Premessa – La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, in seguito alla risposta del parere n. 26 del 23 novembre 2011, ha espressamente stabilito che sul lavoro nero ora rispondono anche i lavoratori al pagamento delle tasse. Pertanto, sembrerebbe superata la vecchia tesi che affermava la responsabilità esclusiva del datore di lavoro. Infatti, la Corte di Cassazione in più occasioni ha stabilito che anche il lavoratore risulti coobbligato in solido ad assoggettare a tassazione la retribuzione percepita pure in assenza di ritenuta da parte del datore, ovvero nel caso di pagamenti in nero.
Il quesito – In sostanza, alla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro è stato chiesto se, in caso di pagamenti effettuati “in nero” da parte del datore di lavoro, sussiste o meno anche la responsabilità del lavoratore, ipotizzando che la remunerazione si riferisca ad attività di lavoro dipendente.
Concetti preliminari – La Fondazione Studi, prima di entrare nel merito alla risposta del quesito posto, si occupa di inquadrare il concetto di rivalsa. Infatti, l’articolo 24 del DPR n. 600/1973 prevede che “chi in forza di disposizione di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto, deve esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo espresso”. Inoltre, in base all’art. 35 del DPR. n. 602 del 1973, “quando il sostituto viene iscritto a ruolo per imposte, sopratasse e interessi relativi a redditi sui quali non ha effettuato né le ritenute a titolo di imposta né i relativi versamenti, il sostituito è coobbligato in solido”.
La giurisprudenza – Alla luce di quanto affermato, sembrerebbe che il lavoratore resti del tutto estraneo alla tassazione della propria retribuzione essendo compito esclusivo del datore di assoggettare a ritenuta il relativo importo. Tuttavia, aggiunge il parere, la Corte di Cassazione in più occasioni ha stabilito che anche il lavoratore è co-responsabile, dovendo provvedere ad assoggettare a tassazione la retribuzione percepita pure in assenza di ritenuta da parte del datore, ovvero in caso di pagamenti in nero. Al riguardo, la Fondazione Studi cita l’ultima sentenza in ordine di tempo n. 09897/11 del 17/02/2011 della Corte di Cassazione che ha fornito importanti elementi di riferimento. In particolare, è stato stabilito che:
- è del tutto irrilevante se tra datore e lavoratore vi fosse un accordo per non assoggettare a tassazione le somme percepite;
- è del tutto irrilevante che il lavoro prestato fosse l’unico lavoro svolto dall’interessato nel corso dell’anno;
- è del tutto irrilevante che l’interessato in buona fede ritenesse che le somme non dovessero essere indicate in dichiarazione dei redditi.
Pertanto, aderendo alla tesi della Cassazione n. 8504/2009, la Corte ritiene che “in caso di mancato pagamento della ritenuta d’acconto da parte del lavoratore, il soggetto obbligato al pagamento del tributo è anche il lavoratore contribuente”. Secondo la Cassazione, dunque, l’intervento del sostituto (datore di lavoro) lascia inalterata la posizione del sostituto (lavoratore), il quale è specificatamente gravato dell’obbligo di dichiarare i redditi assoggettati a ritenuta. In definitiva, sono da considerarsi superate le conclusioni della precedente giurisprudenza (Cassazione n. 12991/1999; 13664/1999) che ha affermato la responsabilità unicamente del datore di lavoro.
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