittente per prestazioni di durata non superiori a 30gg, scatta un duplice obbligo di comunicazione/informativa: innanzitutto, il datore è tenuto a comunicare la durata alla DTL attraverso modalità telematiche; mentre a cadenza almeno annuale, il datore è tenuto a informare le Rsa/rsu sull’andamento del ricorso al lavoro intermittente.
In caso di violazione dei suddetti obblighi scatta una sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione.
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