30 marzo 2016

Lavoro intermittente: vale il R.D. n. 2657/23 per le attività discontinue

Autore: REDAZIONE FISCAL FOCUS
In attesa che il Legislatore individui mediante Decreto Legislativo (art. 55, co. 3 del D.Lgs. n. 81/2015) le attività di lavoro inquadrabili mediante contratto di lavoro intermittente, è ancora possibile riferirsi a quanto declinato dalla tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923, recante l’elenco delle attività a carattere discontinuo.

Ad oggi, quindi, un contratto di lavoro intermittente può essere stipulato: se previsto dalle ipotesi c.d. “soggettivi”, se disciplinato dal contratto collettivo e per le attività rientranti nella predetta tabella.

A chiarirlo è il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con l’Interpello n. 10/2016.

Il quesito - La Federalberghi ha avanzato istanza di interpello al fine di avere maggiori delucidazioni in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 13, co. 1 del D.Lgs. n. 81/2015, concernente la disciplina del contratto di lavoro intermittente.

Sul punto è stato chiesto di sapere se, ai sensi di quanto disposto dal Legislatore del 2015 all’art. 55, co. 3 del predetto Decreto Legislativo, in base al quale “sino all'emanazione dei decreti richiamati dalle disposizioni del presente decreto legislativo, trovano applicazione le regolamentazioni vigenti” – sia ancora possibile, in relazione alla possibilità di ricorrere a prestazioni di lavoro intermittenti, riferirsi a quanto declinato dalla tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923, recante l’elenco delle attività a carattere discontinuo.

Lavoro intermittente – In via preliminare, si rammenta che la novellata disciplina concernente il lavoro intermittente stabilisce che un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno.
Dunque, ferme restando le ipotesi c.d. “soggettive” dell’art. 13, co. 1 – secondo il quale il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il 25° anno, e con più di 55 anni – il lavoro intermittente è disciplinato dal contratto collettivo.
In assenza di essa, il Legislatore stabilisce che “i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali”.

Il Decreto in trattazione, emanato in forza della previgente normativa, è il D.M. 23 ottobre 2004, ai sensi del quale “è ammessa la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio Decreto 6 dicembre 1923, n. 2657”.

Risposta MLPS – La risposta al quesito posto è positiva. Infatti, in forza all’art. 55, co. 3 del D.Lgs. n. 81/2015 – ossia in assenza del Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali che dovrebbe disciplinare i casi di utilizzo del lavoro intermittente - è possibile rifarsi alle ipotesi indicate dal R.D. n. 2657 del 1923 al fine di attivare prestazioni di lavoro intermittente. L’interpretazione fornita dal MLPS, tra l’altro, non potrebbe essere diversa visto che risulta assolutamente coerente con quanto già precisato in precedenti interventi (V. Circolare n. 20/2012), nonché diverse risposte ad interpello fornite in ordine alla questione in argomento (Interpello n. 28/2012; n. 7/2014, ecc.)
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