23 gennaio 2014

Licenziamento. Entro un anno dal matrimonio è illegittimo

Corte di Cassazione, sentenza n. 27055/2013

Autore: Redazione Fiscal Focus
Premessa – Licenziare la lavoratrice entro un anno dal matrimonio è illegittimo. Infatti, il divieto di licenziamento dei soggetti che si sposano vale per l’intero anno dalla data delle nozze anche nel caso in cui l’azienda dalla quale dipendono entri in fase di riorganizzazione, esternalizzando alcuni servizi, compresi quelli inerenti le mansioni della dipendente che si è appena sposata. La deroga al divieto di licenziare è ammessa solo in caso di cessazione dell’attività dell’azienda. A stabilirlo è la Corte di cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 27055/2013.

La vicenda – La vicenda trae origine da una dipendente, addetta al centralino, a cui veniva comunicato il licenziamento nel primo anno del matrimonio, a causa di ristrutturazione organizzativa e ridimensionamento dell’organico. Infatti, l’azienda aveva appaltato a una ditta esterna e dunque sopprimendo il posto della lavoratrice.

La sentenza –
Gli Ermellini nel ritenere infondata l’azione intrapresa dal datore di lavoro affermano che l’articolo 1 della Legge n. 7 del 1963 dispone, infatti, “del pari nulli sono i licenziamenti attuati a causa del matrimonio”, specificando al comma 3: “si presume che il licenziamento della dipendente nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio […], a un anno dopo la celebrazione, sia stato disposto per causa di matrimonio”. I giudici della Corte Suprema, inoltre, osservano che con il termine “disposto” non lascia adito a dubbi: la presunzione di nullità riguarda ogni recesso che sia stato “deciso” nell’arco temporale indicato per legge, indipendentemente dal momento in cui la decisione di recesso sia stata attuata. Per i giudici, tra l’altro, “una diversa interpretazione porterebbe del resto a soluzioni in contrasto non solo con la formulazione letterale della norma ma anche con la ratio della disciplina finendo con il consentire abusi e l’aggiramento della normativa in parola”. Del resto, spiega la Corte “non sussiste alcune diversità di ratio rispetto alla disciplina di cui alla legge n. 1204/1971 in materia di tutela della lavoratrice madre nel senso dell’irrilevanza del momento di operatività del recesso (e quindi del periodo di preavviso), essendo prevalente la data in cui questo è stato deciso”. Alla luce della suddetta affermazione la Suprema Corte respinge il ricorso dell’azienda affermando che la deroga al divieto di licenziare è ammessa solo in caso di cessazione dell’attività dell’azienda.
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